I sassolini di Magorno. Che chiede il conto a Oliverio
«Confermo: in Calabria si va al congresso», sul punto è irremovibile Ernesto Magorno. Anche dopo la decisione della segreteria nazionale del Pd che vuole il congelamento delle dimissioni di tutti i s…


«Confermo: in Calabria si va al congresso», sul punto è irremovibile Ernesto Magorno. Anche dopo la decisione della segreteria nazionale del Pd che vuole il congelamento delle dimissioni di tutti i segretari regionali. «Non intendo essere puntiglioso – spiega il dimissionario segretario regionale calabrese – ho ribadito anche a Roma che ci sono emergenze politiche in Calabria che vanno affrontate subito. Tra queste una su tutte: il rapporto con la Giunta regionale che deve – lo ribadisco e non demordo – assicurare un radicale cambiamento».
Insomma serve un segretario regionale con un mandato pieno e non in scadenza. Gli incoscienti non mancano, c’è chi in queste ore sogna ancora giochi di potere e lavora a intrighi di corte. Vaneggia delle liste che verranno e delle poltrone ancora non coperte. Altri, invece, ritengono che sia il caso di recuperare un serio rapporto con la gente e per farlo serve un segretario che stia con le spalle rivolte al palazzo e lo sguardo alle comunità che lo circondano.
Da qui la conferma: si va in assemblea per gli ultimi adempimenti statutari e poi si procederà ad eleggere un nuovo segretario regionale. Entro maggio, massimo giugno. In molti ci sono rimasti male, magari speravano che Magorno tornasse sui suoi passi, specialmente dopo che la segreteria nazionale decideva per il congelamento delle dimissioni dei segretari regionali. Evidentemente, però, alla riacquistata libertà di azione, Magorno si è affezionato, da qui l’inatteso rifiuto di una proroga. Così può continuare il suo tour calabrese seminando la strada dei tanti sassolini che in questi mesi erano finiti nelle sue scarpe. «Mi assumo per intero la responsabilità politica della disfatta», va ripetendo, per poi aggiungere: «Ma gli altri non hanno nulla da farsi perdonare?». E per evitare equivoci stringe il cerchio: «Chi ha scelto, gestito, governato, deciso, disposto può continuare a sottrarsi alle sue responsabilità politiche?».
Non nomina mai Mario Oliverio, non è necessario visto che non vi è chi non identifichi nel governatore il destinatario della (per nulla) velata chiamata in correità. Resta aperto, però, il problema del grave, imperdonabile, ritardo con il quale si arriva a chiedere conto al governatore di un operato accentratore, inconcludente e assolutamente avulso da ogni confronto con il partito. E qui emergono, nella loro pienezza, responsabilità che vanno ben oltre quelle del segretario regionale. Il primo riferimento è al gruppo consiliare alla Regione. Tranne qualche timida eccezione, tutti lì appecoronati, incapaci di esprimere una linea politica, protesi solo al disbrigo di piccole incombenze di bottega. Magorno sul punto è sibillino: «Non ho mai chiesto un incarico, un’assunzione, il disbrigo di una pratica. Ho inghiottito più di un rospo ma non per tornaconto personale, bensì per tentare di tenere unito il partito. Parimenti chi doveva essere informato è stato da me costantemente informato e quindi in grado, se lo riteneva, di intervenire».
Elegante ma diretto il riferimento a Roma. Nessun nome, per carità, ma dalle parti del Viminale a qualcuno in questi giorni fischiano le orecchie. Altrettanto diretto il riferimento ai molti big locali che attaccavano Oliverio, ma solo nella misura necessaria e per il tempo necessario a sistemare qualche praticuccia o strappare qualche incarico.
Un viziaccio che non pare sia venuto meno neanche in questi giorni del dopo tsunami elettorale. Basta fare riferimento alle critiche appena accennate, che compaiono e scompaiono nello spazio di un comunicato. Mirabile esempio il consigliere regionale Giuseppe Aieta e l’aspirante assessore Brunello Censore. Il primo ruggisce dall’alto della messe di voti presi nella città di cui è stato sindaco. Gli consentono di salire sul terzo gradino del podio (5stelle primi con 2091 voti; centrodestra secondo con 1472; Pd terzo con 441voti). Peccato che i concorrenti fossero solo tre…
Censore, invece, strappa un ottimo risultato che gli consegna la più alta percentuale tra i candidati del Pd. Merito anche degli ottimi rapporti che lo legano a Beatrice Lorenzin. Anche il ministro della Salute, infatti, strappa a Vibo il miglior risultato in Calabria: 2867 voti pari al 2,45%. Risultato eccellente se si pensa che in tutta la regione di voti ne ha raccolti 7.600 e la percentuale media non va oltre lo 0,6%. Ovviamente tutto questo grazie al voto personalizzato e a scapito del Pd. Tant’è che viene da chiedersi se Censore in giunta dovrebbe essere chiamato in quota Partito democratico oppure per la lista Civica popolare Lorenzin?
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