ROMA Un uomo d’azione e con grandi esperienze alle spalle. Domenico Arcuri, 56 anni originario di Melito Porto Salvo – scelto dal premier Conte per affiancare Angelo Borrelli, commissario per l’emergenza Coronavirus, nella dura lotta per contrastare il propagarsi del Covid-19 – ha dimostrato sul campo di saper affrontare le sfide difficili. Da 13 anni alla guida di Invitalia – l’ex Sviluppo Italia – è riuscito a far mutare pelle a quella che prima veniva definita da tanti come un enorme carrozzone in cui si caricava di tutto. Da quando ha preso le redini dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, Arcuri è stato capace di “sfoltire” diversi rami secchi e trasformare la struttura da holding stratificata in un’agile agenzia capace di sostenere lo sviluppo e la crescita di società competitive. Dall’inizio della sua azione, infatti, le partecipate collegate ad Invitalia sono passate da 316 a 5. Con una mission affidata all’Agenzia non “di salvare il salvabile” ma di affiancare le aziende. Nel background del manager reggino, la scuola militare della Nunziatello a Napoli e poi una laurea in Economia e commercio alla Luiss di Roma.
Poi l’esperienza sul campo. All’Iri, nella direzione pianificazione e controllo. Arcuri si è impegnato a seguire le aziende del gruppo nei comparti telecomunicazioni, informatica e radiotelevisione. Poi il salto nel 1992 in Pars, joint venture tra Arthur Andersen e GEC nel settore della consulenza ad alto contenuto tecnologico. Ed ancora un passo in avanti nel 2004 come amministratore delegato della Deloitte Consulting. Lì ha dimostrato le sue doti di organizzatore del gruppo visto che è riuscito a rimodellarne la struttura donandole una capacità di offrire consulenza di alto profilo alle grandi aziende e alle pubbliche amministrazioni e renderle competitive. Fino all’ingresso dalla porta principale in Invitalia. È lui che segue negli anni la reindustrializzazione di aree in crisi come quella di Termini Imerese – dopo la scelta di Fiat di abbandonare lo stabilimento palermitano – e la riqualificazione di Bagnoli nell’area Ovest di Napoli. Per queste ultime esperienze maturate, a lui Conte e Patuanelli hanno pensato per affidare il compito di gestire la spinosa vicenda dell’ex Ilva.
Proprio per queste doti – di riuscire a districarsi nelle situazioni più complesse – ora il nuovo complesso impegno: rimettere in piedi rapidamente una logistica sanitaria efficace a fronteggiare quella che si sta rivelando l’epidemia più brutta del ventunesimo secolo. A lui Conte ha affidato il compito operativo di garantire approvvigionamenti rapidi alle aziende sanitarie locali e di spingere le aziende italiane a produrre tutti i materiali – in primis ventilatori polmonari – necessari a combattere questa guerra contro quel nemico invisibile. Conoscendo quanto fatto finora il manager dal sangue reggino avrà già messo in piedi la sua strategia di battaglia. Il primo step è già stato deciso. Arcuri ha dato mandato alla Siare Engineering, l’unica azienda italiana che fabbrica ventilatori per terapia intensiva, di raddoppiare la produzione a Bologna, da 200 a 500 al mese per gestire il probabile picco dei contagi che si verificherà nelle prossime due settimane. Si coordinerà con la Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione, con una visione industriale viste le dimensioni della pandemia acquisendo forniture dall’estero. Il bando Consip prevede l’acquisto di 5 mila apparecchi realizzati da pochi produttori come l’americana Medtronic, la Philips e le tedesche Drager e Maquet. (rds)
x
x