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‘Ndrangheta e massoneria, Di Bernardo querela Bisi: «Vuole zittirmi»

L’ex Gran Maestro che denunciò le infiltrazioni dei clan nelle logge traduce come una «intimidazione» le esternazioni del capo del Goi. «Hanno paura che le mie dichiarazioni possano contribuire all…

Pubblicato il: 06/04/2018 – 10:05
‘Ndrangheta e massoneria, Di Bernardo querela Bisi: «Vuole zittirmi»

REGGIO CALABRIA Nel mondo misterioso della massoneria, gesti e parole hanno significati che vanno ben oltre quello epidermico e letterale. E anche una frase si può trasformare in una dichiarazione di guerra o un’intimidazione. Così – denuncia l’ex Gran Maestro del Goi Giuliano Di Bernardo – devono essere interpretate le dichiarazioni, rilasciate ad ogni microfono disponibile dal suo successore al vertice dell’obbedienza, Stefano Bisi, dopo la pubblicazione della pesantissima relazione della commissione parlamentare antimafia sui rapporti pericolosi tra logge e mafie.

Stefano Bisi

LA CROCIATA DI BISI Dichiarazioni al vetriolo, pubbliche lamentazioni, parole forti, appelli alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nei mesi di crociata contro la commissione parlamentare antimafia, Bisi, Gran Maestro e vertice del Grande Oriente d’Italia, non ha tralasciato nulla. Neanche le operazioni di restyling a colpi di iniziative benefiche o “giornate a porte aperte”, alternate a velenose campagne stampa veicolate in maniera capillare. Ma adesso di quel fiele Bisi rischia di dover rispondere in tribunale. Contro di lui, Giuliano Di Bernardo – il primo (e unico) Gran Maestro che abbia squarciato il velo sui rapporti pericolosi tra mafie e obbedienze in Italia – ha presentato querela per diffamazione.
COLPEVOLE DI VERITÀ Massimo vertice del Goi ben prima di Bisi, Di Bernardo è andato via sbattendo la porta quando, da capo della più numerosa obbedienza italiana, ha scoperto la – per sua stessa ammissione – incontrollata e incontrollabile presenza di ‘ndranghetisti e mafiosi (anche di rango) affratellati sotto i grembiuli del Goi. L’ex Gran Maestro ha raccontato la sua verità già vent’anni fa ai magistrati, e più di recente ai parlamentari della commissione antimafia della legislatura appena conclusa. E Bisi non ha apprezzato. Per nulla.
STRATEGIA DEL FANGO Nel commentare la devastante relazione della commissione – che contro la massoneria ha puntato il dito, spiegando come il segreto che ne è l’architrave sia la base delle commistioni criminali –  Bisi ha dedicato a Di Bernardo un passaggio al vetriolo. «Il suo ricordo a scoppio ritardato lascia basiti», scriveva l’attuale vertice del Goi in una nota diffusa qualche mese fa, in cui sottolineava: «è anzi molto singolare che la Commissione Antimafia abbia preso per buone le dichiarazioni di un personaggio – fra l’altro a suo tempo “fratello coperto” come da sua esplicita richiesta scritta – che irresponsabilmente per l’istituzione di cui era il massimo rappresentante, non ha mai edotto l’allora Giunta del Grande Oriente d’Italia della gravità delle notizie in suo esclusivo possesso».
Giuliano Di Bernardo

