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Con i boss in carcere a reggere le sorti del clan Grande Aracri ci pensavano le mogli
Nell’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro emerge il ruolo assunto dalla moglie e dalla figlia di Nicolino Grande Aracri, oltre che alla moglie di Ernesto Grande Aracri. Sono ritenute capaci di «…
Pubblicato il: 19/11/2020 – 14:20
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CATANZARO Donne al vertice della cosca Grande Aracri. Si tratta della moglie e della figlia del boss Nicolino Grande Aracri, Giuseppina Mauro ed Elisabetta Grande Aracri (finite in carcere), ma anche della consorte di Ernesto Grande Aracri, Serafina Brugnano (indagata), che avrebbero avuto il pieno controllo del potente clan di Cutro (città in provincia di Crotone) durante il periodo di detenzione dei rispettivi mariti. Tre donne capaci di «rappresentare e restituire le figure apicali dell’organizzazione, provvedendo a dare disposizioni e direttive agli associati nella pianificazione delle attività illecite, anche in ragione delle indicazioni provenienti dai congiunti detenuti».
Il particolare emerge dall’ordinanza dell’operazione “Farmabusiness”, che ha portato agli arresti anche il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini. Secondo gli inquirenti, le tre donne «provvedono a gestire gli introiti della consorteria mediante la materiale ricezione di danaro da parte delle figure imprenditoriali di riferimento della cosca, quali i cugini Gaetano Le Rose e Giuseppe Ciampà». Sarebbero state proprio loro a intervenire «nei confronti degli altri sodali al fine di eludere le investigazioni, allorquando le stesse si indirizzano all’apprensione di armi costituenti il potenziale militare della consorteria».
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