Francesco Mangialavori lo scorso anno divenne noto in tutta Italia per una sua bellissima foto scattata a Civita, uno dei borghi più belli della Calabria, all’interno delle Gole del Raganello, nel cuore del Pollino.
Anche al Corriere della Sera rimasero affascinati dallo scatto: “Calabria, l’uomo che vende le nespole in strada: la dignità del Sud in una foto diventata virale sui social”. Foto dell’anno per il Quotidiano del Sud.
La foto, pubblicata sulla pagina Facebook “Calabria Meravigliosa”, collezionò migliaia di like. Così pure sul profilo personale di Mangialavori.
Nella foto veniva immortalato, in un angolo del centro storico di Civita, un anziano appoggiato ad un muro, a terra una cassetta di nespole e poco altro, poi una piccola bilancia. Un’immagine molto suggestiva, uno scatto fortunatissimo, finito sui grandi giornali nazionali, virale suoi social.
Francesco, fotografo per passione (vincitore di alcuni importanti concorsi fotografici) e calabrese doc, attualmente fa il postino a Milano. E lì è rimasto, al suo posto, con non poco coraggio.
Ieri ha preso carta e penna e ha scritto direttamente al… Coronavirus. E lo ha pure sfidato!
Una lettera per molti aspetti drammatica, dove emerge un senso di angoscia e di paura. Ma alla fine prevale il senso della sfida al virus maledetto. E c’è una promessa: «Sappi che alla fine torneremo a riempire le piazze, i vicoli, le spiagge e le vette dello Stivale senza la paura di respirarti ad un tratto».
La lettera è bellissima e si legge d’un fiato.
Lettera di un postino a te
Sì a te, Covid maledetto
“Sai, Covid, non pensavo di riuscire a scrivere a qualcosa di invisibile. Pochi mesi fa mi avrebbero preso per matto, esagerato, un po’ svitato oltre che agitato. Sì, certo, qualche anno fa forse per altri motivi l’ho fatto, ma non eri tu, è bastato un vaffanculo per tornare ad essere libero di decidere il mio tempo, di riprenderlo in mano, riempirlo e provare a costruire il futuro che penso merito. Pensavo di conoscere i pericoli, tutti o quasi, come molti di noi, e invece…”
“E invece non credevo di poter avere paura incrociando qualcosa o qualcuno, io che sono sempre stato osservatore di oggetti e gesti. Al massimo avevo avuto paura di me stesso, ma allo stesso tempo sapevo che la forza ero io stesso ed il mio sorriso. Il sorriso, si, che non credevo di dover nascondere indossando una mascherina, non potendo nemmeno ricevere quello degli altri sempre a causa di un pezza. A quest’ultima, dicono, dobbiamo parte della protezione da te quando, costretti, abbiamo bisogno di guardarci con sospetto a distanza, fuori dalle quattro mura in una illusoria libertà momentanea.”
“La sensazione, però, è che non basta metterci una pezza con te, coprendo un buco da te creato nella nostra bandiera che da sempre è sinonimo di bellezza, cultura, storia. Ecco, la sensazione è che la stai sfilacciando, la bandiera italiana, separando le mani di tutti noi che uniti componiamo i fili verdi, bianchi e rossi; che ci stai togliendo il respiro rinchiuso nei nostri corpi come un perfetto parassita; che ci stai costingendo blindati nelle nostre case. Ti stai portando via i nostri cari nel modo più becero, tenendoci lontani nel momento peggiore per renderlo peggiore e mettendo in pericolo anche chi cerca di salvarli”.
Sai, io come altri stiamo lavorando nonostante la tua presenza invisibile, per questo Paese, per noi. Covid, ti chiami: hai il nome come se fossi una catena di supermercati, forse come quello di una carta sconto, ma alla fine di sconti non ne fai a nessuno. Vero? Sappi, però, che torneremo dopo questa tragedia umana, sanitaria ed economica a vivere la nostra Italia, a suonare i citofoni sorridendo alla gente o agli amici senza la paura di trovarti su un tasto, a riempire le piazze, i vicoli, le spiagge e le vette dello Stivale senza la paura di respirarti ad un tratto. Sappi che i pacchi li portiamo e li porteremo noi. E che nessuno deve tirarceli alle spalle”.
*Giornalista, già parlamentare
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