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Soffocò la figlia di sette mesi, assolta: «Incapace di intendere e volere»

I magistrati del Tribunale di Catanzaro confermano il verdetto di primo grado. Giovanna Lionetti soffriva di una grave depressione post parto

Pubblicato il: 21/03/2019 – 10:46
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COSENZA Anche in Appello Giovanna Lionetti è scagionata dall’accusa dell’omicidio della figlia. Il 20 febbraio del 2016 l’ha soffocata con un cuscino aspettando che esalasse l’ultimo respiro. Per il delitto della bimba di appena sette mesi, solo una vittoria in punta di diritto, perché di base anche i giudici del tribunale di appello accolgono in pieno la tesi del tribunale di Cosenza che aveva dichiarato l’imputata totalmente incapace di intendere e di volere. Libera e riabilitata alla vita sociale, ma la biologa dentro di sé porta il fardello di uno degli episodi che fecero più scalpore nell’area urbana di Cosenza. Come dimostrato attraverso le perizie nel corso del dibattimento del giudizio di primo grado, nei giorni in cui si consumò l’infanticidio, Giovanna Lionetti soffriva di una forte depressione post partum. Come ricostruito dagli inquirenti, il 20 febbraio di tre anni fa, bambina piangeva tanto, viveva la routine di tutti i neonati. Routine che si interrompe quando la madre decide che il modo migliore per farla smettere di piangere sia premerle il cuscino in faccia. «Ho risolto il problema» comunica al marito telefonicamente ma, l’uomo, nonostante ritorni subito a casa altro non può fare che vedere la figlia inerme. Morta. Per la giovane professionista inizia da quel momento il calvario che oggi a distanza di tempo e con la mente lucida diventa sempre più dura. I suoi avvocati –Marcello Manna e Giuseppina Pezzi- discutono il caso davanti ai giudici, lei fa i conti con la malattia in una clinica psichiatrica. La non colpevolezza della donna è dimostrata dalla perizia disposta dal giudice che è uguale a quella prodotta dal collegio difensivo, la tesi della procura di un vizio parziale di mente è bollata dal tribunale di primo e di secondo grado. (mi.pr.)
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