COSENZA Alla base dell’indagine c’è l’ipotesi che una parte del management dell’Asp di Cosenza, con il supporto di un pezzo del sindacato, abbia “creato” 133 falsi precari procurando loro «l’ingiusto vantaggio patrimoniale, costituito dal diritto ai “benefici di cui all’articolo 2 della legge regionale numero 15/2008” e il corrispondente danno ingiusto, di rilevante gravità, dell’amministrazione, Regione Calabria, che si obbligava alla corresponsione dei predetti benefici in favore di soggetti sforniti dei requisiti contemplati dalla norma». Queste le accuse della Procura di Cosenza, che ha chiuso l’inchiesta su una vicenda che, come spesso accade per la sanità, incrocia politica e burocrazia. L’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Cosenza aveva coinvolto gli ex componenti della direzione generale dell’Azienda, sindacalisti e funzionari della Regione Calabria. E anche tutti i precari che, sfruttando l’opportunità offerta da quella legge, avevano avuto un rapporto di lavoro determinato con l’Asp di Cosenza.
La chiusura indagini porta con sé una novità: l’iscrizione nel registro degli indagati del direttore generale dell’Asp di Cosenza, Raffaele Mauro, accusato di abuso d’ufficio in concorso con Antonio Perri, direttore del Distretto Pollino-Savuto, e il sindacalista di Cetraro Franco Mazza.
Mauro e Perri, secondo l’accusa, adottando la delibera n. 1818 del 16 novembre del 2016, avrebbero voluto procedere ai pagamenti riconnessi agli intervento di sostegno al reddito. In questo modo, l’Asp ne avrebbe avuto un ingiusto vantaggio patrimoniale, così come i precari, mentre la Regione sarebbe stata danneggiata per un totale di 1 milione, 178mila e 698 euro. Somma che sarebbe servita per ottemperare alle richieste in favore dei precari, secondo la pubblica accusa, sprovvisti dei requisiti contemplati dalla norma, relativa alle assunzioni.
Il danno per le casse della Regione sarebbe stato scongiurato dopo l’intervento della direzione generale del dipartimento Sviluppo Economico, Lavoro, Formazione e Politiche sociali della Regione Calabria, che “cancellò” l’attività lavorativa del precari.
L’ATTO CHE INGUAIA MAURO L’atto firmato dal dg (e che oggi lo inguaia) è un riepilogo di tutti i passaggi burocratici intervenuti negli ultimi anni. Un sunto dell’impasse e dei pasticci con un (tentato) lieto fine divenuto quasi imprevedibile. Vediamo.
L’Azienda sanitaria, pur non riconoscendo l’esistenza dei lavoratori, ha continuato a tenere conto di tutto: soprattutto degli orari di lavoro. Come non è dato sapere, visto che – secondo testimonianze dirette di alcuni dei precari – le presenze venivano appuntate su foglietti “volanti”. Eppure, il management sanitario spiega di aver rendicontato i costi dell’operazione per quadrimestri, inviandoli con tre note alla Regione. L’ultima, che risale al 31 agosto 2016, rappresenta «il rendiconto contenente i dati mensili riepilogativi relativi alle ore di lavoro effettuate dagli operatori utilizzati, il costo orario e il relativo maturato». Finalmente, a due anni dal loro ingresso nelle stanze dell’Asp, si scopre quanto siano costati i precari: «Il costo complessivo, ricondotto al costo orario degli Lsu-Lpu, pari a 8,90 euro, ammonta per l’intero periodo di utilizzo dei 135 lavoratori a 1 milione 178mila euro (ore lavorate n. 132.438)». Già, ma chi pagherà? Di certo non l’Azienda sanitaria. La delibera con la quale Mauro prende atto della convenzione sottoscritta due anni fa tra Asp e dipartimento (il 2 dicembre 2014) specifica che non ci sono oneri a carico del bilancio della sanità. Dunque, si presume, il milione e passa finirà sul groppone della Regione. Ed è la stessa Regione a chiedere che sia così, visto che il via libera all’accettazione delle assunzioni arriva proprio dopo una nota dell’assessorato al Lavoro che risale al 18 ottobre scorso.
Dopo due anni di rimpalli e di formali “niet”, qualcosa si è sbloccato «a seguito dell’incontro con le organizzazioni sindacali in data 10 ottobre 2016». La convenzione negata diventa finalmente operativa, «oggi per allora, al fine di garantire i diritti dei lavoratori utilizzati, cosa come richiesto dal dipartimento Lavoro».
L’Asp accetta ufficialmente il supporto dei precari, dopo averli utilizzati a lungo come dei fantasmi. Prende per buona una convenzione con due anni di ritardo e si accorge dell’«utilizzo funzionale» nei suoi uffici dei lavoratori «facenti parte dell’elenco inviato dal dipartimento Lavoro» con un ritardo che solo una burocrazia schizofrenica riesce a spiegare.
Incredibile? Sì, soprattutto alla luce di un precedente parere che, a gennaio, sembrava aver chiuso le porte in faccia ai precari “fantasma”. È incredibile anche per la Procura di Cosenza, alla quale ora Mauro potrà rivolgersi per chiarire la propria posizione.
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