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Apocalisse, Marco Perna condannato a 21 anni
Termina il primo grado del processo al gruppo guidato dal figlio dello storico boss di Cosenza. Pene tra i 7 e gli 11 anni per i suoi sodali. Sette le assoluzioni. Storia di un procedimento ad alta t…
Pubblicato il: 19/07/2018 – 15:29
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COSENZA Termina il primo grado di giudizio del processo “Apocalisse” (nella foto, un momento del blitz che portò agli arresti). Il giudice Salvatore Carpino con a latere le colleghe Granata e Pingitore ha condannato Marco Perna a 21 anni di reclusione. Stessa sorte – la condanna – per gli altri imputati Pasquale Francavilla, Giovanni Giannone e Andrea Minieri, per i quali sono state disposte pene rispettivamente di 7 anni, 11 anni e 10 anni. Erano loro i membri che come sostenuto dai due pubblici ministeri Dda di Catanzaro Camillo Falvo e Domenico Assumma ricoprivano il ruolo di sodali di ferro al fianco del “capo” Marco Perna nelle attività di spaccio nella città di Cosenza. Oltre a loro alla sbarra c’erano anche gli imputati Giuseppe Chiappetta condannato a 11 anni, Alessandro Andrea Cairo condannato ad 8 anni, Riccardo Gaglianese condannato a 10 anni e 2 mesi, Danilo Giannone condannato a 7 anni, Giuseppe De Stefanis condannato a 10 anni, Ippolito Tripodi condannato a 7 anni e 4 mesi, Paolo Scarcello 7 anni e 8 mesi, Francesco Scigliano 7 anni e 8 mesi, Giacinto Bruno condannato a 11 anni. Assolti per non aver commesso il fatto e perché il fatto non costituisce reato Ivano Ragusa, Alessandro Ragusa, Andrea Delia, Denis Pati, Domenico Caputo, Francesco Porco, Francesco Muto. Per tutti i condannati è stata disposta l’interdizione dei pubblici uffici nonché il pagamento delle spese processuali.
LE CANTATE DI PELLICORI La svolta nel processo arriva nella tarda serata del venerdì santo della Pasqua del 2017. Luca Pellicori, molto vicino a Marco Perna, inizia la sua collaborazione di giustizia e racconta ai pubblici ministeri come fosse organizzata la struttura associativa che faceva capo a Marco Perna, figlio dello storico boss di Cosenza. Nei suoi racconti la “Cosenza criminale” è scandita in diversi momenti, dagli atti intimidatori ai danni dei rivali “Rango-Zingari” agli stupefacenti che, come riferito dal pentito, sarebbero arrivati dall’Albania a bordo di un gommone per poi essere smistati nella città. La base operativa era l’autolavaggio di Serra Spiga, dagli atti del processo emerge come fosse quello il luogo da cui Pellicori e i “suoi” uomini organizzavano l’attività di spaccio, poi ovviamente c’erano i depositi di stupefacente così come gli appartamenti dei “capi” adibiti a studi commerciali per appuntare tutte le entrate e le uscite, i debiti con i fornitori e con chi chiedeva un prestito. Nel lungo interrogatorio di Luca Pellicori, cadenzato in tre udienze tra la fine di dicembre 2017 e inizio 2018, il collaboratore ha anche raccontato della possibilità che proprio Perna stesse pensando ad una “fuga” in Brasile o ad un a strategia per corrompere i giudici. A spingere Pellicori a collaborare con la giustizia è stato l’intreccio amoroso che la sua ex compagna aveva con il suo ormai ex migliore amico Perna. Lo “sgarro” non è stato mai perdonato e anche qualche minuto prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio Pellicori, collegato dal sito riservato, nel rendere le sue ultime dichiarazioni spontanee lo ricorda. «Ho iniziato a collaborare con la giustizia per salvare i miei figli. Mi vergogno di essere stato con quella donna che in tutti i modi ha provato a farmi fare un passo indietro. Avevo chiesto di assistere al processo per guardare in faccia tutte quelle persone».
I VOLANTINI E LA TENSIONE E l’ “Apocalisse” si è abbattuta, nel corso del processo, anche sugli umori di una città che si è risvegliata tappezzata di volantini (ve ne abbiamo parlato qui). A nulla è valsa la rimozione rapida delle stampe sui muri del tribunale e in diversi angoli della città. I giudici avevano da qualche giorno ammesso la testimonianza di Francesco Noblea e Vincenzo De Rose, collaboratori che con il processo non avevano nessun collegamento, ma entrambi di Cosenza che con gli imputati avevano intrattenuto diversi rapporti. L’argomento era sempre lo stesso: come si spacciava?
PERNA-MINIERI-SCARCELLO TORNANO IN CARCERE Altro passaggio cardine di un procedimento ad alta tensione fu la decisione presa dal presidente del collegio di disporre che Marco Perna, Andrea Minieri e Paolo Scarcello ritornassero nella casa circondariale di Cosenza (ve ne abbiamo parlato qui). I giudici si convinsero a firmare l’ordinanza perché dalle parole dei collaboratori di giustizia emerse come i domiciliari non avrebbero arrestato lo spaccio della droga. Fu così che i tre tornarono dentro in attesa della sentenza. Il verdetto, per tutto, è appena arrivato.
Michele Presta m.presta@corrierecal.it
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