PIZZO «Questo è essenzialmente un libro di storia, o meglio: di storie nella storia. Vale la pena leggerlo, per capire da dove veniamo e ricordare che il benessere e la libertà di cui godiamo non ci sono stati concessi gratuitamente, ma sono l’esito dell’impegno tenace di donne e uomini che, per difendere la democrazia e il diritto al lavoro, spesso hanno pagato con la vita. Se non si conosce il passato, non si acquista consapevolezza di ciò che siamo. La conoscenza è indispensabile e, insieme, il dialogo e la capacità di sentirsi non più imprenditori di se stessi, isolati nella realtà virtuale, ma parti di un insieme che, per crescere dignitosamente, ha bisogno dell’apporto di tutti. Questo libro è prezioso, perché ci consente di discutere della nostra identità in un tempo in cui sembra che a progredire siano solo i vuoti di memoria». Antonio Viscomi, intervenendo a Pizzo (nel salone di “Tipica Shop in Shop”) alla presentazione del libro “L’Ape furibonda” (Rubbettino editore, prefazione di Susanna Camusso), dopo l’introduzione del maestro ceramista Antonio Montesanti e dell’esponente della commissione di parità Vincenzina Perciavalle («È un libro che mi è piaciuto subito, specie la copertina con quella donna dai capelli al vento e lo sguardo fermo»), si è detto «sorpreso nell’apprendere che molti studenti universitari calabresi non sanno niente della Festa della Liberazione. Le risorse economiche in Calabria non mancano, ma da sole non bastano per riappropriarci, come comunità, di un protagonismo positivo senza il quale continueremo ad essere un sistema fragile, inerte ed eterodipendente. Sul recupero dell’identità individuale e collettiva c’è da giocare una partita decisiva e, in questo senso, la politica ha evidenti responsabilità. Non si può continuare ad agire sempre in condizioni di emergenza, senza progettualità e strategia. Se la politica non ritrova il respiro necessario per programmare gli interventi e svecchiare l’apparato burocratico dialogando senza riserve mentali con le intelligenze della società civile, la Calabria difficilmente risalirà la china, anzi perderà peso specifico in uno scenario nazionale già di per sé complesso e difficile. L’operazione del libro di Cavaliere, Gemelli e Pitaro è meritoria. Soprattutto perché consente a chi legge il libro di riscoprire, senza alcuna nostalgia passatista, gli spiriti forti di una terra che ha contribuito a costruire la democrazia italiana e la cui lezione civile ed etica è ancora oggi valida, come se Giuditta Levato o la sindaca Rita Pisano, la prima sindaca italiana eletta in Calabria nel ’46, la prima pentita di mafia, la partigiana Giuseppina Russo e la stessa marchesa De Seta – Pignatelli, fossero tuttora con noi».
Ancora Viscomi: «Attraverso il racconto di donne coraggiose e trasgressive, si fanno emergere molte delle questioni sociali del Mezzogiorno pre e post unitario il cui grumo di fondo si riscontra anche ai nostri giorni, a volte acuito e più tragico. L’urbanesimo malato e lo sfrangiamento sociale e culturale delle grandi città del Sud, l’invasività della criminalità, la piaga del Sud che, come ricordava Rosario Villari, coincide con la disoccupazione giovanile e col patrimonio di cervelli costretto alla fuga, dimostrano che non si vogliono aggredire, con la necessaria determinazione, i fattori reali dell’arretratezza meridionale che è fatta anche di povertà tecnologica e infrastrutture lacunose o inesistenti». All’incontro ha preso parte il sindaco di Pizzo e presidente dell’Anci-Calabria Gianluca Callipo, che si è soffermato sulle criticità del sistema degli enti locali: «Questo è un libro che affronta le tematiche dei comuni attraverso il racconto di donne che hanno amministrato con saggezza gli enti locali. Penso a Caterina Tufarelli Palumbo, la prima sindaca di San Soste eletta nel ’46, quando delle undici donne elette ben tre erano calabresi. In una riforma istituzionale del Paese di cui si avverte l’esigenza, bisogna restituire ai comuni la possibilità di poter dare risposte efficaci alle collettività». Per Antonio Borrello, già consigliere regionale: «L’aver dedicato un’aula di Palazzo Campanella a Giuditta Levato nel 2005 è la prova che, sebbene ci sia molta memoria da recuperare, molte cose sono state fatte». Presente il bibliofilo e collezionista di libri antichi Domenico Romano Carratelli, si è discusso del prestigioso codice omonimo: il manoscritto risalente alla fine del XVI secolo composto da 99 acquerelli raffiguranti città fortificate, castelli e apprestamenti difensivi della Calabria Ultra per cui, atteso il suo carattere identitario e la valenza culturare, si attende l’inserimento nel Programma Unesco “Memoria del mondo”. La cantastorie Francesca Prestia ha chiuso la serata cantando la ballata “Bella Giuditta” e, in lingua grecanica, la canzone “Ela ela mu konda” (Vieni, vienimi vicino). Teresa Saeli, delegata del Fai per Vibo Valentia, l’ha invitata a visionare il codice Carratelli durante la presentazione dell’ “Ape furibonda” a Tropea.
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