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«I miliardi di euro che arrivano dall'Europa fanno gola alla 'ndrangheta»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 02/10/2020 – 14:17
«I miliardi di euro che arrivano dall'Europa fanno gola alla 'ndrangheta»

Il profumo di euro. E’ ciò che sente la ‘ndrangheta pervenire da Bruxelles. 209 miliari di euro le fanno gola e come. Farà di tutto per fare bottino. Il rischio di infiltrazioni della criminalità economica è grande e l’intero Paese ne deve essere consapevole. E’ quanto riferito dal comandante generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana, qualche giorno addietro. E’ quanto ammonisce da tempo Nicola Gratteri, che di queste cose ne sa una più del diavolo. Fin qui i saggi ammonimenti.
La preoccupazione è quella che nessuno li ascolti e che nessuno si adoperi, come dovrebbe, per impedire una siffatta tragedia.
Eppure la portata dell’intervento finanziario è notevole ed è impensabile di delegare al sistema dell’investigazione l’individuazione dei casi sospetti, si spera preventivamente, e quello repressivo a intervenire sui colpevoli. L’evento non merita un flop simile. La straordinarietà impone una vigilanza e un sistema delle cautele altrettanto straordinario. Un compito difficile da assolvere, così come lo è stato quello di vigilare (male) sull’intrufolarsi delle mafie nel periodo pandemico, ove ha fatto ciò che ha voluto intervenendo sulle famiglie impoverite e sulle forniture. Occorre rendersi conto che la criminalità organizzata è oramai una delle aziende multinazionali più forti e più agguerrite. Se potesse frequentarla, diventerebbe una leader in tutte le borse del mondo. Di certo, la blue chip più attrattiva per gli investitori, attesi gli utili che macina con i suoi core business, che vanno dall’usura alla droga per arrivare alla capacità di drenare risorse pubbliche, sia nell’ordinario con una corruzione sistemica che nello straordinario del tipo il Recovery Fund.
Lasciando da fare alle forze dell’ordine e alla magistratura ciò che sanno fare, magari potenziandone gli organici ridotti all’osso e le disponibilità finanziarie, di capitale e correnti, occorrerà alle istituzioni pubbliche fare il proprio dovere al meglio di sempre.
Alle territoriali maggiormente. Ciò perché più permeabili, attesi i rapporti spesso esistenti tra candidati e le «prepotenze» locali e l’influenza di queste ultime con la burocrazia ad esse più sensibile. Una debolezza sistemica cui occorre dare riparo attraverso la costituzione di strumenti, magari partecipati dalle necessarie presenze interistituzionali, da imporre alla sorveglianza quotidiana delle procedure sia elaborative che esecutive delle opere finanziate. Una precauzione in più rispetto ai controlli antimafia delegati alle Prefetture, non sempre celeri ed efficaci, così come una situazione particolare come questa meriterebbe.
La pandemia ancora in atto ha dimostrato debolezze nel sistema attuativo dei rimedi. I ritardi notevoli nelle forniture più impellenti (le brutte figure collezionate con le mascherine dal soggetto attuatore dedicato sono da antologia del sadismo), l’inadeguatezza dei sistemi regionali nel prevedere l’occorrente necessario (vedasi quella manifesta nell’approvvigionamento dei vaccini!) e la creatività eccessiva impiegata per dare certezza all’apertura delle scuole hanno dimostrato la profonda debolezza del sistema Repubblica.
Anche l’idea progettuale, rappresentata dal Premier sul come organizzare la elaborazione dei progetti da presentare alla Commissione, presenta delle forti debolezze. Poche se non del tutto assenti le condivisioni con le Regioni. Non solo. L’ipotesi di ricorrere ai soggetti attuatori per perfezionare il progetto da esibire a Bruxelles, del tipo quello esercitato da Domenico Arcuri, cui affidare anche le verifiche e i controlli successivi appare quantomeno un po’ azzardata, anche in relazione al Parlamento che si vedrebbe così messo da parte.
In siffatte ipotesi non accade così come lo fu con il ciclismo di un tempo: un uomo solo al comando! Ma allora il suo nome era Fausto Coppi!.

*docente UniCal

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