ROMA La guardia di finanza di Roma ha eseguito il decreto con il quale la Corte d’appello capitolina ha confermato il provvedimento di confisca – emesso dal Tribunale di Latina su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma – di beni immobili, auto e quote societarie, per un valore complessivo di circa 2,8 milioni di euro, riconducibili a Carmelo Giovanni Tripodo (classe 1958), deceduto nel 2019. Di origini calabresi, Tripodo ha vissuto per oltre 30 anni nella zona del basso Lazio dove, sottolineano le fiamme gialle, «è stato capo e promotore di un’associazione di stampo mafioso che ha gestito e controllato illecitamente attività economiche e commerciali, condizionando il rilascio di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici», come accertato dalla Dda capitolina nell’ambito delle operazioni “Damasco” e “Damasco 2”, concluse con il suo arresto nel 2009.
Fatti per i quali, nel giugno del 2013, Tripodo è stato condannato per associazione di tipo mafioso, oltre che per reati in materia di traffico di stupefacenti e intestazione fittizia di beni, nonché per alcuni fatti di abuso d’ufficio in concorso con un amministratore pubblico del Comune di Fondi. I successivi approfondimenti patrimoniali svolti dai Finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria hanno consentito di documentare «la palese sperequazione tra gli esigui redditi dichiarati da Tripodo e dai membri del suo nucleo familiare e il patrimonio, costituito da società e immobili – in parte intestati a compiacenti “prestanome” – frutto del reimpiego dei profitti derivanti dalle attività illecite».
Il provvedimento di confisca della Corte di Appello di Roma che, a seguito del decesso di Tripodo, è stato emesso nei confronti dei suoi eredi, ha a oggetto: 3 società e il relativo compendio aziendale, operanti nei settori delle pulizie e del trasporto merci per conto terzi; un vasto patrimonio immobiliare composto da 15 unità abitative e commerciali, nonche’ 9 terreni a Fondi (Latina); 13 automezzi.
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