Un particolare, positivo, emerge forte dalla crisi di governo che il Paese sta attraversando: gli italiani non si lasciano più incantare da chi tenta di rigenerare scorie del fascismo.
Le vicende politiche che si stanno susseguendo offrono uno spaccato di quanto sia impossibile pensare che si possano travasare idee antidemocratiche nel sistema che da oltre settanta anni indica come l’Italia abbia abiurato tutto ciò che possa avere qualcosa che abbia a che vedere con la dittatura o con suoi surrogati. Dopotutto è stata proprio questa la chiave dell’azione politica avviata dal nostro Paese per lasciare intendere chiaramente che rifiuta l’isolamento dai principi e dai valori dell’Europa unita.
È stata così posta una pietra miliare per ribadire che il grande Paese-Italia intende rafforzare il rapporto con gli altri Stati della Comunità indicando la rotta che vuole seguire per risolvere la crisi mantenendo la barra del confronto diritta tra due forze politiche che, sulla carta, erano destinate a non avere una pur minima possibilità di successo.
Partito democratico e Movimento 5 Stelle, invece, dimostrano di marciare spediti per realizzare insieme una maggioranza che assicuri una guida sicura e innovativa all’Italia.
L’ipotesi di un governo “giallo-rosso” cresce giorno dopo giorno ed è assai probabile che trovi l’intesa feconda a dimostrazione che con la volontà e l’impegno si possono raggiungere traguardi fino a pochi giorni fa impensabili. Il “merito” di questa svolta per alcuni aspetti epocale va riconosciuto a Salvini per avere determinato la crisi nel modo più suggestivo e inconsueto con il quale poteva nascere. Gli italiani gli devono riconoscenza per aver costretto la Lega ad abbandonare l’alleanza di governo senza rendersi conto che stava sbagliando i calcoli e causando lo scompenso per la sua parte politica.
Una crisi che ha avuto anche il merito di fare in modo che i pochi che ancora non avevano avuto l’occasione di conoscere il personaggio Salvini si rendessero conto che si trattava di un uomo al quale era stato suggerito, e lui l’ha attuato, di sfruttare ogni cosa pur di fare emergere la sua figura. Così non ha avuto riguardo neanche per il “Rosario” mentre ordinava alle forze dell’ordine di tenere fuori dalle acque territoriali le navi che avevano a bordo migranti raccolti tra i flutti del Mediterraneo. Ecco, questo è Salvini!
L’altro, quello politico, è stato costruito da una squadra che ha curato fin nei minimi particolari la macchina della propaganda, prima gravando sulle spese della Lega, poi, quando il Segretario è diventato ministro, su quelle dello Stato. Con la differenza – per come ha denunziato Tommaso Rodano sul “Fatto Quotidiano” di qualche giorno fa – che prima l’”organizzazione” costava alla Lega 170mila euro all’anno mentre, da quando è lo Stato a pagare le sei persone dello staff, il costo, manco a dirlo, è lievitato fino alla ragguardevole cifra di 316 mila euro l’anno.
Vengono in mente i dipendenti di Fincalabra, con una laurea in tasca e responsabilità ragguardevoli connesse alle mansioni del lavoro per una Società che è strumento tecnico e operativo della Regione Calabria e che gestisce i fondi comunitari per l’attuazione delle politiche di sviluppo economico. Lo stipendio, per ben due volte decurtato piuttosto che incrementato, oggi è meno della metà rispetto al più “modesto” tra quelli che suggeriscono parole, atteggiamenti e abbigliamento al ministro per le sue comparse in pubblico.
La squadra di Salvini si arricchisce anche di altre nove persone che stazionano negli uffici di Palazzo Chigi il cui costo complessivo per lo Stato sarebbe di 623mila euro l’anno.
Per effetto della crisi di Governo la spesa per la comunicazione del ministro dell’Interno non potrà più ricadere sulle casse pubbliche. Tanto meno sarà possibile alla Lega, che non naviga in acque calme, assumersi l’impegno di spesa dovendo pensare a come fare per restituire le rate dei 49 milioni all’erario.
Chi curerà adesso l’immagine di Salvini? Se è vero che il team sia stato l’autentico, unico, motore della campagna della Lega per le Europee facendole raggiungere il 34 per cento del consensi, sarà un dramma doverne fare a meno.
Comunque sia e lasciando alla Lega e al suo Segretario il compito di pensare a sé stessi, non può passare inosservato che Salvini esca dalla scena del Governo senza lasciare ovunque un segno, purtroppo non sempre felice. In Calabria sarà di quelli indelebili. Il riferimento è all’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano tutt’ora esiliato perché “colpevole” di avere accolto nel suo piccolo paese della provincia di Reggio Calabria alcune famiglie di migranti. Lucano paga per non aver resistito, oltre al suo profondo sentimento umanitario, anche al desiderio di veder rinascere il suo vecchio borgo altrimenti destinato a morire. Lucano ha agito da primo cittadino, quindi esercitando i poteri che gli erano conferiti dalla legge quale Ufficiale di Governo di Riace. E, invece, ancora oggi Mimmo Lucano non può mettere piede nel suo paese. Non può stare vicino al padre morente.
Questa vicenda è destinata a rimanere scolpita negli annali della storia del nostro Paese, anch’essa come emblema di una esperienza politica da cancellare!
*giornalista
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