SERSALE «Salviamo l’Albergo delle Fate!» È l’appello accorato, volto a mettere in sicurezza il grande monumento architettonico silano la cui stabilità è fortemente a rischio, lanciato a conclusione del dibattito sul libro fotografico di Piergiorgio Iannaccaro “Sila – luoghi e stagioni” (Rubbettino editore) che si è tenuto nella città di Sersale e ha visto conversare con l’autore il sindaco Salvatore Torchia, il presidente del consiglio comunale Carmine Capellupo, il consigliere comunale Rosario Colosimo, il direttore della Riserva Valli Cupe Carmine Lupia e il giornalista Romano Pitaro. «Salvare l’Albergo delle Fate di Villaggio Mancuso, messo in piedi con innovative trovate architettoniche in stile altoatesino proprio l’anno della Grande depressione – hanno convenuto all’unanimità – è un impegno che dovrebbe vedere tutti coloro che hanno a cuore le sorti della nostra terra indaffarati a trovare una soluzione, affinché il simbolo della Sila Piccola affascinante e maestosa, nonché dell’intraprendenza imprenditoriale del Sud fin dagli anni ’30, non finisca in cenere». Nella sala consiliare, Iannaccaro, medico di professione e profondo conoscitore dell’altipiano silano, avendolo percorso in lungo e in largo sempre accompagnato dalla sua macchina fotografica, ha raccontato «la Sila vista dai miei occhi che, confrontata con i grandi e più rinomati sistemi montuosi del mondo in buona parte da me attraversati, non ha nulla di meno, anzi presenta aspetti peculiari che la rendono unica. La Sila è rimasta nel tempo impenetrabile per gran parte della sua estensione, ammantata di fitte foreste, ostile nonostante l’aspetto dolce delle sue alture e delle sue valli. Non è soltanto un imponente santuario naturale, è anche un luogo percorso dagli uomini sin dai tempi remoti». Torchia ha ricordato quanto scriveva Guido Piovene: «La Sila è una fantasia del Nord eseguita con rigoglio meridionale, ma è tempo – ha aggiunto – che la varietà paesaggistica che la rende esemplare trovi nelle istituzioni pubbliche, a incominciare dalla governance dei Parchi, una diversa valorizzazione. Il turismo troppo esiguo e spesso localistico non è sufficiente al rilancio di uno dei più grandi comprensori forestali del bacino del Mediterraneo». Per il direttore della Riserva Valli Cupe, «il libro presenta più livelli di lettura e le immagini rimandano alle caratteristiche primarie della nostra montagna, ma pongono in maniera avvincente all’attenzione del lettore il rapporto uomo-natura. Non credo più, però, che valga la pena inseguire la retorica della lamentela, quando si ragiona di opportunità di sviluppo che debbono discendere dall’altipiano silano. Conosciamo bene le criticità generali e gli impedimenti locali. Ognuno faccia la propria parte, come stiamo facendo noi che orgogliosamente veniamo indicati come un modello di sviluppo locale di valenza internazionale. Non dobbiamo aspettare che siano livelli superiori a risolverci i problemi. Tocca a tutti noi, dal basso e inseguendo unità e coesione anziché divergenze e polemiche, cambiare ciò che non ci piace». Romano Pitaro, dopo aver apprezzato il libro – che si avvale dei contributi di Gabriele Fera, presidente del Club alpino italiano (sezione di Catanzaro), e del giornalista e scrittore Filippo Veltri – ha detto che «la nostra montagna presenta analogie con la Foresta Nera, la Scandinavia, la Svizzera, i luoghi del grande Nord o d’America, ma è attraversata da un senso della sconfitta che la intristiscono e che depotenzia ogni spirito d’iniziativa. Per rendersi conto di questo “mal di vivere” che ottunde le facoltà razionali collettive e genera sconforto nella Sila Piccola – piccola per una curiosa definizione, non certo per estensione né per altitudine rispetto alla virgiliana magna Sila – è sufficiente andare a vedere la desolazione dell’Albergo delle Fate. Si sta aspettando soltanto che muoia nel peggiore dei modi…E nessuno muove un dito».
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