VIBO VALENTIA C’è anche l’ex assessore regionale Francesco Antonio Stillitani tra le persone fermate nell’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha colpito i clan di ‘ndrangheta tra Lamezia e Vibo Valentia e fa luce sull’espansione dei clan in Svizzera. Stillitani, indagato assieme al fratello Emanuele, è un imprenditore di successo nel campo del turismo e ha chiuso con la politica nel 2013, quando decise di dimettersi da assessore al Lavoro della giunta Scopelliti e di abbandonare anche il suo partito, l’Udc. Per lui le accuse sarebbero concorso esterno in associazione mafiosa ed estorsione. Un addio improvviso e laconico: «Me ne vado, la politica non mi piace più, non mi sento motivato». Riprese così a occuparsi delle sue imprese. E in questo ambito tornò alla Cittadella durante il governo di Mario Oliverio. Non con un ruolo politico, ma per presentare l’accordo commerciale chiuso dalla sua impresa con il gruppo tedesco Tui Magic Life, per il progetto di un mega resort a Pizzo Calabro. «Da quando ho deciso di dimettermi – disse in quell’occasione l’ex assessore –, facendo felice soprattutto la mia famiglia, ho rotto completamente con il mondo politico e non ho mai provato alcuna nostalgia, anche perché ho avviato altre iniziative imprenditoriali, anche all’estero, che mi stanno ampiamente ripagando del mancato impegno nella cosa pubblica».
Stillitani – che, secondo la Dda, sarebbe dapprima stato taglieggiato dal clan Anello-Fruci e poi avrebbe stabilito un rapporto «stabile» con il sodalizio mafioso – è accusato anche di scambio elettorale politico mafioso, estorsione, violenza privata e danneggiamento.
In particolare, secondo l’accusa, l’ex assessore regionale, candidato con la lista dell’Udc alle regionali del 2005 avrebbe ottenuto dalla cosca Anello-Fruci la promessa di voti in cambio della erogazione di una somma di denaro pari a circa 100 euro a voto per un pacchetto dai 60/70 ai 100 voti circa, per un totale di circa 10.000 euro, oltre alla promessa di di poter indicare allo stesso Stillitani i nominativi di soggetti da assumere o da mantenere in servizio nelle strutture turistiche di proprietà del politico e imprenditore. Il trait d’union tra il politico e il clan sarebbe l’imprenditore Antonio Facciolo, considerato dai magistrati antimafia una figura «di riferimento per il sodalizio nel settore turistico-alberghiero» e ritenuto «già nell’orbita della cosca Bonavota di Sant’Onofrio, alleata della cosca Anello».
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