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«Disuguaglianze: dov’è la politica?»

di Francesco Bevilacqua*

Pubblicato il: 05/01/2021 – 13:10
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«Disuguaglianze: dov’è la politica?»
Ma che politica è quella che non parla mai del tema più grave di questa fase storica dell’Umanità: le mostruose disuguaglianze fra le classi ricche e quelle povere (soprattutto nei tanti Sud del mondo come è ormai la Calabria)? Che politica è quella che non spiega come sia possibile che i più ricchi della Terra abbiano fatto profitti stratosferici anche durante la pandemia e tutti gli altri si siano, invece, impoveriti? Che politica è quella che non corregge l’incapacità del nostro sistema di distribuire più equamente la ricchezza? È mai possibile che solo Papa Francesco debba ricordarci tutto questo in ogni suo documento, in ogni suo discorso? Come è accaduto domenica scorsa, 3 gennaio, all’Angelus domenicale. Francesco si è rammaricato per la mancanza di sensibilità di tutti quegli “occidentali” (e sono tanti) che sono “fuggiti” nei paradisi goderecci, nello stesso tempo in cui tanta gente stava negli inferni della sofferenza a causa della pandemia, della crisi economica, delle restrizioni, della povertà. Una sfacciata dimostrazione di cinismo e di egoismo – aggiungo io -, venuta dalla parte privilegiata dell’Umanità. E non parlo solo dei “ricconi”, dei Paperon de Paperoni. Parlo anche di quei tanti che posseggono più di quanto abbisognerebbe loro. Non sto dicendo – e il Papa non vuol sostenere – che non vi debbano essere differenze economiche. Né che sono vietati il divertimento e la gioia. Piuttosto mi domando – come fa il Papa e come dovrebbe fare anche la classe politica – se queste assurde differenze debbano essere calmierate, se esiste un dovere etico dei ricchi di investire una parte dei loro profitti per i poveri, per chi soffre, per i beni comuni, per il risanamento della società, per la cura del creato. Il Papa si è chiesto, all’Angelus, se il comportamento dei ricchi, soprattutto in un frangente così drammatico, non debba essere informato al “rispetto” per chi soffre! Un’inchiesta di fine estate di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera evidenziava come dal 18 marzo al 15 settembre 2020 la ricchezza di 643 persone è cresciuta complessivamente di 845 miliardi di dollari, mentre 50 milioni di lavoratori perdevano il lavoro. È stata stilata una “top 15” dei miliardari USA che hanno visto crescere esponenzialmente i loro patrimoni grazie alla pandemia. Ecco i primi cinque: 1- Jeff Besoz, di Amazon, passato da 113 miliardi di dollari a 192 con una percentuale di incremento del 69,9%; 2- Bill Gates, di Microsoft, da 98 a 118, pari al 24,4%; 3- Mark Zukerberg, di Facebook, da 54,7 e 97,7, pari al 78,6%; 4- Elon Musk, di Tesla Spacex (il tipo che, visto che abbiamo reso invivibile la Terra, ci vuol far migrare in massa su altri pianeti da colonizzare e distruggere), da 24,6 e 91,9, pari al 270% (!!!!); 5- Warren Buffet, di Berkshire Hathaway, da 67,5 ad 80,2, pari al 18,8%. Fra i primi dieci c’è anche il francese di LVMH Bernard Arnault e l’indiano di Reliance Mukesh Ambani. Per non parlare dei cinesi, che annoverano fra le loro fila centinaia di supermiliardari capaci di lucrare persino sulla peste suina! Anche su questo, Papa Francesco, nell’enciclica “Fratelli Tutti”, ha osservato come la teoria economica del “gocciolamento”, in inglese trickle-down (dalle grandi concentrazioni di profitti gocciolerebbe, come un colabrodo, ricchezza per i ceti più bassi della popolazione) è una fandonia dei neoliberisti, che non ha alcuna dimostrazione reale. Ne aveva già scritto nel 2014, con dovizia di particolari, Marco Revelli in “La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi”. Tutt’altro: la ricchezza gocciola nelle casse stesse dei ricchi che la reinvestono solo per fare altri profitti privi di qualunque etica sociale. Nello stile tipico di quello che Luciano Gallino chiamava “finanzcapitalismo”. La risposta sul perché i politici non parlino di queste cose – soprattutto nel Sud Italia e in Calabria, dove le cose vanno notoriamente peggio che nel resto d’Europa – me la sono data da tempo: o hanno rinunciato al vecchio ideale di una più equa distribuzione della ricchezza (che dovrebbe essere nel DNA di una vera sinistra) o sono conniventi, in varia misura, con le grandi lobbies finanziarie. Sul perché non si riesca a meglio distribuire la ricchezza prodotta pure: il libero mercato sa produrre ricchezza ma è geneticamente incapace di distribuirla (al contrario del comunismo che cercava di distribuirla ma non sapeva produrla)! Diceva John Keynes, il più bistrattato economista del ‘900 ma anche colui cui si debbono le politiche che fecero uscire gli USA dalla Grande Crisi: “Se lo scopo della vita è di cogliere le foglie degli alberi sino alla massima altezza possibile, il modo migliore per raggiungere questo scopo è di lasciare che le giraffe dal collo più lungo facciano morire di fame quelle dal collo più corto.”
*Avvocato e scrittore
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