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«La Calabria marcia nel Paese fradicio»

Forse, bisognerebbe smettere di autoflagellarci, frustandoci con la “verità” che la Calabria è regione in putrefazione senza dire che il Paese è marcio fino al midollo, che le regioni sono la palla d…

Pubblicato il: 10/04/2021 – 13:25
di Mimmo Nunnari
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«La Calabria marcia nel Paese fradicio»

Forse, bisognerebbe smettere di autoflagellarci, frustandoci con la “verità” che la Calabria è regione in putrefazione senza dire che il Paese è marcio fino al midollo, che le regioni sono la palla di ferro al piede dello Stato, il modello Lombardia fa ridere, anzi piangere, il Mose di Venezia è il più grande imbroglio del secolo, il Piemonte savoiardo è diventato una Valle d’Aosta allargata, Roma è assediata da mafie, corruttori e veneri smandrappate con lo stivalone a coscia alta che fanno affari col petrolio e la ndrangheta. Sulla Sicilia, che ha dimensioni e dignità di nazione, c’è poco da dire, hanno già detto tutto Pirandello e Sciascia tra commedia e letteratura civile. Bisogna dire che il Governo di Mario Draghi è l’ultima spiaggia, prima del naufragio, e chi lo critica non ha capito in che situazione siamo. Lo ha fatto capire, indicando Draghi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cui elezione a suo tempo per fortuna sembra sia stata favorita dallo Spirito Santo, il cui soffio divino di solito è riservato all’elezione del Papa. Diciamo tutto questo non per consolarci vedendo il peggio degli altri, bensì per ragionare che si può risalire da dove il fondo è stato toccato, come in Calabria. Siamo stati schiacciati verso il basso, lentamente, progressivamente, da spinte interne ed esterne e mentre affondavamo siamo rimasti in silenzio, un po’ per carattere e un po’ per viltà. Qualcuno ha abbaiato alla luna, ma non basta. È quel che fanno i cani infastiditi dalla luce, cioè una cosa inutile, tanto nessuno ti ascolta. Comunque avere toccato il fondo è un vantaggio. Prima si tocca il fondo, tanto più rapidamente si torna a galla, diceva il russo Josif Brodskij premio Nobel per la letteratura, in un memorabile discorso tenuto ai suoi studenti del Dartmouth College. Lui parlava della noia, che considerava una finestra sul tempo, ma il ragionamento varrà anche per la Calabria terra ultima e per la schizofrenia italiana delle parolaie e dei parolai del nostro tempo, principesse decadute e principi dissennati e moralisti dei talk show dove uno dice gallina stia zitta e un’altra ha paura delle divise, come i mafiosi, perché quelli hanno paura delle divise. Mai l’Italia è stata così in pericolo, mai è stata così contesa che se non stiamo attenti ci comprano i cinesi col prendi due e paghi uno. Facciamo tutto questo discorso per dire che o si riparte dalla Calabria, che ha toccato il fondo per prima, o non si riparte affatto in Italia. Per essere protagonista la Calabria c’è però la necessità di un passo indietro dei De Magistris, Irto, Occhiuto e altri che mi sfuggono tra i candidati già noti per la presidenza della Giunta regionale. Un passo indietro e un passo avanti dei progetti e dei programmi. Ancora il progetto di Calabria dei candidati non lo conosciamo se non l’intenzione di fare meglio degli altri che hanno preceduto. E questo non basta perché in Calabria finora chi è venuto dopo ha fatto peggio di chi c’era prima. E’ difficile da comprendere e da spiegare ma è un dato oggettivo. Magari dopo un confronto sui programmi tutti insieme fuori dagli schemi partitici si può provare a trovare un leader donna per la Calabria che è regione maschilista forse più di Erdogan e Michel che hanno lasciato in piedi Ursula. Intanto ci sarebbero due cose da fare immediatamente, tutti insieme: alzare la voce e pretendere ora e subito interventi sulla sanità, sulle infrastrutture, sulla tutela dei giovani e delle donne. E basta commissari; ché poi arrivano quelli che per trasmettersi, il virus, può accadere solo a slinguacciarci in bocca, o generali che la divisa dice “o signore guarda chi mi doveva indossare”. Certo, per alzare la voce bisogna avere forza contrattuale, autorevolezza e competenza, e al momento non abbiamo né la prima, né la seconda e neanche l’altra. Purtroppo, in attesa delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale e del presidente della Giunta, abbiamo un presidente effe effe a sua insaputa, eredità senza beneficio d’inventario del lutto per la crudele scomparsa della compianta Jole Santelli – la prima donna assurta alla carica di presidente e che il destino non ha consentito a lei la vita e a noi la possibilità di giudicare il suo operato. Nel frattempo il presidente facente funzione fa quel che può e quel che sa fare, anche quel che non sa fare, portandosi dietro solo l’esperienza delle sue performance teatrali nelle piazze di paese e l’amore (politico) sconfinato per Salvini. È tanto, è poco, o è niente, secondo i punti di vista.

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