di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Messe da parte le battaglie territoriali e l’inutile anacronistico campanilismo, a Lamezia Terme è tempo di fare i conti con la realtà. Già perché la scelta quasi certa (in assenza di documenti ufficiali) di celebrare l’attesissimo maxi processo “Rinascita-Scott” nei locali della Fondazione Terina nell’area ex-Sir lametina non sembra aver diviso solo due città, accomunate da ambizioni egemoniche sull’area centrale della Calabria, ma anche (e soprattutto) la politica interna e, in questo caso, la maggioranza capitanata dal sindaco Paolo Mascaro e che guida il Comune da poco più di sei mesi.
MAGGIORANZA DIVISA Un dubbio diventato poco meno di una certezza dopo aver analizzato alcune mosse che non sono passate certo inosservate e che hanno messo in evidenza l’ennesimo segnale di debolezza di una governance spesso divisa su temi cruciali che riguardano proprio la città.
Tra queste, la diffusione di un comunicato firmato “solo” da Giancarlo Nicotera, Rosy Rubino, Alessandro Saullo e Anna Caruso, quattro dei consiglieri di maggioranza.
Dagli altri, invece e fino ad ora, nessuna parola o una netta presa di posizione espressa pubblicamente.
IL SILENZIO DI MASCARO Un silenzio che fa ancora più rumore se associato a quello dello stesso primo cittadino lametino, Paolo Mascaro, che sul tema del processo “Rinascita-Scott” nell’area ex-Sir non ha espresso, pubblicamente, alcuna opinione. Una posizione certamente scomoda quella di Mascaro, assente anche all’incontro di Roma che ha visto, invece, la presenza in massa di un nutrito gruppo di esponenti politici catanzaresi, fra cui soprattutto l’omologo Sergio Abramo. A legare i due, già da tempo, è un’amicizia che va oltre i confini istituzionali ed è forse per queste ragioni che il primo cittadino lametino ha preferito, almeno per ora, non esprimersi ed evitare frizioni.
LAMEZIA E LA ‘NDRANGHETA Ma, al netto dei silenzi e della poca chiarezza laddove invece questi due aspetti dovrebbero essere maggiormente evidenti, sta di fatto che la possibilità che il maxi processo si celebri proprio a Lamezia rappresenta per la città della Piana la concreta possibilità di rilanciarsi sotto diversi aspetti, e tutti di notevole importanza.
A cominciare dall’immagine pubblica e mediatica della città, sporcata nel corso degli ultimi trent’anni da tre scioglimenti per infiltrazioni mafiose e dalla presenza pervasiva (accertata da numerose inchieste) di diverse cosche di ‘ndrangheta che hanno minato e quasi arrestato la crescita economica e sociale della città.
Ecco, forse già solo questo aspetto dovrebbe convincere i politici lametini e gli esponenti della silente maggioranza ad accogliere con favore una scelta epocale, un’occasione per restituire di Lamezia un’immagine migliore, diversa da quella che ha quasi sempre occupato le cronache nazionali ed in contrasto con le narrazioni che assegnano alla città una sorta di irredimibile destino.
POLITICA DISTRATTA E DIVISA Ma Lamezia, o meglio la sua classe politica, è nota per la capacità di sorprendere e dunque li dove ci si aspetta un coro di plauso ecco spuntare solo qualche timida voce.
Nel frattempo da Palazzo Madamme partono a tutto spiano comunicati, alcuni su argomenti importanti e decisivi, altri che riguardano direttamente il sindaco e l’iter giudiziario sulla incandidabilità, ma nulla sulla questione che anima le discussioni in città, infuoca il dibattito pubblico a Catanzaro e riguarda una scelta che forse per la prima volta assegna alla città della piana quella centralità predicata a parole ma mai concretamente realizzata. Sarà prudenza, o forse scaramanzia. (redazione@corrierecal.it)
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