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Museo di Reggio, autonomia economica questa chimera

Redditività troppo bassa e incapacità di autofinanziare le attività per sostenere i costi di gestione dell’Archeologico. Così il taglio ai trasferimenti voluta dalla riforma Franceschini rischia di…

Pubblicato il: 14/01/2019 – 10:15
Museo di Reggio, autonomia economica questa chimera

REGGIO CALABRIA Non riuscirebbe a camminare con le proprie gambe, anche se i costi per il mantenimento restano relativamente bassi. A due anni dalla mini-riforma voluta dall’ex ministro della Cultura, Dario Franceschini che ha reso autonomi alcuni musei italiani e fondazioni, il museo archeologico di Reggio Calabria ne esce male: dovrà controllare le proprie spese per riuscire a far fronte al taglio di trasferimenti voluto dall’ex ministro. Un taglio che puntava a rendere autonomi alcune dei principali musei nazionali permettendo loro di trattenere tutti i proventi delle varie attività programmate da musei e fondazioni culturali senza la necessità di trasferirli a Roma. Ebbene dal rapporto pubblicato da Federculture e ripreso dall’inserto “Affari & Finanza” di Repubblica, emerge che per sostenere la macchina organizzativa e l’apparato del museo reggino occorre la mano pubblica per il 59%. I ricavi da vendite di biglietti di ingresso al museo e altre iniziative culturali ammontano a 721mila euro mentre ottiene contributi in conto esercizio di 1,04 milioni l’anno. Per un complessivo ammontare di entrate di 1,741 milioni. Così da porre la sua autonomia gestionale al 41%. A pesare sul museo archeologico della città dello Stretto il numero ancora esiguo – seppure in crescita – dei suoi visitatori: 215mila l’anno. Una quota che non gli permette dunque di camminare appunto sulle proprie gambe e che dunque quella riduzione di trasferimenti adottata dal ministero Franceschini rischia di togliere il respiro al Museo reggino.
E se per capacità di attirare il pubblico, l’altro indice preso in esame ne report di Federcultura, non pone il museo archeologico tra i peggiori d’Italia questo lo si deve appunto al relativo basso costo per mantenere in piedi il sito culturale. Stando a questo indice infatti in media il museo riesce a ottenere 3 euro a visitatore e ne ha necessità di 5 in contributi per far funzionare la macchina organizzativa e strutturale del museo. Una cifra decisamente diversa ad esempio della Galleria nazionale dell’Umbria che a fronte di ricavi per visitatori pari a 4 euro ne ha necessità di 40 per sostenersi.
Ma c’è un altro dato che non fa ben sperare per la sostenibilità futura della struttura che ospita tra l’altro i Bronzi di Riace: l’indice della capacità di raccolta fondi. Si tratta di quell’attività che passa attraverso il termine di fundraising e che consiste nella potenzialità di raccogliere fondi da parte di una struttura culturale da parte di fondazioni private, aziende o enti pubblici per sostenere un progetto o finanziare le attività. Ebbene stando ai dati del report, questo indice per il museo di Reggio Calabria si ferma a quota zero. Un dato preoccupante se si consideri che proprio attraverso il fundraising, molte siti culturali, musei e fondazioni contano di recuperare quel gap per rendersi quasi completamente autonomi dai trasferimenti pubblici. Una missione che allo stato attuale diviene praticamente impossibile per il principale museo archeologico della nostra regione.

r.d.s.

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