Delitto Sicilia, Cristini condannato a 16 anni
COSENZA La Corte d’Assise d’appello di Catanzaro (presidente Antonio Giglio, a latere il collega Domenico Commodaro) ha riformato la sentenza di primo grado con la quale il gup di Cosenza aveva cond…

COSENZA La Corte d’Assise d’appello di Catanzaro (presidente Antonio Giglio, a latere il collega Domenico Commodaro) ha riformato la sentenza di primo grado con la quale il gup di Cosenza aveva condannato, all’esito del giudizio abbreviato, Carmine Cristini per l’omicidio di Stanislao Sicilia. L’unica variazione intervenuta si riferisce alla correzione di un errore materiale, riferibile al calcolo aritmetico della pena che, tenuto conto della riduzione di un terzo per la scelta del rito alternativo chiesto dall’imputato, corrisponde ad anni 16 di reclusione e non ai 18 applicati dal primo giudice.
Carmine Cristini, 33enne di Montalto ex pentito di ‘ndrangheta, è accusato di aver ucciso il suo amico Stanislao Sicilia, il 29enne freddato nel dicembre del 2014 nella piazza del centro del Cosentino. In primo grado – nel marzo del 2016 – è stato giudicato con rito abbreviato e ha sin da subito confessato le sue responsabilità. Il pubblico ministero Giuseppe Cozzolino aveva chiesto la pena di 20 anni di reclusione. Cristini aveva ribadito di aver sparato perché era stato aggredito. Sarebbe stata, quindi, legittima difesa.
La Corte d’Assise d’Appello hanno confermato, martedì pomeriggio, la sentenza di primo grado. Soddisfazione è stata espressa dai legali delle parti civili, gli avvocati Armando Veneto e Antonio Vanadia, mentre i difensori dell’imputato, I legali Elena Montesano e Giuseppe Manna, si riservano di proporre ricorso per Cassazione, all’esito del deposito delle motivazioni.
L’AGGUATO DI MONTALTO NEL 2014 Carmine Cristini, subito dopo il delitto, era stato sentito per diverse ore nella sede della questura di Cosenza. Davanti a carabinieri, poliziotti e al pm di turno Giuseppe Cozzolino aveva riferito la sua versione dei fatti sull’agguato di Montalto. Il giovane – secondo quanto aveva riferito agli inquirenti – quella sera doveva uscire con alcuni amici, ma per un cambiamento di programma la serata in un locale era saltata e lui si trovava nella strada che porta al centro abitato di Montalto Uffugo oppure a San Vincenzo la Costa.
A quel punto – è scritto nel decreto di fermo – «ho visto due macchine di colore scuro ferme sul ciglio della strada con delle persone a bordo che non ho riconosciuto perché la zona era completamente buia. Tale presenza mi ha insospettito, pertanto mi sono diretto repentinamente verso Montalto Uffugo. Giunto in località Vaccarizzo, mentre percorrevo la strada in direzione San Benedetto, ho visto una Smart bianca ferma con il motore e le luci accese a bordo della quale, lato guida, mi è sembrato di vedere Stanislao Sicilia ma non ho visto chi erano le altre persone a bordo. Dopo aver superato la Smart, ho notato che tale veicolo ha cominciato a seguirmi per poi, una volta giunto nella vicina piazza, superarmi e porsi di traverso bloccando la mia marcia. Sono stato costretto a fermarmi e, sulla destra, ho visto un’altra autovettura, una Fiat Grande Punto grigia, a bordo della quale vi era una persona che non ho riconosciuto mentre nei pressi del veicolo vi era un soggetto, con il volto coperto, che imbracciava un fucile a canne mozze. A quel punto vicino all’autovettura Smart, mentre il conducente era ancora alla guida, è comparsa una quarta persona – non so se scesa dalla Smart o già sul posto – che ha sparato al mio indirizzo un colpo di arma da fuoco con l’utilizzo di un’arma, che ho riconosciuto essere una pistola a tamburo, senza però riuscire a colpirmi. Immediatamente sono sceso dall’autovettura e ho iniziato a sparare diversi colpi di arma da fuoco verso la Smart. La persona che imbracciava il fucile è allora rientrata nella Fiat Grande Punto ed è fuggita in direzione San Benedetto unitamente al conducente, mentre la persona che aveva esploso un colpo di arma da fuoco al mio indirizzo si è dileguata verso la chiesa assieme al conducente della Smart, che nel frattempo era sceso dal veicolo. A quel punto – prosegue il suo racconto agli inquirenti – ho rimesso in moto l’autovettura e, in stato confusionale e molto impaurito, mi sono diretto verso l’autostrada imboccandola a Montalto Uffugo in direzione Rende. Da quest’ultima uscita, tramite le strade interne, mi sono recato in località Bucita di San Fili nei pressi dell’abitazione di mia zia. Ho consegnato le chiavi della mia autovettura al marito. In quel momento mi è pervenuto un sms da parte di mia madre che mi invitava a telefonare alla squadra mobile di Cosenza. Ho spiegato il luogo in cui mi trovavo, dove poi sono stato raggiunto dopo pochi minuti. Alla vista di due poliziotti ho consegnato l’arma che avevo utilizzato per sparare durante la mia aggressione». Secondo l’accusa, Cristini ha esploso tutti i colpi che aveva nella pistola.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it