di Maria Rita Galati
CATANZARO «Qualche tempo fa, qualcuno disse che con la cultura non si mangia. Ma con la Cultura non solo si mangia, ma si costruisce lo sviluppo economico e anche sociale di un Paese». E’ il sorriso accogliente del direttore della Filiale della Banca d’Italia di Catanzaro, Sergio Magarelli, ad accogliere la delegazione del Fai – guidata dalla presidente Gloria Samà – in visita nella sede di Largo Serravalle per conoscere l’intervento di restauro, ancora in corso, sul dipinto “Il commercio in Calabria e le promesse del Ministero” di Andrea Cefaly, pittore calabrese (nato a Cortale nel 1827 e morto nel 1907). Ad ascoltare il punto sui lavori di restauro, a conoscere i particolari delle metodologie innovative, della restauratrice ed esperta di conservazione Caterina Bagnato, anche gli studenti del liceo scientifico “Luigi Siciliani” che si sono dimostrati molto partecipi ed interessati. La domanda sorge spontanea: come si collegano due mondi, apparentemente lontani, come quello dell’economia e quello del patrimonio culturale e artistico? La dimensione propria dell’arte sembra, infatti, quasi sia antitetica rispetto alle spinte che portano l’uomo ad operare in campo economico. Ma «nel tempo la Banca ha coniugato lo svolgimento dei compiti istituzionali con l’attenzione a tematiche di rilevanza ambientale e sociale – spiega ancora Magarelli –. La Banca ha nel tempo acquisito una forte consapevolezza dell’importanza di valorizzare il proprio patrimonio architettonico e artistico, che considera un aspetto di rilievo della propria presenza nel Paese». Negli anni ’30, la Banca d’Italia si è impegnata per ricostruire il sistema economico e finanziario italiano dandogli un nuovo assetto e nuove regole. Ma, in quello stesso contesto, si è anche adoperata per evitare la dispersione di una 3 cospicua collezione d’arte già appartenuta all’imprenditore biellese Riccardo Gualino, travolto proprio dalle vicende finanziarie dell’epoca, come ha ben spiegato la dottoressa Graziella Mendicino. La Banca acquisì, quindi, il primo nucleo del suo patrimonio artistico sulla base del principio che per superare la crisi fosse necessario non solo ricostruire le strutture produttive ma anche salvaguardare i beni e i valori culturali messi in pericolo. Il patrimonio di opere si è poi arricchito, nel tempo, di sculture, pitture ed arazzi. È così oggi possibile seguire nei palazzi della Banca percorsi che, dal mondo antico, si inoltrano nel Rinascimento per estendersi al Seicento ed al Settecento. Nella raccolta di opere sono, in particolare, esemplificate le principali diverse tendenze che si sono confrontate tra Ottocento e Novecento e sono presenti opere riferibili al vivacissimo contesto del secondo dopoguerra italiano, con le diversificate espressioni artistiche degli anni sessanta e dei decenni più recenti. Sembra, infatti, che il quadro di Cefaly in via di restauro, sia stato acquisito dalla Banca nel anni ’70 in seguito ad un pignoramento. Attraverso queste acquisizioni si individua un primo legame concreto tra arte ed economia: un’istituzione economica come la Banca ha ritenuto, infatti, coerente con le funzioni di una banca centrale farsi carico del compito di preservare una fetta del patrimonio artistico nazionale e valorizzarne il rilievo culturale e storico all’interno di un’unica collezione. «La bellezza serve ad essere liberi – ammonisce bonariamente il direttore Magarelli -. Liberi di rimanere nella propria terra che deve essere in grado di dare opportunità concrete di futuro, se non ci siete voi – ha detto ancora rivolgendosi agli studenti – non c’è futuro».
x
x