Coniglio Mannaro dovrà cercare un'altra tana
Per Coniglio Mannaro, alias Ernesto Magorno, Matteo Renzi non è solo il leader, è molto ma molto di più: è il più potente degli afrodisiaci, la più performante delle droghe ma, soprattutto un imbatti…

Per Coniglio Mannaro, alias Ernesto Magorno, Matteo Renzi non è solo il leader, è molto ma molto di più: è il più potente degli afrodisiaci, la più performante delle droghe ma, soprattutto un imbattibile allucinogeno.
Due passi con Matteo e il cielo è sempre più blu; Diamante diventa Saint Tropez; la sua segreteria regionale sbaraglia il campo; Giuseppe Falcomatà e Angela Marcianò cantano “Siamo la coppia più bella del mondo”; Mario Oliverio sfoggia una folta chioma con boccoli biondi e si conferma il più fedele degli alleati; il Tirreno e lo Jonio vincono il premio “un mare da bere”; Sebi Romeo e Nino De Gaetano assumono l’interim delle poche deleghe non in mano al governatore e il ruolo di commissari d’accesso presso il consiglio regionale; Nicola Adamo può abbandonare la pompa di benzina e sistemarsi in una delle poche stanze ancora libere al decimo piano della Cittadella; la Commissione antimafia (della quale lo stesso Magorno fa parte ma solo coma uditore e limitatamente al territorio di Isola Capo Rizzuto) cambia nome: perché quell’anacronistico “anti”? meglio “intorno”, ecco: “Commissione parlamentare intorno alla mafia”; le sconfitte elettorali di Vibo, Lamezia, Catanzaro, Cosenza, Crotone e via dicendo vengono annullate per decreto; stessa sorte per ogni atto giudiziario che riguardi un amministratore di qualsivoglia livello militante nel Pd. E sempre per decreto cosi come è stata dichiarata ultimata la A3, pardon la A2, viene dichiarata sconfitta la ‘ndrangheta. Nicola Gratteri e Federico Cafiero de Raho si iscrivono alle liste di “Calabria Lavoro”, due precari in più da stabilizzare che vuoi che sia.
Bello, catartico, rinvigorente quel chilometro percorso in riva al mare tra la casa di Mammà e il palco. Se per D’Annunzio la via Marina di Reggio era il chilometro più bello d’Italia, per il nostro Coniglio Mannaro quello di Diamante è il più esaltante. Da consacrare con una targa che sia di memoria ai posteri: «Qui, il giorno 28 del mese di agosto dell’anno 2017, tra due ali di folla osannanti, inseguiti da un Oliverio arrancante e scortati da un Romeo gaudente, con sprezzo del peri(di)colo e passo atletico, avanzavano Matteo Renzi ed Ernesto Magorno per raggiungere il palco dal quale nuove vittorie, nuove mete, nuovi ambiziosi traguardi indicavano alle genti calabresi».
Un’antica nonnina ogni volta che incrociava un bambino si segnava e pregava: «Figghiu l’animella tua e mu moria mo’» (Vorrevi avere la tua anima incontaminata e morire subito).
Come tutti gli allucinogeni e come tutte le sbornie anche gli effetti da Renzismo paesano svaniscono all’alba.
Sarà dura realtà fronteggiare l’asse Oliverio-Falcomatà spiegato in chiave anti Renzi dal “tessitore” Seby Romeo, sulle colonne di Gazzetta del Sud. Difficilissimo prendere atto che la Commissione resta antimafia (e non intorno alla mafia) e che la Bindi non può non convocare la Marcianò e aprire il “Caso Reggio”. Ci sarà poi da constatare che Oliverio non ha una folta chioma e che i suoi boccoli biondi esistono solo nella fantasia di Magorno, proprio come la nomina del nostro a commissario per la sanità: la Campania non è la Calabria, De Luca non è Oliverio ma, soprattutto Gentiloni non è Renzi. Il Tirreno e lo Jonio non sono da bere, e infatti Magorno e compagni si guardano bene dal farlo. Le sconfitte elettorali restano tali e aprono scenari da fine impero con il Pd che nel capoluogo raccoglie il 5% dei consensi. Gli indagati restano indagati. Seby Romeo e Nino De Gaetano dovranno continuare a cambiare bar ogni volta che vogliono parlare di lavoro. E, madre di tutte le iatture, Nicola Gratteri e Federico Cafiero de Raho restano al loro posto, anzi sono tra i pochi in Calabria ad avere un lavoro assicurato e se andranno dalle parti di “Calabria Lavoro” sarà per sequestrare qualche elenco e non certo per iscriversi.
Insomma, ripartendo alla ricerca di altre “marzulliane” domande al suo libro degli errori, Renzi ci lascia Coniglio Mannaro, alias Ernesto Magorno, alle prese con un dramma esistenziale: dovrà cercare un’altra tana. Quelle usate fin qui le ha bruciate tutte e si ritrova in terreno scoperto.
Le imposture, infatti, sono effimere, proprio come le sbornie da “promenade chez Matteo”.