CATANZARO «La Calabre se prépare à affronter l’épidémie avec les moyens du bord». Traduzione più o meno letterale: «La Calabria si prepara ad affrontare l’epidemia con i mezzi che ha». È questo il senso di un articolo che questa mattina il francese “Le Monde”, uno degli organi di informazione più importanti d’Europa, ha dedicato alla Calabria alle prese con l’emergenza Coronavirus. In un servizio del corrispondente da Roma Jerome Gautheret, c’è la descrizione di una Calabria finora «relativamente risparmiata» dal Covid-19 ma con un’infrastrutturazione sanitaria assolutamente inadeguata nel caso di esplosione del contagio.
“Le Monde” ricostruisce le prime fasi della comparsa del Coronavirus in terra calabrese, con il “paziente zero” che – scrive «è noto», un calabrese residente da anni a Casalpusterlengo che torna a Cetraro agli inizi di febbraio, quindi riporta le parole del dg del Dipartimento regionale Tutela della salute Antonio Belcastro, che ripercorre le misure adottate dalla Regione (come quelle di chiusura dei Comuni “focolaio”) e ribadisce il fatto che la stragrande maggioranza dei positivi in Calabria è collegata a persone arrivate dalle zone rosse del Nord.
C’è poi, su “Le Monde”, la testimonianza dello scrittore Mimmo Gangemi, che parla dei quattro nuovi ospedali mai costruiti, e ancora la testimonianza del capo dipartimento di Malattie infettive dell’ospedale di Reggio Calabria, Pino Foti, che rimarca gli sforzi fatti per prepararsi all’emergenza. Il problema resta quello della dotazione di strumenti e materiali idoonei, e qui “Le Monde” riprende le parole della governatrice Jole Santelli, secondo la quale «ci sono due Italie», quella del contagio dilagante e quella che – come la Calabria – cerca di sfuggire al contagio ma che riceve dallo Stato il 10% soltanto delle strumentazioni. In ogni caso – spiega il servizio di “Le Monde” – «il controllo sociale è in pieno svolgimento». «”Tutti qui si conoscono, si nota immediatamente se qualcuno è fuori e non dovrebbe”, ricorda ancora Gangemi. “Nel mio villaggio di Aspromonte due famiglie tornarono dalla zona di Milano al momento del confino. I residenti vennero per chiedere loro di non uscire. Non c’era bisogno di violenza: sono avvertiti, non escono”». (c. ant.)
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