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Il piano “perfetto” dello sceriffo dei boschi

I rapporti di stretta collaborazione con gli Spadafora interrotti dall’operazione della Dda Stige. La consapevolezza di essere indagato e i tentativi di difendersi

Pubblicato il: 09/07/2018 – 20:20
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Il piano “perfetto” dello sceriffo dei boschi
CATANZARO Nella gestione del patrimonio boschivo silano, nei comuni compresi tra le province e di Cosenza e Crotone, esiste un prima e un dopo “Stige”. La data spartiacque è il 9 gennaio 2018, giorno in cui i carabinieri eseguono la maxi-operazione della Dda di Catanzaro che porterà all’arresto di 169 persone ritenute, a vario titolo, legate alla cosca Farao-Marincola di Cirò Marina. L’effetto è devastante come quello di uno tsunami e rastrella territori che vanno dalle coste crotonesi fino all’entroterra dei monti silani, senza contare gli sconfinamenti fuori regione. Una persona in particolare, apprende con «incredulità» dell’arresto, tra gli altri, dei componenti della famiglia Spadafora (Luigi, Giovanni, Antonio, Pasquale, Rosario) di San Giovanni in Fiore, imprenditori nel settore dei tagli boschivi. Questa persona è Carmine Greco, comandante dei carabinieri forestali di Cava di Melis. PRIMA DI STIGE Prima di allora – emerge dalle indagini che lo scorso sabato hanno portato all’arresto di Greco con l’accusa di associazione mafiosa – il maresciallo appare come una sorta di “sceriffo”, quasi preso in prestito da una pellicola dei fratelli Coen ambientata tra i picchi del Vermont, immerso attivamente nel malaffare di una provincia sperduta che sembra riuscire a controllare senza problemi. I suoi contatti più frequenti avvenivano proprio con gli Spadafora, ai quali toglieva spesso le castagne dal fuoco (lo abbiamo raccontato qui). Il fatto, emerge dalle intercettazioni, era noto, se non a tutti, a molti. Lo sapevano sicuramente due stretti collaboratori di Greco che il 17 marzo commentano gli arresti descrivendo gli Spadafora come imprenditori senza scrupoli che «menavano a caricare un sacco di roba» e poi andavano dal maresciallo «a fare la spia» così da trarre «profitto dal fatto che comunque tu intervenendo gli toglievi una ditta rivale e poteva aumentare l’egemonia sul territorio». Un meccanismo ben oliato che viene smantellato con l’operazione dell’antimafia. Ma il segreto di Pulcinella lo aveva già raccontato il collaboratore di giustizia Francesco Oliverio il quale in diversi interrogatori già a partire dal 2012 e poi ancora nel 2014 e nel 2017, parla di esponenti del Corpo forestale “stipendiati”, pronti a chiudere un occhio sui tagli boschivi indiscriminati. E racconta di un certo Greco Carmine, detto “Carminuzzu” «il quale si adoperava – sintetizza il gip nella sua ordinanza di arresto – per conto dell’organizzazione, di consentire il compimento di tagli abusivi». L’INDAGINE DELLO “SCERIFFO” I rapporti tra Carmine Greco e gli Spadafora si intrecciano ancora di più con una indagine che il maresciallo stava conducendo su una funzionaria dell’ente regionale Calabria Verde, Antonella Caruso. I contatti con Antonio Spadafora, in quel periodo sono frequentissimi. Il 2 ottobre 2017 Antonio Spadafora contatta Greco e gli dice che i dettagli dell’appuntamento erano stati definiti e che l’incontro sarebbe avvenuto a breve. Sono le nove del mattino. Alle 13 circa Greco ferma la funzionaria della Regione che viene trovata in possesso di 20mila euro. Sulla provenienza dei soldi la donna non fornisce giustificazioni convincenti. In seguito a questo riscontro Greco chiede l’intercettazione delle utenze telefoniche della Caruso. E