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Corigliano, le minacce dei “padroni” delle case popolari: «Ti ammazzo»

I tre pregiudicati arrestati, secondo la Dda, si sono impadroniti delle abitazioni assegnate ad altri e sono anche arrivati a chiudere una strada pubblica per fare una grigliata. E ai legittimi pro…

Pubblicato il: 18/03/2019 – 17:40
Corigliano, le minacce dei “padroni” delle case popolari: «Ti ammazzo»

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
Si comportavano come i padroni del quartiere. Non occupavano solo case che non gli spettavano ma erano arrivati a chiudere una strada pubblica senza fare passare nessuno perché dovevano fare una grigliata. Così alcuni testimoni hanno descritto il comportamento di Giacomo Pagnotta, di 44 anni, Francesco Sabino (28) e Marco Giuseppe Vitelli (24), arrestati lunedì mattina dai carabinieri di Corigliano Rossano (qui le dichiarazioni del capitano Cesare Calascibetta) per avere minacciato con il metodo mafioso i legittimi assegnatari di un alloggio popolare per allontanarli dalle abitazioni e sistemarvi i propri congiunti. «Ti picchio, ti ammazzo, ora basta perché la casa è della ragazza». E ancora: «Stai attento perché non hai a che fare con un pincopallino qualsiasi». A proferire queste frasi nei confronti di una persona alla quale era stato assegnato un alloggio popolare a Corigliano sono stati – stando alle ricostruzioni dei carabinieri della locale Compagnia, coordinati dalla Dda di Catanzaro – Pagnotta, Sabino e Vitelli. I tre, avrebbero agito per conto di Francesca Zangaro che è indagata nella medesima inchiesta. La ragazza, 23 anni, aveva abusivamente occupato l’alloggio popolare destinato ad altri già a luglio 2018. Al gestore di fatto dell’alloggio venivano rivolte, secondo l’accusa, «frasi contenenti esplicite minacce di morte e di violenza fisica ai suoi danni».
La pretesa di tenersi l’alloggio popolare «era motivata dalla circostanza per cui Francesca Zangaro era “la figlia di Marcello Zangaro e la nipote di Leonardo Linardi”, quest’ultimo noto pluripregiudicato del luogo con precedenti anche per associazione mafiosa». Le frasi minacciose, secondo le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Alessandro Riello, sarebbero state proferite il 30 luglio 2018 da Pagnotta, Sabino e Vitelli su mandato di Zangaro. Pronunciando quelle frasi secondo gli inquirenti si voleva impedire che i legittimi assegnatari provassero a ottenere quello che era un loro diritto. E per passare dalle parole ai fatti la porta del garage e quella di ingresso dell’alloggio erano state praticamente rese inservibili.
Secondo il gip distrettuale Paolo Mariotti, che ha emesso l’ordinanza di arresto, «la ricostruzione dei fatti contenuta nella richiesta dal pm si appalesa coerente e insuscettibile di interpretazioni o ricostruzioni alternative».
LA DENUNCIA I legittimi assegnatari, però, non si sono arresi e hanno bussato alle porte delle forze dell’ordine e della Procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, con una denuncia supportata dalle testimonianze di coloro che hanno confermato quanto stava accadendo, ossia che i tre «“si stanno appropriando di case vuote per occuparle o farle occupare da terzi” e che “si stanno comportando come se fossero padroni del quartiere, tant’è vero che due giorni fa hanno addirittura occupato la strada non facendo passare alcuna macchina ed allestendo una grigliata lì con le loro famiglie”». In più la Guardia di finanza di Corigliano il 30 luglio 2018 ha potuto appurare che nell’appartamento in questione abitavano abusivamente e arbitrariamente Francesca Zangaro, i suoi tre figli e la suocera.
Secondo il gip il legame tra Francesca Zangaro e Pagnotta, Vitelli e Sabino «è reso evidente dal fatto che gli ultimi tre si presentavano nello stabile» dopo che il legittimo assegnatario «aveva impedito l’afflusso di acqua corrente verso l’abitazione e, dopo averlo visto, se ne allontanavano non prima di aver tentato di forzare la porta del garage»; in quell’occasione Sabino spiegava alla persona offesa che «è stata la padrona di casa a dirci di scassinare il magazzino».
«Appare dunque chiaro – scrive il gip – che Giacomo Pagnotta, Marco Vitelli e Francesco Sabino erano stati chiamati proprio da Francesca Zangaro per riattivare l’acqua corrente, anche attraverso il danneggiamento della porta del garage, che la persona offesa aveva appositamente chiuso». Ma non vi sarebbero indizi abbastanza gravi da dimostrare che Zangaro, per la quale non è stata adottata nessuna misura cautelare, avesse chiesto ai tre di raggiungere il garage per minacciare la persona offesa. I tre, secondo il giudice, sono stati certamente chiamati per riattivare l’acqua ma non era prevedibile che giunti al garage incontrassero il legittimo assegnatario, essendosi recati sul posto per riattivare l’acqua tramite il danneggiamento della porta del garage. La vicenda avrebbe preso una brutta piega quando le due parti si sono trovate faccia a faccia. «Uno sviluppo imprevedibile della vicenda», secondo il gip.
Gli indagati sono, a vario titolo, accusati di estorsione, minacce, invasione di terreni o edifici, deturpamento e imbrattamento di cose altrui, danneggiamento. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso perché, secondo l’accusa, gli indagati si sono avvalsi della forza di intimidazione dell’associazione di tipo mafioso facente capo a Leonardo Linardi.
I PRECEDENTI Giacomo Pagnotta risulta essere condannato in via definitiva per minaccia, spaccio o detenzione di sostanze stupefacenti, lesioni personali e minaccia, associazione dedita al narcotraffico, con ruolo apicale, associazione dedita al narcotraffico, con ruolo di partecipe, ed un episodio di spaccio o detenzione di sostanze stupefacenti e, nel certificato dei carichi pendenti, risulta un precedente non definitivo per il reato di associazione mafiosa. Marco Vitelli risulta essere già condannato in via definitiva per il reato di furto aggravato mentre Francesco Sabino risulta essere già condannato in via definitiva per il reato di violenza privata.

a.truzzolillo@corrierecal.it

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