di Francesco Donnici
CAULONIA Il tema della messa in sicurezza del quartiere “Giudecca” di Caulonia, quindi l’intervento per contenere il dissesto idrogeologico del centro storico del paese è questione di «ora o mai più». L’Arciconfraternita dell’Immacolata rimarca l’allarme nella comunicazione inviata al sindaco e al prefetto lo scorso 26 ottobre: «Le prossime piogge, quando superiori a tre ore continue, saranno certamente funeste, per cui, previo auspicabile cambiamento nella coscienza di ognuno e idonea coerenza nell’azione amministrativa, urge ad horas, per l’inderogabilità dell’impellenza, scongiurare il crollo dell’edificio della Chiesa con un intervento di messa in sicurezza dello stesso». L’edificio a cui si fa riferimento è la Chiesa dell’Immacolata e con essa tutta la zona di Piazza del Carmine fino a Via Maietta, ricomprese nello storico quartiere interessato nel 2015 da un’alluvione i cui danni, sommati all’evanescenza degli interventi degli anni a venire, hanno prodotto una situazione di rischio che il Corriere della Calabria ha provato a raccontare attraverso le immagini della video-inchiesta dello scorso 23 ottobre.
Già verso la fine di settembre, era stata formalizzata al Mibact, alla Regione, al prefetto di Reggio Calabria e per conoscenza al Comune, la richiesta di un intervento indifferibile a difesa e tutela della pubblica incolumità. «Lesioni, cedimenti e falle aperte sul suolo – scrive l’Arciconfraternita – hanno indotto all’emissione di ordinanza d’inabitabilità di un fabbricato che insiste proprio sull’argine della falla che mostra paurosamente il vuoto del sottosuolo della strada». Il provvedimento era arrivato anche a fronte dei sopralluoghi della Protezione Civile regionale, che nella relazione del 24 luglio 2017 sottolineava come «nonostante le ingenti risorse fin qui spese» il problema della sicurezza idrogeologica della rupe non fosse stato sanato nella sua interezza «almeno nelle aree di Maietta e del piazzale della Chiesa dell’Immacolata».
Venivano quindi rinnovate una serie di prescrizioni tra cui l’interdizione assoluta del traffico e la chiusura del perimetro dell’area in quanto, si legge nella relazione, «che – al 20 aprile 2017 – il Comune non ha provveduto nemmeno alle opere minimali e immediate necessarie a garantire almeno l’interdizione assoluta del traffico e accesso veicolare sul piazzale dell’Immacolata».
Sempre la ProCiv demandava al sindaco «nella sua qualità di Autorità di Protezione Civile locale e di Ufficiale di Governo sul territorio» di adottare tutte le misure necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità ed effettuare idonei servizi di vigilanza e monitoraggio, «soprattutto in caso di fenomeni meteorologici avversi o di allerta meteo» ordinando, se necessario, lo «sgombero di abitazioni e interdizione all’uso della Chiesa dell’Immacolata e dell’adiacente ex Chiesa di S.Leo, comprese quelle a rischio indotto». Dal canto suo, anche la prefettura di Reggio Calabria si era mossa e l’allora prefetto Michele di Bari aveva convocato un tavolo tecnico all’esito del quale era stata attivata «l’Unità di crisi».
«IL PROBLEMA RICHIEDE TEMPO E PROGRAMMAZIONE» A quel tavolo tecnico, tenutosi il 2 marzo 2017 era presente anche il sindaco. Da allora sono passati oltre due anni e la situazione è andata aggravandosi. Dalla consultazione del portale Governo, non risultano progetti approvati aventi come soggetto il commissario al dissesto idrogeologico e territorio di riferimento Caulonia.
Eppure le risorse nel corso del tempo sono state annunciate, da ultimo nel caso dei 990mila euro relativi ad un bando del Viminale al quale il Comune ha partecipato. Fondi, come sottolineato anche dal vicepriore Rinaldo D’Acquino, «ancora in attesa della conferenza di servizi, che deve darne l’approvazione e permetterne l’appalto. E comunque – aggiunge – andrebbero a coprire un’area limitata rispetto a quella dove bisognerebbe agire».
A ciò si lega la formale denuncia di settembre inoltrata dall’Arciconfraternita che ha avuto come unica risposta quella del sindaco di Caulonia, Caterina Belcastro, il successivo 9 ottobre. «Il problema del dissesto idrogeologico non si risolverà in pochi giorni o in pochi mesi, avrà bisogno di tempo e soprattutto di programmazione».
