LAMEZIA TERME È stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, a tre anni di reclusione e 8000 euro di multa l’imprenditore Giuliano Caruso, accusato di usura. Questa la decisione del gup di Lamezia Terme, Valentina Gallo che ha inoltre disposto la confisca di beni per 10 milioni di euro. Il pm Emanuela Costa aveva chiesto una condanna a 4 anni e 8 mesi e una multa di 16mila euro. Il gup ha tenuto conto dello sconto di pena legato al rito abbreviato e ha assolto l’imputato dall’accusa di esercizio abusivo del credito. Il procedimento che vede coinvolto Caruso scaturisce dall’inchiesta “Turpe Lucrum” condotta dalla Guardia di finanza di Lamezia Terme, guidata dal colonnello Fabio Bianco, e coordinata dalla locale Procura, guidata da Salvatore Curcio. Le indagini, seguite dal pm Santo Melidona, portarono alla denuncia, per il reato di usura, di Antonio Arcieri (elemento apicale della ‘ndrina cosiddetta “della montagna”), Ferdinando Greco (nipote del defunto capo cosca Pagliuso di Sambiase) e gli imprenditori Giovanni Stella, Maurizio Costanzo, e Francesco Sirianni, accusati, a vario titolo, di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm perché avrebbero taciuto davanti agli inquirenti su fatti di cui erano a conoscenza riguardanti proprio Giuliano Caruso. Tutti e cinque sono stati rinviati a giudizio. Tra l’altro gli imprenditori Stella e Costanzo si trovano nella doppia veste di persone offese perché vittime dell’usura subìta da Arcieri e Caruso e imputati perché, chiamati a rispondere sui rapporti con li vessava, hanno taciuto i fatti. I guai giudiziari per Giuliano Caruso, tra l’altro, non sono finiti perché su di lui, in concorso col commercialista Gianfranco Muraca, c’è un altro procedimento penale sempre per usura. L’imprenditore è difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Antonio Larussa.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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