di Giorgio Curcio
REGGIO CALABRIA Un sodalizio criminale nato dalla appartenenza comune alla criminalità organizzata e dalla detenzione “condivisa” fra le mura della Casa Circondariale di Secondigliano, a Napoli, e un chiaro obiettivo: allargare gli interessi della cosca fuori regione e stringere alleanze proficue con alcuni esponenti della Camorra campana.
ALLEANZA CON LA CAMORRA Una strategia criminale portata avanti da Alfonso Molinetti (cl. ’57) – storico esponente della ‘ndrangheta di Archi e finito al centro dell’inchiesta “Malefix” condotta dalla Dda di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri – e che ha trovato sponda nei fratelli Coletta, Felice ed Angelo, indagati nella stessa inchiesta, ed esponenti del clan camorristico Mallardo. Un rapporto proficuo che ha trovato sbocco nel traffico illegale di droga, cocaina soprattutto, ma anche una sostanza chiamata “u Cobret”, indicata come un derivato oleoso dell’eroina.
L’INCONTRO IN CAMPANIA Una sorta di “alleanza” portata avanti insieme al figlio, Salvatore Giuseppe (cl. ’82), e documentata in più di un’occasione grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali degli inquirenti che, in particolare, sono riusciti a ricostruire un incontro avvenuto il 4 giugno del 2019 nei pressi di Giugliano in Campania, nella provincia di Napoli, proprio tra i due fratelli Coletta e Alfonso e “Peppe” Molinetti. Un incontro che i Molinetti affrontano con una certa apprensione, a cominciare dalla location scelta per evitare possibili controlli delle forze di Polizia già impegnate in svariate attività di servizio in quella porzione del territorio di Giugliano. Preoccupazione che Alfonso Molinetti – si legge nelle intercettazioni – mostra in tutta la sua evidenza quando rimprovera il figlio una gestione dei rapporti con i Coletta caratterizzata da un’eccessiva disponibilità a risolvere le problematiche dei sodali campani, a cominciare dall’incontro posticipato dalle 12 alle 12.30 e la presenza poco rassicurante di una serie di detenuti in stato di semi-libertà ed altri soggetti sottoposti a controlli dalla Polizia Giudiziaria presso l’associazione “Caritas Regina Pacis” di Giugliano in Campania, dove lo stesso Alfonso Molinetti trascorreva, dalle 7 alle 21 la semilibertà. E poi le difficoltà ad operare in un contesto territoriale diverso da quello reggino in cui, i due Molinetti, avevano un controllo capillare e riconosciuto.
I FRATELLI COLETTA «No, no quando ci interpellano a papà – spiega Alfonso al figlio Giuseppe – non dobbiamo più prendere impegni, perché non possiamo. Non possiamo “fare”, se eravamo a Reggio, li favorivamo, ma qua con Reggio non posso fare, non dobbiamo prendere più impegni».
Un affare particolarmente importante, quello con i fratelli Coletta, per Peppe che, nel frattempo, cercava di “farsi strada” a Reggio, grazie all’avvio di rapporti funzionali nel reggino e con importanti esponenti della Camorra e del clan Mallardo. Figura chiave, in questo senso, è il camorrista Felice Coletta con una caratura criminale più elevata rispetto al fratello dedito, invece, ai delitti contro il patrimonio. «No questo è molto più serio.. è più riservato Giuseppe. Questo è più riservato, è più serio» così commentano al telefono i due Molinetti, descrivendo proprio Felice Coletta.
FIUMI DI COCA Nel corso dell’incontro i sodali napoletani – si legge ancora nelle carte dell’inchiesta – parlano di una partita di cocaina sequestrata ad Antonio Niglio, classe ’96, finito in manette il 19 marzo del 2019 e scarcerato qualche settimana dopo. Si trattava in particolare di una particolare partita composta da 13 involucri con su stampato il simbolo “CR7” come quello del calciatore della Juventus, Cristiano Ronaldo. La disponibilità della cocaina, dunque, per i napoletani non era certo un problema e Giuseppe lo riferisce al padre Alfonso. «Ma dunanu i paesani, mi ha detto Pe, a 30”. Gli ho detto io.. ci mettiamo due punti.. un punto io e mio padre e un punto tu e tuo padre». Quella partita di stupefacente, dunque, sarebbe giunta da fornitori campani (i paesani), mentre coinvolto nell’attività di narcotraffico era anche il padre dell’interlocutore napoletano. E’ chiaro, dunque, il coinvolgimento dei Molinetti nel traffico di stupefacenti attraverso diversi canali di rifornimento, tra cui l’Olanda e il porto di Rotterdam, a conferma di un’attività già strutturata e consolidata.
IL RIFUGIO OFFERTO AL LATITANTE Un affare, quello con gli esponenti della camorra campana, rinsaldato anche dall’offerta dei Molinetti di un “rifugio” a Reggio Calabria ad un latitante campano (probabilmente lo stesso Antonio Niglio) detentore di oltre 3 kg di cocaina e che sarebbe andato incontro ad un processo e ad una pena pesante che il giovane voleva eludere grazie al sostegno fondamentale dei Molinetti. Quello con i Coletta, dunque, non era un affare occasionale ma una consolidata e strutturata sinergica operativa criminale, confermata anche dall’individuazione di altri fornitori originari di Castel Volturno e specifiche piazze di spaccio come Cosenza e l’Università di Rende. I Molinetti e i Coletta, dunque, avevano dato vita ad un gruppo proficuo in grado di muovere ingenti quantitativi di droga. (redazione@corrierecal.it)
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