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CAFFÈ EUROPE | «Un modello culturale costruito sulla birra»

di Salvatore Scalzo

Pubblicato il: 15/07/2019 – 11:47
CAFFÈ EUROPE | «Un modello culturale costruito sulla birra»


In questo appuntamento parleremo di modi e forme visionarie di combinare tradizione e innovazione, che riescono ad attualizzare valori e culture secolari proiettandoli con successo nel terzo millennio, così da renderli adatti e appetibili alle nuove generazioni e alle nuove comunità, rinnovando così la loro forza nel tempo.
La storia è quella del “Beer Project” a Bruxelles. Una storia abbastanza recente visto che il progetto nasce solamente nel 2013, cioè appena sei anni fa.
I protagonisti sono Sebastien e Olivier. I due si incontrano in Canada, durante un programma di scambi culturali, dopo aver lavorato per diversi anni, uno nel settore finanziario e l’altro nel marketing. Qui si accorgono di avere in comune la passione per la tradizione birraia belga. Nasce così il desiderio e l’ambizione di essere i creatori di un progetto imprenditoriale innovativo. Insomma decidono di lanciare il cuore oltre l’ostacolo.
E, per l’appunto, il Brussels Beer Project è realtà all’inizio dell’estate 2013.
Quale sia l’elemento della tradizione che permea il progetto è evidente. La grande cultura e pratica centenaria di produzione della birra in Belgio, che ha creato e cementato marchi conosciuti in tutto il mondo, nonché stili e tecniche di produzione, come quelli relativi alle birre trappiste, prodotte dai monaci in un limitato numero di monasteri.
Ma la tradizione si ferma qui. Quello che è poi interessante vedere sono i punti di novità e modernità apportati dal Beer Project, che ne qualificano la carica creativa e innovante. Ne voglio citare quattro che mi sembrano fondamentali e oltremodo interessanti.
Il primo è il sistema di finanziamento e di funzionamento.
La nascita e il consolidamento del progetto ha sposato l’innovativo metodo del crowdfunding. Il Beer Project ha ideato, tra varie forme di crowdfunding, un’originalissima formula di “Beer for Life”, attraverso la quale, chi ha interesse, con un modico finanziamento una-tantum di 180 euro, oltre a divenire parte della comunità riconosciuta dei finanziatori, acquisisce il diritto a ricevere ogni anno 12 bottiglie di birra oltre ad uno sconto su tutta la gamma di birra prodotta. Si contano ad oggi circa 4000 appassionati crowdfunders, che hanno rappresentato la spina dorsale per la nascita e la crescita dell’iniziativa. Ma, e qui sta un altro elemento molto interessante, i crowdfunders, oltre ad aver apportato un contributo finanziario importante, sono chiamati ad essere protagonisti delle scelte commerciali del progetto stesso. Infatti, in alcune partecipatissime giornate di degustazione organizzate ogni anno, i crowdfunders sono chiamati a votare, tra i prototipi di nuove birre sviluppati, quelli che saranno l’oggetto del successivo lancio commerciale.
Il secondo è il cambio dei luoghi.
La birra, anche in Belgio, è spesso associata ad un luogo di produzione in genere rurale. Addirittura, l’importanza assunta dal marchio trappista, suggerisce all’immaginario collettivo un luogo di produzione per la birra molto riservato, silenzioso, contemplativo. Il Brussels Beer Project cambia radicalmente registro. Infatti una delle prime decisioni dei due fondatori è quella di fare della città il teatro della loro iniziativa. Il messaggio, molto visibile sul loro sito e nei documenti di presentazione, a tal proposito, è chiarissimo e suona pressappoco così: “Nessuna Abbazia. Ma Bruxelles: cosmopolita, contemporanea, vibrante”. Il luogo prescelto è infatti un locale a ridosso del canale della capitale Belga, in Rue Dansaert, una delle zone più vissute del centro. Uno spazio di 500 metri quadrati dove vengono allestite tutte le attrezzature che verranno poi impiegate per la produzione dei prototipi di birra. Uno spazio che si apre alla piacevole consumazione da parte di una clientela varia, con alcuni dei tavoli posizionati proprio a due poassi dai macchinari. Uno spazio che è anche formativo, dove apprendere molto di più sui metodi di produzione della birra in generale e sull’originalità e storia dei modelli sperimentali di birra sviluppati dal Beer Project nell’anno corrente. Uno spazio che è infine collaborativo, aprendosi all’incontro con associazioni, esperti e altri produttori.
Il terzo è la circolarità del modello produttivo proposto.
“Dalla birra al pane e dal pane alla birra”, si potrebbe dire. Per il Beer Project la lotta contro lo spreco alimentare e la costruzione di un modello circolare sono obiettivi primari. La birra Babylone è stato il prototipo prodotto a partire da pane fresco rimasto invenduto. Inoltre, grazie ad una collaborazione tra il centro birraio e alcune panetterie artigianali della capitale belga, gli avanzi di malto, dopo la fermentazione, vengono trasformati in pane.
Il quarto è lo stile birraio.
Beh. Il Beer Project persegue una dimensione aperta nella creazione del prodotto, dove la tradizione belga si rafforza attraverso la contaminazione con gusti e sapori di altre culture e mondi. Un esempio è quello della birra Babeleir, con retrogusto di ostrica e cioccolato. Dove il retrogusto d’ostrica ricalca alcune birre tipiche irlandesi e neozelandesi ed è stato realizzato con ostriche importate dalla Bretagna francese. Eppure, come da manifesto, la contaminazione e l’apertura della fase creativa rimangono estremamente controllati e monitorati. Rappresentano un veicolo dinamico per migliorare il prodotto, con ritocchi e aggiunte sapienti che non snaturano il know-how della tradizione, ma arricchiscono l’immaginario del gusto, rendendo il prodotto più apprezzabile e appetibile ad un’universo sempre più ampio e più distante.
Il Beer Project in soli sei anni ha guadagnato una sfilza importante di riconoscimenti nel settore, ha decuplicato il numero degli effettivi, costruito attorno a se una grande e attiva comunità, con una rete fitta di rivenditori selezionati in Belgio oltre che centri di degustazione a Parigi e a Tokyo. Cosa ancora più importante, il Beer Project non è solo un’impresa economica ma anche culturale a tutti gli effetti, segnando un cambio e insieme una rottura significativi nel modo di produzione e commercializzazione della birra.
Esempi come il Beer Project schiudono, in una scala certamente limitata, ma senz’altro significativa, le porte di ciò che ritengo una delle grandi sfide che regioni come la Calabria si trovano ad affrontare. La costruzione del valore a partire dall’asset più importante, ma anche più fragile, di una regione come la nostra: la storia e la tradizione. E’ una sfida che chiama alla sapiente e misurata combinazione d’innovazione e tradizione. Dove la tradizione non deve diventare retorica spenta, fiacca, decadente. Dove l’innovazione non deve essere né acritica, né disinvolta fino a deformare la tradizione o a banalizzarla. Tanti buoni esempi gia’ esistono nella nostra terra. Ma servono migliaia di “avventure”, migliaia di piccole, medie e grandi imprese, individuali e non, in tutti i campi dell’economia e del sapere, chiamate ad intraprendere questo tipo di sfida. Che si vince con l’intelligenza, con la preparazione culturale e professionale, con la metodicità, con il coraggio, un coraggio simile a quello di Sebastien e Olivier, i due giovani protagonisti di questa storia.
Arrivederci alla settimana del 29 luglio per la prossima puntata.

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