«MI VOGLIONO ZITTIRE» Secondo Di Bernardo si tratta di una bugia clamorosa e di una mezza verità, usata solo per screditarlo oggi che è uno dei principali collaboratori della commissione parlamentare antimafia. Anzi, di più. Per l’ex Gran Maestro, le parole di Bisi – si legge nel testo della querela – «costituiscono palesemente una intimidazione nei miei confronti con chiara finalità dissuasiva e ciò per l’eventualità che, convocato nuovamente dalla prossima commissione parlamentare o da altra autorità giudiziaria, io possa non solo confermare ma anche ampliare e approfondire il quadro già presentato, avente a oggetto il delicatissimo tema dei rapporti fra massoneria e delinquenza organizzata».
BATTAGLIA LEGALE Traduzione, per Di Bernardo quella di Bisi è solo una manovra, mirata non solo a evitare che si tenga seriamente in considerazione la relazione che la commissione presieduta da Rosy Bindi ha lasciato in eredità alla legislatura che deve iniziare, ma soprattutto tesa a disinnescare ulteriori indagini e possibili nuovi approfondimenti. Un piano che Di Bernardo ha deciso di far saltare. E così, mentre le annunciate – pretestuosamente, sottolinea l’ex Gran Maestro – iniziative legali contro di lui sono rimaste sulla carta dei comunicati stampa diffusi dal Goi, lui ha querelato Bisi e chiunque abbia dato spazio alle sue affermazioni. In parte sfacciatamente false – dice Di Bernardo – in parte usate strumentalmente solo per gettare fango.
DELLE DUE L’UNA O il Goi non legge i giornali (che però puntualmente informa delle proprie iniziative) o le affermazioni di Bisi – attacca l’ex Gran Maestro – sono palesemente prive di fondamento. Fin dal ’92 – si legge nel testo della querela – Di Bernardo ha raccontato ai magistrati i rapporti pericolosi fra logge calabresi e siciliane e i clan e come questo lo abbia spinto ad abbandonare il Goi e le sue dichiarazioni hanno avuto nel tempo grande risalto sulla stampa. Eppure – ricorda l’ex Gran Maestro – la sua obbedienza non ha mai commentato nulla al riguardo. «Alle mie accuse – sottolinea Di Bernardo – il Goi preferì non rispondere per non darmi la possibilità di spiegare, soprattutto ai massoni del Goi, le ragioni per cui andavo via». Nulla poi ha detto il Goi 22 anni dopo, quando i magistrati hanno riascoltato l’ex Gran Maestro, chiedendogli se confermasse o meno quelle rivelazioni. Medesima richiesta è arrivata in seguito dalla commissione parlamentare antimafia. «L’intenzione di intraprendere nei miei confronti iniziative giudiziarie è manifestata da Bisi solo il 22 dicembre 2017, quando viene edotto dei contenuti della relazione della Commissione. Perché solo allora e non prima?», si chiede Di Bernardo.
STRATEGIA MIRATA Profondo conoscitore dei linguaggi e delle strategie della massoneria per aver fatto parte dei massimi vertici di diverse obbedienze, Di Bernardo legge in modo molto preciso – e inquietante – l’iniziativa. «La verità è che Bisi sperava che la commissione non ritenesse credibili le mie dichiarazioni. In tal caso, l’inchiesta si sarebbe conclusa con un nulla di fatto», dice l’ex Gran Maestro, secondo cui le pirotecniche dichiarazioni del suo successore rispondono anche ad una necessità interna. «Non può farne a meno – aggiunge – perché dalle logge arriva la richiesta di punirmi. E a Bisi interessano solo le logge perché da esse dipende la sua rielezione».
NESSUNA LOGGIA COPERTA Ma è un altro il passaggio delle dichiarazioni di Bisi che sembra aver infastidito di più Di Bernardo. Si tratta di quello in cui l’attuale Gran Maestro del Goi accusa il suo predecessore di essere stato un massone “coperto”, dunque proprio uno di quelli che la commissione parlamentare antimafia ha inteso stanare. Un’accusa infamante per Di Bernando, formulata stravolgendo un dato solo in parte reale. Negli anni Settanta l’ex Gran Maestro era affratellato alla loggia bolognese dei professori, fra cui – specifica –  c’era anche «Fabio Roversi Monaco, che diventerà rettore dell’università di Bologna». Una loggia – spiega – «definita coperta perché aveva avuto dal Gran Maestro il privilegio di riunirsi in un luogo diverso dal tempio massonico (di solito la casa del venerabile pro-tempore). Allora il concetto di “copertura” aveva un significato diverso da quello che poi avrebbe caratterizzato la P2».
«IO PARLERÒ» Ad affermarlo – ricorda Di Bernardo – c’è anche un’inchiesta per violazione della Legge Anselmi, aperta diversi anni dopo dal procuratore Libero Mancuso del tribunale di Bologna e in seguito archiviata «perché il fatto (la copertura) non sussiste. Questo ha consentito a noi tutti di affermare che lo Stato italiano ha verificato e certificato che la nostra loggia non è coperta» sottolinea l’ex Gran Maestro, che non perde occasione per lanciare una stoccata a Bisi, sottolineando la differente disposizione nei confronti delle indagini della magistratura. Ma soprattutto per affermare con chiarezza che né ora, né in futuro ha intenzione di tacere.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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