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IN PRIMO PIANO | Il ribelle calabrese che sfidò la dittatura brasiliana

LAMEZIA TERME Quella di “Joca” è la storia di un eroe dimenticato, un ribelle di origini calabresi la cui esistenza rischiava di perdersi tra gli anfratti della storia se, quasi per un caso fortuito…

Pubblicato il: 13/03/2018 – 16:35
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IN PRIMO PIANO | Il ribelle calabrese che sfidò la dittatura brasiliana
Alfredo Sprovieri

LAMEZIA TERME Quella di “Joca” è la storia di un eroe dimenticato, un ribelle di origini calabresi la cui esistenza rischiava di perdersi tra gli anfratti della storia se, quasi per un caso fortuito, non avesse incrociato il destino di un altro calabrese. Alfredo Sprovieri, giornalista e scrittore (Calabria Ora, Repubblica e Vanity Fair alcuni dei giornali con cui ha lavorato) ha scoperto dieci anni fa che tra le vittime della dittatura militare brasiliana c’era anche un calabrese, Libero Giancarlo Castiglia, e da allora ha indagato senza sosta per ricostruire la sua storia, che oggi racconta in un libro pubblicato da Mimemis edizioni a febbraio 2018.
“Joca, il ‘Che’ dimenticato – La vera storia del ribelle italiano che sfidò il regime dei Gorillas”, con introduzione di Goffredo Fofi, è il frutto di una lunga inchiesta giornalistica sulla storia di Castiglia, emigrato negli anni 50 con la sua famiglia da San Lucido, sul Tirreno cosentino, e arrivato in Brasile a 11 anni. Operaio metalmeccanico, a 17 anni Castiglia fa il tornitore in fabbrica ma ha due passioni che gli cambiano la vita: la politica e il giornalismo. Si avvicina al Partito comunista brasiliano e comincia a collaborare con il giornale “A Classe Operaria”. Poi nel ’64 il Brasile è sconvolto da un colpo di Stato e prende il comando la giunta militare. I comunisti diventano clandestini e Castiglia, dopo un periodo di addestramento in Cina, diventa un guerrigliero. Soprannominato Joca, Castiglia potrebbe tornarsene in Italia, invece decide di lottare: se ne va in Amazzonia e diventa il comandante di un distaccamento della guerriglia. Si tratta di una settantina di ribelli che per anni sono protagonisti di battaglie epiche contro migliaia di soldati. Poi vengono sconfitti, fra il ’73 e il ’74, e dopo un feroce rastrellamento Joca scompare nel nulla.
Nei primi anni del nuovo millennio in una fossa comune vicino al grande fiume Araguaia viene ritrovato uno scheletro con le mani mozzate: il governo brasiliano ritiene possano essere i resti di Castiglia e organizza una spedizione in Calabria alla ricerca del suo dna. Nel 2007 un ministro del governo brasiliano si spinge fino a San Lucido per prelevare qualche goccia di sangue di Elena Gibertini, la madre del guerrigliero, ma la speranza riaccesa da quella visita rimane solo tale. I resti di Joca, il “Che” calabrese dimenticato, non hanno ancora trovato una degna sepoltura. La sua storia però è finita in un libro – documentatissimo e ben scritto – di cui l’autore ha parlato nella puntata di In Primo Piano in onda stasera alle 20 su L’altroCorriere Tv (canale 211 del digitale terrestre e diretta streaming su laltrocorriere.it).

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