Pubblichiamo una lettera del commissario di Calabria Verde, Aloisio Mariggiò. Il generale dei carabinieri spiega le difficoltà incontrare nella gestione di un ente allo sbando, al centro di scandali e inchieste della magistratura. Mariggiò risponde alle polemiche sorte in consiglio regionale con l’annuncio di una relazione a Palazzo Campanella, da tenersi in autunno. E rievoca l’episodio della perquisizione del proprio ufficio a opera di un carabiniere forestale che avrebbe dovuto essere un collaboratore dell’agenzia regionale ed è finito, successivamente, al centro di un’inchiesta della Dda di Catanzaro.
Ho letto ieri l’articolo pubblicato dal Corriere della Calabria a seguito dell’approvazione da parte del consiglio regionale del bilancio di previsione 2018-2020 dell’Azienda regionale Calabria Verde, il primo presentato nei previsti termini di legge dalla data di costituzione dell’Ente (2014). Un atto di fiducia di non poco conto che, se da una parte mi incoraggia a proseguire sulla strada intrapresa, dall’altra mi infonde amarezza.
Un’amarezza causata dalla constatazione che «le inchieste, gli arresti, gli scandali nazionali» che hanno interessato Calabria Verde siano diventate strumento di disputa politica e non motivo di riflessione su quella che è stata e, per certi versi, è ancora la forestazione in Calabria che voi del Corriere avete giustamente definito «uno dei… tanti nervi scoperti» della Regione.
Perché «nervo scoperto»? Vedete, un settore come quello della forestazione, con un bacino di dipendenti spaventoso (la forestazione da sola ha da sempre assommato il numero di dipendenti di tutti gli enti strumentali regionali e forse anche di quelli della stessa struttura regionale) avrebbe meritato ben altre attenzioni. Invece, è stata dimenticata, trascurata, considerata zavorra per i bilanci annuali regionali, ritenuta ammortizzatore sociale, da utilizzare solo in previsione di questa o quella competizione politica.
Io vorrei fosse chiara una cosa: nonostante i propositi e gli obiettivi dichiarati negli atti costitutivi, l’Azienda Calabria Verde, nata dalle ceneri di Afor, per quanto mi riguarda, era di fatto un Ente privo di una organizzazione interna e, come se non bastasse, caratterizzata da dipendenti privi di senso di appartenenza. Chi si è qualche volta approcciato con studi di organizzazione aziendale sa benissimo cosa questo significhi. Troppe erano le differenze di trattamento tra gli appartenenti alle diverse componenti aziendali, tante erano le sperequazioni e i favoritismi anche tra gli addetti allo stesso comparto. Persino il semplice diniego di una richiesta era frutto di contenzioso.
Ho passato mesi non molto sereni, nel timore che non sarei mai uscito fuori dal tunnel, consapevole di essere costantemente esposto a possibili coinvolgimenti giudiziari.
Nonostante le tante, tante criticità rilevate e difficoltà incontrate, sono rimasto in silenzio al mio posto al fine di mantenere fede ad un accordo fatto con il presidente della Regione. State tranquilli, in quell’accordo non vi è nulla di segreto. Nell’accettare l’incarico, a fronte delle numerose critiche che piovevano in capo alla Regione sulla sostenibilità economica delle attività di questa Azienda, conoscendo le problematiche della forestazione, dissi al presidente Oliverio che non mi sarei mai prestato ad operare tagli sul personale. Se qualcuno vuol sapere cosa penso in tema di impiego del personale, può tranquillamente analizzare la delibera del piano del fabbisogno aziendale, notata, devo dire, da pochi.
Da allora non ho fatto altro che rimettere insieme i cocci di un’Azienda che prendeva bastonate da chicchessia. Il personale di Calabria Verde è stato accusato di collusioni con ditte boschive, di non aver vigilato sul demanio, di incompetenza. Gli operai sono stati qualificati masse di fannulloni.
A ogni iniziativa amministrativa intrapresa sono stati frapposti ostacoli. Sin anche da funzionari della stessa Regione ci sono piovute addosso critiche gratuite. Ricordo ancora quando nel corso di una trasmissione televisiva di portata nazionale ebbi a dire che, prima di attribuire responsabilità a personale di Calabria Verde, per gli scempi paesaggistici commessi sulla Sila andavano considerate le inerzie di alcuni apparati istituzionali.
Oggi, finalmente, non solo per l’approvazione del bilancio, guardo al futuro in modo positivo, essendo in fase di avanzata attuazione il piano di riordino dell’Azienda, che lo stesso consiglio regionale mi ha approvato. Nel ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini e che mi hanno aiutato ad andare avanti, per aderire non solo alla richiesta del consigliere Carlo Guccione, ma anche a quella del consigliere Ennio Morrone avanzata molto tempo prima, ritengo che, in autunno, il consiglio regionale debba essere messo al corrente di quello che è avvenuto e sta avvenendo in Calabria Verde.
