«L’impatto socio-sanitario del Covid»
Al Sud il maggiore impatto psicologico a causa della debolezza dei sistemi sanitari. Cambiano le abitudini di vita: 2 persone su 3 hanno smesso di prendere i mezzi pubblici.visite e servizi cancellat…

Al Sud il maggiore impatto psicologico a causa della debolezza dei sistemi sanitari. Cambiano le abitudini di vita: 2 persone su 3 hanno smesso di prendere i mezzi pubblici.visite e servizi cancellati o rimandati per il 52% degli italiani. Circa il 64% della popolazione ha timore degli ospedali.
Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine “Gli italiani e il Covid-19. Impatto socio-sanitario, comportamenti e atteggiamenti della popolazione italiana” realizzata dalla Fondazione Italia in Salute in collaborazione con Sociometrica che analizza le conseguenze della pandemia sul sistema sanitario socio-sanitario nazionale a distanza di un anno. Circa 35 milioni di Italiani hanno avuto problemi a utilizzare servizi e prestazioni sanitarie per patologie non-Covid. In particolare, le cancellazioni e rinunce hanno coinvolto circa 10 milioni di persone. Di queste circa 400 mila hanno rinunciato (o visto cancellare) interventi di ricovero; 600 mila non hanno potuto fare interventi chirurgici e circa 1 milione di persone non hanno avuto le prestazioni di day hospital. Il servizio a cui hanno dovuto rinunciare maggiormente sono le visite specialistiche, cancellate o a cui hanno dovuto rinunciare circa 7 milioni di Italiani e ha riguardato per lo più gli over 65. Lo studio è stato condotto su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta che affronta, oltre le patologie non-Covid, anche l’impatto sui comportamenti collettivi, lo stato psicologico del Paese e l’atteggiamento di fiducia o di diffidenza verso i vaccini.
Molti Italiani, anche al di là delle disposizioni di legge, hanno modificato spontaneamente alcuni comportamenti quotidiani. Due italiani su tre evita di prendere mezzi pubblici ( nelle regioni del Sud la percentuale sale al 70,4% rispetto al 54,1% del Nord); circa 7 persone su 10 hanno scelto di non vedere più amici e conoscenti dentro casa con la differenza che la scelta ha riguardato il 75,4% dei residenti al Sud, praticamente tre su quattro, mentre nelle regioni del Nord la percentuale scende al 61,4%. Altre modifiche comportamentali e d’impatto sullo status psicologico messe in rilievo dalla ricerca evidenziano una crescita dello stress che coinvolge il 49,1% della popolazione ed una riduzione dell’attività fisica che con una percentuale del 43,9%; il 28,8% ha difficoltà del sonno; il 27,1% ha malesseri psicologici di tipo generale; il 25,7% mangia di più o ha smesso di controllare la propria dieta mentre il 16,5% accusa sintomi di depressione.
La ricerca si è focalizzata anche sulle conseguenze dell’epidemia sui minori. Quasi il 60% dei genitori intervistati ritiene che la pandemia abbia avuto un impatto psicologico sui figli minorenni. Per 1 genitore su 4, i minori sono stati “colpiti molto pesantemente”, soprattutto nel caso di famiglie poco istruite. La ricerca rivela, al proposito, una “legge di proporzionalità” tra livello di istruzione dei genitori e impatto sui minori: più basso è il titolo di studio dei genitori e più grave è l’effetto dell’epidemia sui minori.
Discorso tutto particolare per i vaccini. Gli italiani mostrano un atteggiamento molto differenziato: il 7,5% non intende farlo, il 9,9% attende di capire di più, mentre il 7,6% vorrebbe poter scegliere quale vaccino fare. Un Italiano su quattro, però, “non vede l’ora” di fare il vaccino e il 40,5% attende tranquillamente il proprio turno. Le persone che però hanno patologie di vario tipo vogliono tutte essere vaccinate, e anche dal punto di vista sociale ci sono significative differenziazioni, perché sono le persone più istruite a essere più favorevoli ai vaccini.
Il pericolo del contagio ha determinato effetti psicologici anche sull’utilizzo dei servizi sanitari, perché il 63,9% della popolazione preferisce evitare di frequentare ospedali e ambienti della sanità. Solo il 13,8% non ha timore a entrare in strutture mediche. La paura maggiore si riscontra tra la popolazione più giovane.
“Scopriamo un’Italia in grande sofferenza – afferma Antonio Preiti, direttore di Sociometrica – non solo sul piano economico e sociale, ma sul piano molecolare, delle persone, che non salva nessuno e nessun aspetto della vita com’eravamo abituati a viverla. Avere cognizione dell’ampiezza e della profondità del ‘male oscuro’ innescato dal Covid è fondamentale, se vogliamo uscirne senza traumi sociali permanenti”.
L’indagine ha riscontrato come le differenze tra i sistemi sanitari regionali abbiano comportato dei risvolti diversi: la parte dei disagi che si è tradotta in ritardi o rinvii delle prestazioni sanitarie è stata più alta al Sud, e il risultato è clamoroso – secondo Gelli, presidente della Fondazione – se si considera che il virus nella prima fase era concentrato nelle regioni settentrionali. In sostanza l’impatto sul servizio sanitario al Sud dal punto di vista non Covid è stato più pesante rispetto alle regioni del centro-nord.