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Imprenditori “strozzati” dall'usura, pioggia di condanne nella Locride
Riconosciuta la colpevolezza di 21 persone. Il processo “Typographic Acero” è nato dalle denunce del testimone Nicodemo Panetta. L’inchiesta ha svelato il racket diretto dagli uomini delle principali…
Pubblicato il: 26/07/2019 – 17:48
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di Alessia Truzzolillo
LOCRI Il Tribunale collegiale di Locri, presieduto da Fulvio Accurso, ha messo sentenza nei confronti di oltre 30 persone persone imputate nel procedimento denominato “Typographic Acero” nato dalle denunce del testimone di giustizia Nicodemo Panetta, imprenditore del settore tipografico. Gli imputati rispondono, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura ed esercizio abusivo del credito. Il Tribunale ha comminato 21 condanne – dai 25 anni a un anno di reclusione – e 10 assoluzioni.
LA SENTENZA Nello specifico sono stati condannati Francesco Barbiero, 4 anni di reclusione e 9000 euro di multa; Salvatore Buttiglieri, un anno 4 mesi e 2.800 euro di multa; Luigi Cherubino, 9 anni e 11mila euro di multa; Rocco De Masi, 5 anni e 10mila euro di multa; Giuseppe De Masi, 4 anni e 9mila euro di multa; Corrado Franzè, 4 anni e 6 mesi e 10mila euro di multa; Rocco Fortunio, 5 anni e 11mila euro di multa; Carlo Jerinò, 4 anni, 6 mesi e 10mila euro di multa; Maria Jerinò, 4 anni, 6 mesi e 10mila euro di multa; Giuseppe Vincenzo Infusini, 11 anni, 10 mesi e 11mila euro di multa; Maurizio Logozzo, 4 anni, 6 mesi e 10mila euro di multa; Rocco Macrì, 4 anni e 9mila euro di multa; Vincenzo Mesiti, 6 anni, 6 mesi e 12.500 euro di multa; Rocco Novembre, un anno di reclusione, pena sospesa; Rocco Oppedisano, un anno, 6 mesi, pena sospesa; Rocco Rodinò, 13 anni, 6 mesi e 17mila euro di multa; Salvatore Rodinò, 13 anni e 16.500 euro di multa; Pasquale Scali, 6 anni, 6 mesi e 12mila euro di multa; Nicola Antonio Simonetta, 6 anni e 10mila euro di multa; Santa Ursini, 4 anni, 6 mesi e 10mila euro di multa.
Assolti Vincenzo Parrelli, Giuseppe Lupoi, Giuseppe Loccisano, Vincenzo Sainato, Pasquale Zavaglia, Teresa Oppedisano, Salvatore Prota, Filippo Benci, Luigi Racco, Giorgio Jerinò.
L’INCHIESTA Scaturita dalle dichiarazioni del testimone di giustizia Nicodemo Panetta, imprenditore del settore tipografico, assistito dall’avvocato Michele Gigliotti, e ammesso come parte civile nel procedimento, l’inchiesta ha permesso di svelare un vasto giro di usura, controllato dagli uomini contigui alle cosche di ‘ndrangheta operanti nei comuni della fascia ionica della Locride: gli Ursino-Macrì e Jerinò di Gioiosa Jonica; i Rumbo-Galea-Figliomeni di Siderno; i Bruzzese di Grotteria ed i Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica. Le successive indagini hanno permesso di ricostruire la struttura del “locale” di ‘ndrangheta di Gioiosa Ionica, riconducibile alle famiglie Ursino-Macrì-Jerinò. I clan – ha svelato l’indagine – applicavano interessi usurari oscillanti tra il 50% ed il 500% annuale.
Parti civili in questo procedimento si sono costituite, inoltre, la Regione Calabria, la città metropolitana di Reggio Calabria, il Comune di Gioiosa Jonica, la fondazione antiusura “Interesse uomo”, di don Marcello Cozzi, rappresentata dall’avvocato Josè Toscano, e l’ex fondazione “Paolo Borsellino” con l’avvocato Marco Cartisano.
L’INFORMATIVA DELLA FINANZA L’attività investigativa è stata condotta dai militari della Guardia di finanza di Locri che a maggio del 2015, con una informativa di oltre 2000 pagine, hanno comunicato al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Antonio De Bernardo (attualmente sostituto procuratore a Catanzaro), le risultanze delle proprie indagini che sono partite il 13 marzo 2013 da una iniziale denuncia presentata «da parte di un imprenditore di Gioiosa Jonica operante nel settore tipografico, il quale ha delineato una complessa attività di usura posta in essere ai suoi danni da più soggetti appartenenti e/o vicini ad alcune cosche di ‘ndrangheta operanti nei Comuni della fascia Jonica della Locride, quali “Ursino-Macrì” e “Jerinò” di Gioiosa Jonica, “Rumbo-Galea-Figliomeni” di Siderno, “Bruzzese” di Grotteria, “Mazzaferro” di Marina di Gioiosa Jonica».
Nicodemo Panetta si presenta con una corposa documentazione bancaria ed extracontabile. Dalle indagini della Guardia di finanza, e dalle intercettazioni, emergono i nomi di decine di altre vittime di usura ed esercizio abusivo del credito. Diversi erano i metodi che gli usurai adoperavano per vessare le proprie vittime.
Uno di questi consisteva nel far comprare una macchina alla persona offesa, che si accollava il finanziamento a scadenza mensile, ricomprarla a un prezzo irrisorio per poi rivenderla a una cifra maggiore. Gli investigatori non hanno dubbi: emerge chiaramente che «uno dei mezzi maggiormente utilizzati dalle consorterie mafiose per ripulire il denaro illecitamente guadagnato è quello di prestare soldi a piccoli imprenditori e privati cittadini che versano in difficoltà economiche, ad interessi esorbitanti. Così facendo le organizzazioni criminali conseguono il duplice vantaggio di impiegare in modo redditizio i proventi di altre attività delittuose e di penetrare e controllare ulteriormente il tessuto economico e sociale della zona di influenza». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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