No, la Calabria non è la prima regione al Sud per capacità di utilizzazione dei fondi comunitari e non è neppure tra le regioni più virtuose d’Italia quanto a capacità di spesa. A quanti tentano ancora di confondere le acque, parlando addirittura di “miracoli” ad opera dell’attuale giunta regionale, o millantano presunti successi nello stato di avanzamento della spesa comunitaria 2014/20, non possiamo che richiamare quanto affermato nel recente rapporto di Banca d’Italia sull’economia calabrese, pubblicato il 14 giugno scorso, secondo cui «le risorse impegnate in progetti avviati, o in fase di avvio, ammontano al 40,8 % della dotazione totale, un dato inferiore alla media nazionale». Tale percentuale si riferisce all’ultima rilevazione effettuata dalla Commissione Europea ed è aggiornata a dicembre 2017. Di questa cifra – continua la Banca d’Italia – la spesa effettivamente realizzata sui fondi Ue 2014/20 «risulta ancora ridotta» e ferma al 5,8 % della dotazione.
In altre parole, c’è un restante 60% dei fondi comunitari che ad oggi non si è ancora deciso come spendere. Si tratta di cifre che aumentano la distanza della Calabria dal resto d’Italia e la tengono lontanissima dalla media europea. Considerato che il solo Programma Operativo Regionale (POR) della Calabria, cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo Sociale Europeo (FSE), prevede una dotazione complessiva di circa 2,4 miliardi di euro, e che ad oggi risulta un residuo del 33,4% di spesa da certificare entro il 31 dicembre 2018 se si vuole scongiurare il disimpegno automatico delle risorse, questo significa che le spese ancora da certificare ammontano a circa 149 milioni di euro su un totale di 446 milioni. La speranza, è che tutti i pagamenti effettivi (cioè i soldi effettivamente fluiti nell’economia calabrese) possano essere regolarmente certificati. Ma, come si diceva, al momento non vi è alcuna certezza.
Peraltro se la capacità di spendere è un indicatore significativo ai fini della valutazione dell’efficacia delle politiche regionali in materia di fondi comunitari, restano molti dubbi sulla qualità della spesa, ovvero sulla reale capacità di produrre effetti virtuosi in termini di crescita economica, maggiore occupazione stabile, migliori indici di qualità della vita, ecc. Gli impatti, ad oggi, sono inconsistenti.
I dati della Banca d’Italia – a dir poco imbarazzanti per il governo regionale – sono quelli ufficiali forniti dalla Commissione Europea, e pertanto spiace dover tornare per l’ennesima volta sull’argomento, al solo scopo di rettificare le mirabolanti dichiarazioni di qualche consigliere regionale, che ama dipingere scenari fiabeschi che nulla hanno a che fare con la dura realtà delle cose. Se lo facciamo è solo per amore della verità, poiché riteniamo che si stia cercando di carpire la buona fede dei calabresi, ipotecando le loro speranze in un futuro migliore. La verità è che stiamo assistendo negli ultimi 5 anni ad un periodo di crescita fittizia senza occupazione stabile e di qualità; i dati contabili sulla crescita del Pil tendono a mascherare la diminuzione del Pil pro-capite (accertata dall’ultimo rapporto Svimez, di pochi mesi fa), nonostante lo spopolamento in atto della nostra regione. Gli ultimi dati Istat di pochi giorni fa, ci informano infatti che – nel solo 2017 – la Calabria ha perso altri 9.000 abitanti. In questo quadro, l’intera programmazione comunitaria della Regione Calabria non sta portando nessuno dei risultati sperati e tanto strombazzati da chi governa.
Nel frattempo, si continua a consumare in silenzio un vero e proprio crimine ai danni dei calabresi e soprattutto delle categorie sociali più svantaggiate, a causa dell’insipienza di un’amministrazione regionale che non solo non è in grado di programmare e gestire proficuamente la spesa comunitaria, ma che addirittura pretende di autoassolversi, giudicando se stessa degna di potersi sedere al tavolo delle regioni virtuose. La verità è che a soli due anni di distanza dalla scadenza naturale della programmazione comunitaria, la giunta Oliverio non è in grado di presentare risultati degni di nota. Si continuano a presentare pillole indorate, puntando solo ad ingrossare le fila di clientele interessate. Come altrimenti spiegare i ritardi, le continue rettifiche, le incessanti integrazioni, e i differimenti dei termini che colpiscono sistematicamente tutti i bandi finora pubblicati dalla Regione Calabria? Un caso su tutti: il bando sull’offerta turistica a valere sul Fondo Fesr (Azione 3.3.4). Nonostante sia stato pubblicato a settembre 2017, a giugno 218 non è stato ancora aggiudicato. Per una regione che dovrebbe vivere di turismo tutto l’anno si tratta di una vera tragedia. Verrebbe da chiedersi cosa facciano tutto il giorno gli amministratori regionali ed i relativi dirigenti generali. Ma di ciò nessuno gradisce parlare, e ci si attarda invece su narrazioni romantiche di una Calabria dipinta come meta turistica d’eccellenza, che – per la verità – esiste solo nelle fantasie di chi governa.
Paradossale, quindi, appare la situazione politica calabrese, caratterizzata da un Consiglio Regionale improduttivo e contraddistinto dalla sostanziale assenza di opposizione dialettica. Le tradizionali connotazioni partitiche di destra e di sinistra sono sparite e ci si trova di fronte ad un’informe, scolorita ed impreparata classe politica, lontanissima dai paradigmi di una classe dirigente di cui la Calabria avrebbe davvero bisogno. Non è un caso che si registrino di questi tempi prove di inciucio, in parte sperimentate in territorio cosentino con la vicenda della Metro, e in corso di sperimentazione a Catanzaro con maldestri accordi su “grandi opere” di mediocre levatura; prove indirizzate, probabilmente, all’esclusivo obiettivo di mantenere poltrone, ormai traballanti. Il deciso cambio di passo chiesto dalla società civile calabrese al Presidente della Regione non c’è mai stato e, anzi, per molti aspetti si ha l’impressione di essere tornati indietro, sia nei risultati amministrativi che sul piano politico, visto che la giunta regionale è arenata nel goffo tentativo di difendere quel che resta della casta politica e burocratica calabrese, ormai indifendibile.
*docente Università Mediterranea
**economista
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