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Chiesta la retrocessione del Chievo, il Crotone spera nella A

La Procura federale sollecita una dura penalizzazione dei veronesi per lo scorso campionato. Vrenna: «Speriamo che la richiesta venga confermata in tutti i gradi di giudizio»

Pubblicato il: 17/07/2018 – 18:14
Chiesta la retrocessione del Chievo, il Crotone spera nella A

ROMA La prossima Serie A rischia di essere stravolta se Parma e Chievo verranno riconosciute colpevoli, rispettivamente, di illecito sportivo e plusvalenze fittizie. Le due società sono comparse oggi davanti al Tribunale federale nazionale e le richieste della procura Figc sono state molto pesanti, come anticipato ieri dall’Ansa: per il club emiliano 2 punti di penalizzazione per la stagione 2017-18 (che significherebbero addio promozione) o, in alternativa, partire da -6 in quella 2018-19. Per il Chievo 15 punti di penalizzazione, anche questi afflittivi, con la conseguenza della retrocessione in B. Le plusvalenze – con il tesseramento di 30 giocatori e valutazioni gonfiate – coinvolgerebbero Chievo e Cesena, nel frattempo fallito. Anche per i romagnoli, comunque, sono stati chiesti 15 punti di penalità. L’esito di questo filone è atteso da Crotone (sceso in B) ed Entella (in C dopo i playout), ammesse come parti interessate. Per il presidente del Chievo, Luca Campedelli, sono stati chiesti 36 mesi di inibizione. Sentenze di primo grado attese tra la fine della settimana o l’inizio della prossima.
Il tempo, anche per eventuali appelli, non è molto: giovedì 26 è previsto il varo dei calendari e potrebbe essere necessario inserire della X. «Spero che i quindici punti vengano inflitti, e che la pena sia confermata nei gradi successivi», ha auspicato il presidente del Crotone, Gianni Vrenna, pronto a rivendicare i conti in ordine della sua società. Quelli del Chievo, secondo la procura federale guidata da Giuseppe Pecoraro, invece usufruivano da tre anni di plusvalenze fittizie: di qui la richiesta di cinque punti di penalità a stagione, per una somma di quindici.
LA DIFESA DEL CHIEVO «Mi aspettavo una richiesta così dura da parte della procura Figc perché di solito quando si ha torto si fanno sempre richieste pesanti per suggestionare i tribunali. È un procedimento infondato, un deferimento fragilissimo che contiene errori marchiani anche nei numeri». Lo dice l’avvocato del Chievo, Marco De Luca, dopo il processo sportivo di primo grado sul caso delle presunte plusvalenze fittizie della società veneta con il Cesena. Per i clivensi è stata chiesta una penalizzazione afflittiva di 15 punti sullo scorso campionato che ne sancirebbe la retrocessione. Secondo il legale c’è anche una questione di «improcedibilità» in quanto «la procura federale per due volte si è rifiutata di ascoltare il presidente Campedelli» nonostante ci sia «un precedente di due mesi fa che impone alle procura di sentire gli incolpati». Secondo l’avvocato il numero uno della società veronese, presente in aula ma uscito senza rilasciare dichiarazioni ai cronisti, «è molto dispiaciuto ed amareggiato perché ha sempre rispettato alla lettera le regole».
IL “CASO PARMA” L’udienza del Parma ha ruotato intorno ai messaggi whatsapp inviati da Emanuele Calaiò – presente in aula, per lui la procura ha chiesto 4 anni di squalifica e 50mila euro di ammenda – ai colleghi dello Spezia Filippo De Col e Claudio Terzi il 14 maggio, quattro giorni prima della partita poi vinta 2-0 dal Parma in trasferta, risultato grazie al quale era arrivata la promozione senza passare dai playoff.
La corte ha ammesso l’intervento del Palermo in quanto direttamente interessato (avendo chiuso il campionato di B un punto sotto il Parma), mentre ha respinto quello del Venezia, quinto a 67 punti, che a sua volta puntava ad approfittare dei guai finanziari dei rosanero. Il tempo, anche per eventuali appelli, non e’ molto: giovedì 26 è previsto il varo dei calendari e potrebbe essere necessario inserire della X. Quei messaggini («non rompete il cazzein» e poi «soprattutto col rapporto che avete con me»), con tanto di emoticon col cuoricino, per la procura sono un tentativo di ammorbidire l’impegno degli avversari, andato a vuoto per la pronta denuncia di questi ultimi ai propri dirigenti. Per le difese del Parma e di Calaiò, affidate agli avvocati Eduardo Chiacchio e Paolo Rodella, sono invece solo uno scherzo, senza alcun intento di compromettere il regolare svolgimento della gara. Calaiò è intervenuto con una dichiarazione spontanea, rivendicando «20 anni di carriera immacolata, nei quali ho sempre cercato di essere un esempio per i giovani, insegnando lealtà e correttezza. Ho passato gli ultimi due mesi di inferno, è una macchia che non merito». «Dov’è la proposta illecita – ha chiesto il suo legale, Rodella -. Negli emoticon con i sorrisi ed i segni di affetto?». Quanto a Da Col e Terzi «avvertirono la loro società perché così impostogli per qualunque tipo di messaggio – ha sostenuto il legale – pena severi provvedimenti, e non perché c’era una consapevolezza dell’illecito».
Anche l’avv. Chiacchio ha contestato che ci sia stata la percezione di un tentato illecito. Infatti – ha sostenuto – lo Spezia nella sua informativa alla Procura non parlò di denuncia ma di semplice comunicazione. E quest’ultima «non conteneva nemmeno i nomi dei tesserati, né di chi aveva inviato i messaggi, né dei destinatari». Né si può invocare la responsabilità oggettiva del Parma, in quanto, ha aggiunto «che potere di controllo poteva avere sui messaggi whatsapp?».

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