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Quattro matrimoni e un clan. Le nozze di ‘ndrangheta nella “locale” di Petilia

La Dda di Catanzaro indaga sulle feste nuziali del 2018. La presenza di soggetti vicini alle cosche di Vibo Valentia e l’imbarazzo dei politici invitati. Il racconto di un assessore che avrebbe par…

Pubblicato il: 25/01/2021 – 20:53
Quattro matrimoni e un clan. Le nozze di ‘ndrangheta nella “locale” di Petilia

di Pablo Petrasso
CROTONE
Quattro matrimoni e una consuetudine che si rinnova. E vuole che «per gli appartenenti alla criminalità organizzata» le unioni «di interesse della ‘ndrangheta» non siano «semplicemente la mera partecipazione a un evento lieto di un parente o un amico, ma una questione di rispetto e di affari».
In queste occasioni – lo dimostrano le inchieste antimafia del passato – «gli affiliati spesso si siedono attorno allo stesso tavolo per stringere alleanze, ufficializzare l’ingresso di nuovi gregari, decretare condanne a morte o mettere fine alle faide; a volte sono presenti persino i latitanti».
Vale anche per le dinamiche della locale di Petilia Policastro descritte dalla Dda di Catanzaro nell’inchiesta firmata dai pm Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino (coordinati dal procuratore capo Nicola Gratteri). Sono quattro le cerimonie “raccontate” nel decreto che ha portato al fermo di 12 persone. Tutte si svolgono nel 2018, tra giugno e settembre. All’altare vanno sorelle di detenuti, affiliati, parenti di capi e gregari del clan. E tutte hanno un invitato in comune: il reggente della cosca petilina Rosario Curcio, alias “Pilirussu”, e altri affiliati, «alcuni anche di altre organizzazioni criminali» sono presenti «a dimostrazione delle alleanze/rapporti tra le varie consorterie criminali di ’ndrangheta».
GLI INVITATI DEL 9 GIUGNO Il 9 giugno 2018, in un ristorante della frazione Pagliarella di Petilia Policastro si festeggiano le nozze tra la sorella di due presunti membri del clan e il suo compagno. I carabinieri, appostati nelle vicinanze, osservano l’arrivo degli invitati. E notano, tra questi, «gli indagati Rosario Curcio, Massimo Cosco e Giacinto Castagnino», in compagnia di altri «soggetti ritenuti di interesse operativo» che non sono indagati nell’inchiesta firmata dai magistrati antimafia di Catanzaro.
LA FESTA A TREPIDÒ Qualche giorno dopo, il 22 giugno, i militari si spostano a Trepidò, località turistica del comune di Cotronei. L’occasione è il pranzo nuziale di Giacinto Castagnino, considerato uno dei membri della cosca. Dato significativo: il locale è lo stesso in cui «negli anni 2003 e 2004 venivano festeggiati i matrimoni dei figli dell’allora boss Vincenzo Comberitati alias “Tummulune”, oggi ergastolano, e per i quali (almeno per uno) il proprietario lamentava di non essere stato pagato». Il capo Rosario Curcio arriva «in largo anticipo rispetto agli altri indagati, come un buon “padre”» e controlla i preparativi. Curcio arriva assieme ad Antonio Grano e Tommaso Rizzuti, entrambi indagati. E, «dopo aver verificato la disposizione dei tavoli allestiti all’esterno del ristorante per consumare l’aperitivo, si posiziona, unitamente ai suoi due accompagnatori nei pressi dell’ingresso della Sala Ristorante», per salutare «i vari invitati che man mano accedevano al locale».
Tra questi, i magistrati sottolineano la presenza di «Francesco Amantea e Giuseppe Cariati». I due, che parteciperanno a un summit in Sila, a Torre Rinosi, il 20 ottobre 2018, sono «esponenti di rilievo della struttura di ‘ndrangheta denominata “Locale di Cirò”, già condannati in via definitiva per associazione del tipo mafioso, esponenti di spicco rimasti in libertà a seguito dell’operazione di Polizia denominata “Stige”». La loro partecipazione sarebbe avvenuta «in rappresentanza del sodalizio criminale cirotano».
L’IMBARAZZO DEI POLITICI Il matrimonio, secondo i magistrati, non è evento che passi inosservato a Petilia. Le cimici degli investigatori “entrano” nelle stanze del Comune del Crotonese per documentare l’imbarazzo di alcuni amministratori invitati alle nozze ai quali il sindaco Amedeo Nicolazzi aveva sconsigliato di presenziare (pena la fuoriuscita dalla giunta comunale). «Adesso gli mando la busta con un fratello mio… gli dico che ho la pressione alta…. devo trovare qualche cosa», spiega uno dei politici invitati. Nessuno di loro è indagato; nella conversazione, Mario Porchia, un assessore, dopo aver detto che parteciperà al matrimonio («cosa realmente accaduta», scrivono i pm), si lascia andare a una confidenza imbarazzante. E racconta «ai presenti di alcuni matrimoni a cui aveva partecipato in passato, in particolare facendo riferimento a quello del figlio del boss Vincenzo Comberiati, avvenuto in Sila, dove aveva scattato delle foto anche al boss allora latitante e il giorno seguente aveva subìto una perquisizione da parte dei Carabinieri».
L’ASSENZA DEGLI “AMICI” A fine agosto, sempre nel 2018, a Pagliarelle di Petilia Policastro c’è un altro matrimonio che vede la presenza di Rosario Curcio, Massimo Cosco, Giacinto Castagnino e Giuseppe Garofalo. Sono loro, «seduti ad un tavolo unitamente ad altri soggetti non identificati, tra cui uno con accento reggino e/o vibonese» a lamentarsi perché «per l’occasione non erano stati invitati tanti “amici” come la prassi avrebbe invece richiesto». Per i pm si tratta di «doglianze per il mancato rispetto delle regole per quello che si intuiva essere un matrimonio di “ndrangheta». Il gruppo, in sostanza, «lamentava che, a parte i “paesani”, molte persone non erano state invitate o comunque gli inviti erano stati intempestivi. In questo contesto, i presenti osservavano che mancavano tanti soggetti che definivano “amici”».
GLI INVITATI DA VIBO E LA MASERATI DEL SINDACO Per le nozze della figlia di un boss defunto, festeggiate in un ristorante di Belvedere Spinello, oltre ai presunti membri della locale petilina, l’attività tecnica degli investigatori avrebbe fatto emergere la partecipazione di «altri soggetti (non identificati) della criminalità di tutti i paesi, anche di Vibo Valentia». Inoltre, scrivono i magistrati, «da una conversazione telefonica intercorsa tra il sindaco Amedeo Nicolazzi ed il tipografo Salvatore Carvelli emergeva che i due soggetti non avrebbero partecipato al matrimonio proprio per evitare incontri compromettenti, nonostante il sindaco gli avesse comunque prestato la sua lussuosa autovettura (Maserati)». (p.petrasso@corrierecal.it)

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