Si dovrà parlare di tutto.
Per quanto possibile e per quanto consentito, anche delle vicende giudiziarie. In nome della trasparenza e della correttezza, che devono caratterizzare costantemente l’operato della pubblica amministrazione, non mancherò di parlare delle situazioni debitorie trovate, delle vertenze legali ancora aperte, dei pignoramenti, del recupero dei crediti con la nota società finanziaria Cooperfin, dei buchi trovati negli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, dei mancati trasferimenti di risorse derivanti da cessioni del quinto dello stipendio a società finanziarie, delle aspettative tradite, in termini di progressioni stipendiali e salariali, del personale del comparto Ccnl autonomie locali e del personale comparto forestazione, della nuova organizzazione aziendale in settori operativi, dei vivai, della gestione del demanio, della sede operativa dell’Azienda, dell’assoluta mancanza di mezzi, dell’antincendio boschivo (anche perché lo scorso anno in materia ci è stato addebitato di tutto), degli oltre 300mila euro percepiti annualmente da alcuni dirigenti, di alcune indebite stabilizzazioni dirigenziali, nonché della pesante eredità economica finanziaria lasciata da Afor.
Il consiglio regionale e la gente di Calabria devono sapere.
Dimenticavo, si dovrà parlare anche del servizio di sorveglianza idraulica attesa la segnalata grave «situazione in cui versa…», per la quale sarebbe «necessario accelerare i tempi per recuperare il ritardo accumulato». Si sappia che condivido appieno la preoccupazione esposta dall’onorevole Guccione specie dopo essere venuto a conoscenza delle osservazioni mosse al riguardo dal professore Carlo Tansi della Protezione Civile regionale nella relazione che ha di fatto portato la Procura di Castrovillari (nell’ambito dell’inchiesta “Flumen luto”) all’emissione di 195 avvisi di garanzia.
Quelle stesse osservazioni, non so al tempo da chi riportate, avevano già attirato l’attenzione su Calabria Verde della trasmissione televisiva “Striscia la Notizia” e di una testata giornalistica online cosentina. Proprio per prevenire ulteriori speculazioni avevo approntato un riordino del settore che prevedeva, dopo appositi corsi di formazione da tenersi presso l’Università di Cosenza, non soltanto il servizio di sorveglianza idraulica (in altre regioni affidata a geologi e ingegneri), ma anche un servizio di piena con specifiche competenze in materia di polizia idraulica. Un progetto accantonato nel momento in cui, verificatane la valenza amministrativa, mi ero reso conto che a tutto quel personale ex “Why not”, fatto assumere all’ex Afor con una norma destinata al pubblico impiego, era stato applicato, nel silenzio più assordante, il contratto di natura privatistica degli operai idraulico-forestali con l’inquadramento di tutti gli interessati al IV livello retributivo. Per il momento mi fermo qui. È certo che la mia preveggenza, mi ha salvato forse dalla morsa della Corte dei Conti che 20 giorni orsono ha chiesto una relazione sull’argomento. Se è facile cogliere le aspettative del personale, le assicuro, onorevole Guccione, che è difficilissimo trovare per le stesse idonee soluzioni, specie se connesse a promesse elettorali.
Mi rendo conto di essere stato prolisso. Pertanto chiudo il mio intervento con una chiosa che sintetizza la situazione di Calabria Verde. Ricordate la perquisizione cui sono stato sottoposto alcune settimane addietro in concomitanza dell’arresto della funzionaria Caruso del distretto di San Giovanni in Fiore? Ebbene, chi mi ha perquisito l’ufficio avrebbe dovuto essere un collaboratore di Calabria Verde. Avete compreso: in azienda, esiste una nota di prot. nr. 16134 del 28 agosto 2015, diretta all’allora Capo del Corpo Forestale dello Stato di Roma, con la quale, considerato il suo «curriculum personale», «al fine di porre in essere un’attività di formazione di uno staff che potenzi le iniziative di controllo del patrimonio forestale regionale», l’azienda ne chiedeva la collaborazione. Pensate, alla luce dei successivi accadimenti, il 17 luglio scorso, in consiglio regionale, si sarebbe parlato non del bilancio di Calabria Verde, ma di possibili condizionamenti mafiosi dell’Azienda Calabria Verde, azienda guidata da un ex generale dei Carabinieri nominato dal presidente Oliverio!
La notizia avrebbe travolto me e Oliverio e, probabilmente, avviato al definitivo declino la forestazione calabrese, con la gioia di qualcuno. Ma io, purtroppo, sono fortunato!
Aloisio Mariggiò
commissario straordinario di Calabria Verde
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