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«Pietra angolare per la conoscenza della 'ndrangheta». È partito il maxi processo Rinascita

Il pool antimafia con il procuratore Gratteri presente a Roma per l’avvio dell’udienza preliminare. Sono 452 gli imputati, tra i quali molti sono i colletti bianchi. «La zona grigia è entrata mani …

Pubblicato il: 11/09/2020 – 13:29
«Pietra angolare per la conoscenza della 'ndrangheta». È partito il maxi processo Rinascita

di Alessia Truzzolillo
ROMA
È iniziata alle 11:50 la prima udienza della fase preliminare del maxi-processo Rinascita-Scott che vede imputate 452 persone (in totale sono 456 ma 4 hanno chiesto il giudizio immediato). La costituzione delle parti sta ancora impegnando i presenti. Presente nell’aula bunker di Rebibbia il pool antimafia – Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci, Andrea Mancuso – che ha coordinato le indagini svolte dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia. Presente anche il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, il quale a margine dell’udienza ha parlato di questo processo come «pietra angolare nella conoscenza della ‘ndrangheta e di questa nuova frontiera del crimine di matrice calabrese che si serve dei colletti bianchi per gestire il potere». Alla sbarra di questo processo non vi sono solo le cosche del Vibonese ma anche uomini dello Stato, colletti bianchi, imprenditori. Un vero e proprio “sistema” ordito per controllare e gestire il territorio.
Concetto sottolineato dallo stesso Gratteri: «In questo processo c’è un’altissima percentuale di quella che convenzionalmente viene definita zona grigia, di colletti bianchi. Ci sono molti professionisti, molti uomini dello Stato infedeli che hanno consentito anche questa mafia di pastori, con la forza della violenza e con i soldi della droga oggi sia mani e piedi nella pubblica amministrazione e nella gestione della cosa pubblica».
I NUMERI I numeri sono alti nel maxi-processo Rinascita-Scott: 456 imputati che devono rispondere, a vario titolo, di 438 capi di imputazione. L’accusa ha individuato 224 parti offese che potrebbero diventare altrettante parti civili nel processo. Tra queste vi sono i Comuni del Vibonese, la Regione Calabria, la Prefettura, il ministero della Giustizia e privati, imprenditori vessati dalle cosche, taglieggiati, sottoposti a minacce e danneggiamenti.
LE ‘NDRINE Lungo anche il numero delle ‘ndrine accusate di avere interferito con la violenza e il potere intimidatorio che le contraddistingue l’intera provincia di Vibo. A dettare legge ci sono la cosca Mancuso al vertice della locale di Limbadi; la cosca La Rosa, ‘ndrina di Tropea; la consorteria Fiarè-Razionale-Gasparro a capo della locale di San Gregorio d’Ippona; la cosca Lo Bianco-Barba e i Camillo-Pardea dominanti sulla locale di Vibo Valentia città; la cosca Accorinti del locale di Zungri; la cosca dei Piscopisani a capo della locale di Piscopio; la cosca Bonavota del locale di Sant’Onofrio; la cosca Cracolici, ‘ndrina di Filogaso e Maierato; la cosca Soriano di Filandari, Ionadi e San Costantino; la cosca Pititto–Prostamo–Iannello della società di Mileto; la cosca Patania della locale dominante a Stefanaconi. Nomi noti nel panorama criminale nazionale e internazionale. Nomi noti alle cronache che li hanno elencati più volte nel corso delle varie operazioni antimafia che hanno cercato di estirpare la malapianta della ‘ndrangheta dalla provincia di Vibo Valentia, dove le sue radici affondano, fino alle regioni del Nord Italia e nel resto d’Europa, dove la criminalità vibonese domina grazie, soprattutto, al traffico di droga. Oggi queste ‘ndrine sono tutte alla sbarra. Nei giorni decisivi della resa dei conti. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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