«Io, scrittrice ebrea, vi spiego perché gli attacchi contro Gratteri sono montati ad arte»
Intervista a Paola Fargion: «La calunnia che il popolo ebraico ha subito per millenni non deve essere versata su altri»

LAMEZIA TERME «Quello che è stato fatto a noi non può essere fatto da noi ad altri». Paola Fargion è una cittadina ebrea italiana, scrittrice di narrativa ebraica. Quando ha appreso la notizia che il libro “Strage di Stato”, per il quale ha scritto la prefazione il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, conteneva messaggi antisemiti, per prima cosa ha deciso di leggere il libro. «Dato il grande clamore suscitato da questo saggio e dal fatto che un personaggio integerrimo come il procuratore Nicola Gratteri avesse “osato” firmarne la prefazione, ho voluto acquistarlo per rendermi conto di tale “abominio antisemita”», scrive in una lettera aperta che indirizza a tutti i media ebraici. «Ma più proseguivo nella lettura (oltre 350 pagine fitte fitte) e meno trovavo, anzi… non trovavo proprio nulla di quanto urlato a La Zanzara da un “giornalista” ebreo (e questo è giornalismo?!?), un ebreo che odia gli antisemiti (lo dichiara lui…), nonché sbandierato in pompa magna sulle pagine de “ll Foglio”, il “Riformista”, con intervista ad un esimio personaggio pubblico ebreo, il “Giornale”, “Libero” e altre testate… E in modo ligio, spero inavvertitamente, ribattuto da “Progetto Dreyfuss”, “Moked” e altri siti ebraici, con titolone ad effetto: … Libro antisemita e complottista…», afferma la scrittrice.
Il Corriere della Calabria ha raggiunto Paola Fargion al telefono per conoscere il suo pensiero.
Ha suscitato nelle ultime settimane un notevole can can mediatico tutto quello che è accaduto attorno alla prefazione stilata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri per il libro Strage di Stato. Lei sulla base della sua storia, di una appartenenza e di un decennale impegno ha un’opinione. Qual è?
«Il mio punto di partenza per l’appartenenza a cui si fa riferimento, è cioè il fatto di essere una cittadina ebrea, è sostanzialmente uno: ciò che è stato fatto a noi non può essere fatto da noi ad altri. Nello specifico mi sto riferendo alla calunnia, alla montatura sulla base di falsità che sono state perpetrate nei millenni nei confronti del popolo ebraico e che hanno prodotto, purtroppo, il rischio del nostro sterminio. Io dico soltanto questo: che sono letteralmente saltata sulla sedia quando ricevendo da un media ebraico a cui sono “abbonata” la notizia di questo uggioso contenuto antisemita a firma Giorganni, Gratteri eccetera ma soprattutto avallato dal procuratore Gratteri, la cosa mi ha immediatamente fatto allertare. Ho capito che c’era qualcosa che non quadrava e siccome sono coerente e fedele, non solo ai valori etici del popolo a cui appartengo che dovrebbero essere ancora vivi – sui quali purtroppo dubito – ma sono coerente di natura e onesta intellettualmente, ho voluto andare a verificare le fonti. Ho passato notti intere per leggere questo libro con attenzione arrivando all’ultima pagina con la certezza e il dolore dentro di avere scoperto che era stata creata una montatura ad arte. E non posso tollerare, proprio da ebrea, il linciaggio e la lapidazione a cui sono stati sottoposti gli autori e in particolar modo una persona che non conosco ma che, da persona coerente e che crede nei valori alti della vita e della legalità, stimo».
Le sue parole fanno tornare alla mente una frase contenuta in “Se questo è un uomo” di Primo Levi: «Se comprendere è impossibile conoscere è necessario».
«Questa frase fu scelta dalla mia casa editrice, Rusconi libri, per il mio libro d’esordio che trattava di un tema molto doloroso, durato una vita: il percorso di una protagonista. Si parlava proprio di Shoah. Quello che mi sconvolge in tutta questa faccenda, che mi ferisce profondamente, è che io sono l’unica ebrea di tutta l’Italia che si è alzata in piedi contro tutto questo. Cosa che mi ferisce profondamente, perché se gli altri non ci hanno compresi e faticano a conoscerci, come possiamo noi andare a fare ciò che stiamo subendo e che abbiamo subito? Io partecipo a eventi, a presentazioni, porto avanti il principio della memoria, dell’identità, dell’unicità. Mi fondo sul confronto e sul dialogo e cerco di far capire, anche agli ottusi, che la conoscenza, la comprensione non l’abbiamo neanche in noi. Ma la conoscenza è fondamentale. Conoscere l’altro al di là delle calunnie, al di là di quello che è stato detto nella Storia per millenni. E quindi, sulla base di questi principi, io mi sono alzata in piedi e ho detto: no».
In questa narrazione stritolante riferita al procuratore Gratteri si coglie anche una fortissima contraddizione se si considera che la Calabria è una terra all’interno dei cui confini la presenza degli ebrei è stata significativa per concorrere a definire l’identità culturale di questa regione
«Tenga presente che nell’ultimo nostro libro, che è una vicenda di salvezza straordinaria afferente alla famiglia di mio marito, per la quale io mi sono prestata come penna, è contenuta la Calabria, tra l’altro, proprio perché il rabbino di cui mio marito è pronipote era un appassionato di liquirizia e fu questo il motivo che mi condusse nel settembre del 2019 proprio in Calabria. Mi innamorai della Calabria perché io ho sentito proprio nello spirito la passione, l’amore, la tolleranza, la civiltà. Perché la Calabria è crocevia di tante religioni, appartenenze, etnie. Avete anche gli albanesi, un mix che potrebbe identificare la Calabria come la regione perfetta per quanto attiene il discorso della tolleranza del dialogo. E mi ero ripromessa di effettuare un evento importante che avrebbe coinvolto anche Ferramonti perché nella Calabria, tra l’altro, da molte fonti si evince che oltre il 30% della popolazione calabrese e dei cognomi calabresi hanno derivazione ebraica».
«Quando si è nelle altitudini della legalità – conclude Fargion – certi discorsi sono come un pugno nello stomaco. Ed è questo il discorso che mi ha fatto scandalizzare e disgustare, perché questo non lo possono permettere e non lo permetterò. E mi sono data disponibile a discutere col mondo ebraico cercando di far capire che avevano preso una cantonata pazzesca ma nessuno si è degnato di telefonarmi, se non per insultarmi. E questa è arroganza a mio parere». (redazione@corrierecal.it)