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La minoranza chiede una verifica di legittimità degli atti approvati nell'ultimo consiglio regionale
Dai banchi dell’opposizione è stata scritta una missiva indirizzata al ministro per gli affari regionali oltre che per conoscenza al presidente del consiglio regionale Tallini. Le illegittimità rigua…
Pubblicato il: 13/11/2020 – 11:41
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REGGIO CALABRIA L’ultima seduta del consiglio regionale calabrese ha fatto insorgere per l’ennesima volta i consiglieri di minoranza. Motivo della discordia i punti inseriti prima della celebrazione dell’assise, che salvo motivi di emergenza legati all’emergenza pandemica, non potrà più riunirsi in attesa della celebrazione delle elezioni regionali. I consiglieri di minoranza però hanno nel frattempo inviato una missiva sia al ministro per gli affari regionali Francesco Boccia che al presidente del consiglio regionale Domenico Tallini. Nella missiva, viene evidenziato come il presidente de consiglio non si sia limitato a convocare l’aula per approvare la delibera (prevista dalla legge) circa l’incompatibilità del presidente facente funzioni (stante la morte della governatrice eletta Jole Santelli) ma «con una serie di modifiche e integrazione dallo stesso inviate ai consiglieri nella giornata precedente, e senza consultare la minoranza, ha disposto un ordine del giorno di ben 21 punti. Durante la seduta di consiglio sono stati invertiti e inseriti all’ordine del giorno altri punti che hanno portato a contare circa 28 provvedimenti approvati». Per i consiglieri Guccione, Bevacqua, Irto, Pitaro, Notarangelo, Di Natale, Tassone e Aieta «è stato disatteso il precetto di tutela delle minoranze sancito dal comma 3 dell’art. 26 dello Statuto, alla base della cultura democratica, laddove prevede che “il Regolamento interno, in conformità alle disposizioni dello Statuto e nel rispetto dei diritti delle opposizioni, determina l’organizzazione e il funzionamento del consiglio e dei suoi organi interni”; evidenziamo: nel rispetto dei diritti delle opposizioni. Il programma dei lavori (nella prassi divenuto l’ordine del giorno) è stabilito di norma dalla Conferenza dei Capigruppo, organismo che può essere convocato ad horas e che, nelle situazioni eccezionali, può e deve essere sentito per definire l’ordine del giorno, ai sensi dell’art. 38 del Regolamento interno». Per queste ragioni, dai banchi della minoranza aggiungono «Il Presidente del Consiglio regionale, pur avendo convocato la seduta entro i termini previsti, non si è limitato a porre all’ordine del giorno la Proposta di Provvedimento amministrativo di cui alla norma sopra riportata ma, con una serie di modifiche e integrazione dallo stesso inviate ai Consiglieri nella giornata precedente, e senza consultare la minoranza, ha disposto un ordine del giorno di ben 21 punti. Durante la seduta di Consiglio sono stati invertiti e inseriti all’ordine del giorno altri punti che hanno portato a contare circa 28 provvedimenti approvati. Le continue integrazioni, succedutesi nella giornata precedente, hanno sistematicamente violato la norma regolamentare, così come l’inserimento delle ulteriori pratiche avvenuto nel corso della seduta con l’assenza della minoranza, ne ha reiteratamente violato le prerogative, facendo venire meno, in capo al Presidente del Consiglio regionale, il ruolo di garante, assegnatogli in particolare dall’art. 21 dello Statuto, compiendo lo stesso, al di là delle ragioni di diritto, un gravissimo atto politico lesivo dei diritti delle minoranze – prosegue la lettera -. Tranne la proposta di legge in materia di rappresentanza e doppia preferenza di genere, la cui mancata approvazione avrebbe portato all’assunzione di misure sostitutive da parte del governo, ai sensi dell’art. 120 della Costituzione, gli altri provvedimenti discussi non sembrano mostrare le caratteristiche di indifferibilità e urgenza previste nel periodo in cui gli organi regionali si trovano in regime di prorogatio (art. 18 dello Statuto) e, quindi, carenti sotto il profilo dei presupposti statutari per il legittimo esercizio della funzione legislativa, a riprova che si è tenuta una seduta “ordinaria” in presenza di una causa di scioglimento già verificata. «A riprova dell’assenza di qualsiasi ragione di indifferibilità e urgenza, si evidenzia che i testi di legge approvati nel corso della medesima seduta abbracciano materie così estese da ricomprendere settori quali: l’istituzione di consorzi, la farmaceutica, le fonti rinnovabili, gli agriturismo, le Pro loco, i Consorzi di bonifica, ecc che, nel loro complesso rendono palese l’intenzione di eludere l’entrata nel periodo di prorogatio dei poteri del Consiglio con il tentativo, altrettanto evidente, di licenziare atti al solo fine di condizionare il corpo elettorale attraverso una captatio benevolentiae anziché perseguire la salvaguardia dell’interesse pubblico. Pertanto, si chiede di procedere a una valutazione di legittimità e all’eventuale impugnazione di quelli non corrispondenti al dettato normativo.
Sebbene l’art. 18, comma 2, dello Statuto della Regione Calabria non preveda alcuna espressa limitazione, esso deve interpretarsi alla luce dei principi sopra riportati come facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e di indifferibilità del tutto assente nei restanti provvedimenti approvati, e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali».
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