REGGIO CALABRIA «Durante la mia latitanza continuavo a seguire le mie attività economiche». A spiegarlo, deponendo in videoconferenza al processo sulla ‘ndrangheta stragista di Reggio Calabria, è il boss mafioso Giuseppe Graviano. Rispondendo alle domande della Presidente della Corte d’Assise di Reggio Calabria che gli chiede come ha finanziato la sua lunga – e costosa – latitanza, dal 1984 al 1994, il capomafia di Brancaccio spiega che avrebbe seguito i suoi affari «anche da latitante».
«E poi vendevo delle proprietà di mio padre – dice – mandavo la procura a Palermo. L’ultima proprietà l’ho venduta nel 1997, dopo il mio arresto». Poi, parlando della sua latitanza, ha sottolineato di averla trascorsa «tra la Sardegna, Courmayeur a sciare, a Milano» e per breve tempo «anche a Palermo».
«Dal 1984 al 1986 sono stato nel palermitano, a Bagheria, ospite in famiglia – dice ancora Graviano – poi sono stato due anni in Sardegna, nella tenuta di mio zio Carmelo Graviano, nei pressi di Cagliari».
«Nel 1989 ero a Courmayeur – ricorda – poi una tappa a Palermo e il veglione del 1990 l’ho trascorso all’Hotel Quark di Milano, ricordo che c’erano le ballerine sudamericane perché era uscita da poco la canzone famosa ‘Lambada’. Il capodanno successivo l’ho festeggiato a Omegna, nel Milanese, dove ho vissuto fino al mio arresto». «L’ultima volta sono venuto a Palermo nel 1991, poi non sono più venuto». E se c’erano degli «incontri importanti andavo, ad esempio, allo zoosafari vicino Alessandria».
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