Il Comune richiama la propria attenzione su problemi fisiologici e quasi atavici del territorio, sottolineando come «numerosi sono stati gli interventi di consolidamento eseguiti» e che «l’ultimo finanziamento in ordine di tempo risale al 1998». Negli ultimi anni l’amministrazione rivendica la continuità del suo impegno anche a fronte della formale comunicazione fatta lo scorso 5 marzo alla nuova Giunta regionale. La criticità, ampliatasi nel corso degli anni, è stata posta – a detta del sindaco – «tra le priorità dell’amministrazione comunale appena insediatasi», resasi per tale «promotrice di numerosi tavoli tecnici e politici con Regione e Protezione Civile al fine di vagliare possibili soluzioni e chiedere finanziamenti per la messa in sicurezza». All’esito di questo impegno, il sindaco Belcastro ricorda soprattutto l’intervento della Regione che nell’aprile del 2018 (col decreto n.108) aveva finanziato per un ammontare di quasi 2 milioni di euro i lavori per il consolidamento della rupe del centro storico località Palma e messa in sicurezza di Via dei Carafa. «Tale finanziamento – prosegue il Comune – ha dato la possibilità di eseguire uno studio geologico e geognostico all’esito del quale è stato «redatto un progetto definitivo – che l’amministrazione ha presentato alla cittadinanza lo scorso agosto – in corso di approvazione da parte della Regione». Solo dopo potrà essere convocata la conferenza dei servizi per l’approvazione dei pareri degli Enti sovracomunali.
L’ARCICONFRATERNITA DIFFIDA IL COMUNE Nella missiva firmata dal priore e dai confratelli, il sindaco di Caulonia viene però accusato di «mistificare» la realtà attraverso i «non detti» necessari a celare «l’inoperosità» di questi primi anni di mandato. Periodo nel quale si sarebbero registrati «solo pseudo-interventi, fiaccamente e formalmente attuati, tanto per fare o per mero dovere d’ufficio e, peggio, per simulare un’attenzione e una sensibilità, civica e culturale, che, in realtà, sono sempre mancate». «È bene ricordare – si legge nella comunicazione del 26 ottobre – che la zona Maietta-Carmine, dopo ormai circa vent’anni dai mega-lavori di consolidamento del dissesto, è stata abbandonata a se stessa» senza alcun tipo di attivazione per evitare «le molteplici e massive infiltrazioni d’acqua, che in seno e lungo tutto il suo [della rupe] perimetro hanno determinato e determinano a tutt’oggi il dilavamento sotto la pavimentazione». L’Arciconfrarernita sottolinea come sia stato chiesto all’amministrazione, nulla ottenendo, di «raccogliere e regimentare tutte le acque per convogliarle lontano dalla “ferita” aperta, evitando così un peggioramento irreversibilmente tragico del fenomeno ormai avanzato». Un atteggiamento sottolineato – riporta la Confraternita – anche dalla Protezione Civile, che nel marzo 2017 denunciava «la riluttanza dimostrata dall’amministrazione comunale all’applicazione delle necessarie procedure di competenza per la somma urgenza – con conseguente sostanziale realizzazione di opere indifferibili e urgenti – rendendo di fatto problematica, se non proprio improponibile, la considerazione dei relativi fabbisogni nel deliberato stato d’emergenza da parte del governo nazionale». Simile il discorso sui lavori per la riedificazione del salone capitolare della Chiesa, rimasti pendenti – con tanto di perdita di una serie di finanziamenti e contributi regionali a ciò destinabili – tanto che, ad oggi, l’area «escavata e non protetta da anni, accoglie le acque piovane che trasferisce, oltre che al sottosuolo, anche alle fondamenta» dell’immobile «causando, unitamente ai fenomeni del dissesto idrogeologico di tutta l’area, cedimenti e movimenti strutturali evidenti».
Per questi motivi, il priore e la confraternita tutta identificano quale «unico responsabile codesto Comune per tutti i disastri che, nel tempo, si sono accumulati e succeduti».
E mentre il deputato di Fratelli d’Italia Wanda Ferro presenta un’interrogazione parlamentare sul caso, l’Arciconfraternita lancia un “ultimatum” al sindaco diffidandolo a produrre i materiali e la documentazione relativa al progetto presentato lo scorso agosto e finalizzato alla sistemazione di un fronte di 70 metri del costone «con avviso che analoga, ma solenne, istanza verrà formalizzata ufficialmente ai sensi di legge al terzo giorno dalla presente in caso di mancato fattivo riscontro favorevole». (redazione@corrierecal.it)
x
x