dal quel momento partono una serie di sms dal cellulare di Antonio Spadafora sul cellulare della donna, dal contenuto esplicito: Spadafora lamenta la delusione di non avere avuto lo sblocco dei lotti boschivi nonostante i 20mila euro. Un secondo sms viene mandato qualche giorno dopo e ha lo stesso tono eloquente ed esplicito. Tra un messaggio e l’altro vi sono incontri tra Antonio Spadafora e Carmine Greco. Nel corso di una intercettazione ambientale Antonio Spadafora si lascia sfuggire: «Quel messaggio ce l’ha mandato proprio l’ispettore Greco… il messaggio». Nel frattempo l’indagine di Greco si estende anche a Salvatore Procopio, agronomo, che avrebbe fatto da tramite, per la richiesta e il pagamento della tangente, tra Antonella Caruso e l’imprenditore boschivo. DOPO STIGE Dopo gli arresti dell’operazione Stige le prospettive cambiano e l’orizzonte si colora di fosche previsioni. Gli Spadafora vengono accusati di essere il tramite attraverso il quale la cosca «monopolizza, per tutto l’altopiano silano, gli appalti, pubblici e privati, per il taglio boschivo, compiendo atti di concorrenza sleale mediante violenza, con l’impiego di metodo mafioso, al fine di annichilire ogni possibile concorrenza». Gli Spadafora non sono più gli imprenditori collaborativi costretti a pagare il funzionario corrotto per avere lo sblocco delle pratiche. E anche lo “sceriffo” non si sente molto tranquillo. Il 25 gennaio il maresciallo dice a un suo interlocutore: «Comunque sai che sono accusato di associazione mafiosa». Qualche giorno prima, il 23 gennaio, c’era stato l’interrogatorio di Antonio Spadafora al quale aveva assistito anche Greco con alcuni suoi uomini. Nell’auto di servizio si parla di una intercettazione che coinvolge il maresciallo. Greco sembra avere consapevolezza di un procedimento che lo vede indagato. Comincia a ipotizzare una strategia difensiva «o comunque un possibile iter procedimentale rispetto ai fatti che potevano essergli addebitati, escludendo la mafiosità e includendoli nell’ambito dei reati contro la pubblica amministrazione». Una volta terminato l’interrogatorio di Spadafora, Greco esprime solidarietà ad “Antonio”. In altre conversazioni il maresciallo commentava il ruolo dell’indagato come persona collaborativa, riferendosi all’indagine che coinvolgeva Caruso e Procopio ed evidenziava la circostanza che la richiesta di denaro era partita dal funzionario. L’ARRESTO DEI FUNZIONARI E I FESTEGGIAMENTI CONTRO STIGE Il 30 aprile scorso Antonella Caruso e Salvatore Procopio finiscono ai domiciliari, su richiesta della Procura di Castrovillari, con l’accusa di concussione. Carmine Greco viene avvisato dal poliziotto Vito Tignanelli, il quale dice che l’operazione ha avuto grande eco mediatica. Poi il poliziotto festeggia: «Oh… ce l’avete… hanno fatto proprio una figura di merda con sta Stige oh!… omissis… Eh… sono contento che se lo sono presi in culo, pure se ci sentono. Sai quanto ce ne frega». Ma, anche se l’accusa nei confronti dei due funzionari pubblici resta in piedi, quella nei confronti degli Spadafora e, oggi, anche nei confronti del maresciallo Carmine Greco, non è mitigata. «In base a quanto già osservato – scrive il gip Paolo Mariotti –, appare evidente che l’ispettore Carmine Greco ha compiuto una serie di condotte volte a favorire appartenenti alla cosca cirotana o comunque imprenditori che, nell’ambito della gestione del patrimonio boschivo, erano in costanti rapporti con esponenti della consorteria mafiosa». L’arresto del maresciallo, naturalmente, rientra nell’ambio dell’inchiesta Stige.

Alessia Truzzolillo a.truzzolillo@corrierecal.it

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