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Emigrazione sanitaria, il Nord “scippa” 50 milioni all’anno alla Calabria

Ecco il dossier alla Conferenza Stato-Regioni: mobilità passiva “dopata”. «Nei rimborsi ci sono errori, ricoveri doppi, ripetuti e ravvicinati». Il dipartimento Salute chiede un correttivo per sistem…

Pubblicato il: 28/02/2019 – 7:18
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Emigrazione sanitaria, il Nord “scippa” 50 milioni all’anno alla Calabria
LAMEZIA TERME Quando il documento è arrivato sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni è stato difficile ignorare il brusio. Una “bomba” scagliata dalla Calabria sui conti della sanità pubblica non si era mai vista, con la Regione di solito relegata al ruolo di comparsa. E di ultima della classe: sul debito e sulle cifre della migrazione sanitaria. Dopo gli approfondimenti disposti dal dipartimento Tutela della Salute, l’immagine della “pecora nera” potrebbe essere per lo meno ridimensionata. Perché le cifre parlano chiaro, per quanto i controlli siano ancora all’inizio: la mobilità passiva è stata “dopata” per anni. Pur in presenza di numeri importanti, l’emorragia di calabresi che si curano fuori regione sarebbe molto meno pronunciata di quanto racconta la contabilità ufficiale. LA MOBILITÀ PASSIVA È “DOPATA” «Per gli anni 2018 e precedenti – scrive il direttore generale Antonio Belcastro – l’assenza di controlli e le mancate contestazioni da parte della Regione Calabria, e alcuni comportamenti opportunistici, hanno determinato saldi di mobilità passiva recanti addebiti verosimilmente inappropriati, quantificabili in circa 50 milioni di euro per ciascuna annualità». È difficile, in questa fase, quantificare esattamente lo “scippo”, questo misto di inefficienza calabra e “opportunismo” extraregionale. Ma la prassi appare consolidata, si trascina «da molti anni» – spiegano dalla Regione –, e dunque non è eccessivo stimare i fondi spariti dalle casse della sanità calabrese (e ricomparsi nei bilanci di altre Regioni) in mezzo miliardo di euro, forse anche di più. UNO “SCIPPO” DA 50 MILIONI ALL’ANNO Il lavoro del dipartimento si va aggiornando di giorno in giorno, come dimostrano i documenti consultati dal Corriere della Calabria. Tant’è che una prima stima inviata alla Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni il 6 febbraio quantificava il surplus di mobilità in 36 milioni riferiti al solo flusso dei ricoveri e, nel giro di sei giorni, è stata riaggiornata a 50 milioni tenendo conto anche di inappropriatezze nelle cifre riferite alla specialistica ambulatoriale. Belcastro sottilinea nella lettera inviata agli assessori delle Regioni Piemonte ed Emilia Romagna (rispettivamente coordinatore e vice coordinatore della Commissione Salute) che «tale circostanza (il doping della mobilità passiva, ndr), evidenzia come la Regione Calabria abbia di fatto dovuto sostenere negli anni pregressi la gestione del proprio Sistema sanitario regionale con livelli di finanziamento inferiori a quanto effettivamente necessario per garantire il rispetto dell’equilibrio economico e, in considerazione del vigente regime di commissariamento, del Conto economico programmatico del Piano di rientro». CORRERE AI RIPARI Il ragionamento, ovviamente, non è fine a se stesso, ma si inserisce nella fase – delicata come sempre – della sanità calabrese. La cui situazione – sono sempre parole di Belcastro – «lascia presagire – dopo diversi esercizi in cui è stato garantito l’equilibrio di bilancio, seppure attraverso la massimizzazione delle aliquote – un potenziale disavanzo eccedente dette coperture, che porterebbe all’applicazione delle “extra aliquote” e al blocco del turn-over del personale, circostanze entrambe da evitare, pena l’implosione di tutto il sistema». Basterebbe recuperare una parte di quelle somme per scongiurare rischi devastanti. Ed è per questo che la Regione ha intenzione di riportare la questione sul tavolo nazionale. Si è già visto un primo risultato (seppure piccolo, rispetto ai numeri in ballo): nell’ultima ripartizione del Fondo sanitario nazionale, la Calabria ha registrato un abbattimento del conguaglio di mobilità passiva 2014 pari a 8 milioni di euro. Ma il percorso per il riconoscimento dello “scippo” è ancora lungo. E il dipartimento Tutela della Salute chiede l’inserimento di «un correttivo specifico» basato sulla nuova analisi dei flussi. IL METODO La comunicazione che ha sollevato il caso risale allo scorso 6 febbraio. Si tratta di una relazione preliminare dell’analisi della “Mobilità sanitaria interregionale” per l’anno 2017. E si occupa soltanto dei ricoveri ospedalieri e in day hospital. Mentre segnala che «è in fase di avanzato approfondimento l’analisi dello stesso flusso, così come quella relativa agli altri flussi finanziari» che riguardano la specialistica ambulatoriale e la somministrazione diretta di farmaci. La prima riflessione riguarda proprio la mancanza di controlli. «I flussi economici della mobilità sanitaria – scrivono dal dipartimento regionale – finora si sono limitati, da parte della Regione, agli importi di crediti, debiti e saldi per ciascuna Regione, senza alcuna analisi, contestazione sostanziale, ovvero controlli di qualità e appropriatezza». Ora, invece, i controlli (e i dati) ci sono e non solo «rappresentano il vero motivo dello squilibrio finanziario» ma «individuano comportamenti opportunistici e non solo» da parte delle altre Regioni. Alla cifra iniziale di 36 milioni di euro “scomparsi” senza ragione dalle casse della sanità regionale (cifra poi corretta a 50 milioni, come abbiamo spiegato) si arriva sommando prestazioni che vengono considerate «inappropriate», servizi per i quali secondo la Regione appare difficile chiedere rimborsi da parte di altre Regioni e poi errori come «identificativi assenti, comuni di residenza non calabresi, ricoveri doppi, ricoveri ripetuti e ravvicinati, servizi chemioterapici a tariffa piena e non abbattuta al 90%». E anche «anagrafiche con comune di residenza non congruo» per 2,2 milioni di euro e «anagrafiche non residenti in Calabria» per 2,4 milioni. Sono dati che derivano da un’analisi su 222 milioni di euro di mobilità passiva riferita ai ricoveri (su un totale di 301), il 57% dei quali ha come destinazione Lombardia (che fa la parte del leone con il 20% di mobilità passiva “recepita”), Lazio, Emilia e Sicilia. Ed è probabile che il brusio nella riunione della Conferenza della Regioni arrivasse proprio dai rappresentanti di quei territori.

Pablo Petrasso p.petrasso@corrierecal.it

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