VIBO VALENTIA Un debito di oltre 9mila euro per il mancato pagamento di forniture. La richiesta di aiuto, per un prestito, alla Caritas che non può intervenire perché ha tempi troppo lunghi e sul capo della famiglia di Roberto Mazzocca pende un pignoramento di attrezzatura da parte del creditore. La Caritas – è la versione della parte offesa – indirizza la famiglia Mazzocca dal segretario personale del vescovo di Mileto, don Graziano Maccarone che risarcisce di 6.700 euro direttamente il creditore, Sergio Politi. In mezzo c’è un lungo scambio di messaggi « scabrosi» tra don Graziano e una delle figlie di Roberto Mazzocca, Danila, alla quale è riconosciuta un’invalidità del 100%. E c’è anche dell’altro. Perché a un certo punto sia Politi (il quale non è imputato) che don Graziano chiedono i soldi indietro a Roberto Mazzocca. La «versione» fornita al debitore è che don Graziano si era ripreso indietro i soldi dati al creditore Politi il quale pretendeva ora i suoi 9mila euro da Roberto Mazzocca. Ma procediamo con ordine.
È durata circa due ore l’udienza che vede imputati, con l’accusa di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose, Graziano Maccarone e Nicola De Luca, rispettivamente segretario particolare del vescovo di Mileto Luigi Renzo, ed ex reggente della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea. Nel corso dell’udienza è stato ascoltato il sostituto commissario coordinatore della Polizia di Stato Antonio Condoleo in servizio alla Questura di Vibo Valentia. «L’indagine ha origine l’otto febbraio 2013 quando Roberto Mazzocca si è presentato spontaneamente alla Questura di Vibo per esibire 12 file audio – in seguito ne ha consegnati altri tre – che aveva registrato a testimonianza della sua vicenda economica, accompagnato da un atto di precetto per la consegna di beni del signor Sergio Politi», ha raccontato il teste rispondendo alle domande del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Irene Crea.
«Il signor Mazzocca – ha proseguito Condoleo – aveva contratto dei debiti con il signor Sergio Politi a causa dell’attività economica, un ristorante su Parghelia, della figlia, Francesca Mazzocca, e non avendo onorato questi debiti era scaturito un pignoramento di attrezzatura per scongiurare il quale Mazzocca aveva ricevuto prima dei soldi a titolo gratuito da parte del signor Nicola De Luca, parroco di Tropea, e successivamente un prestito elargito da Graziano Maccarone, prelato in servizio a Mileto come segretario personale del vescovo». Le indagini coordinate dalla Dda di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, hanno poto sotto intercettazione Nicola De Luca e don Graziano Maccarone il quale usava due numeri di telefono, uno intestato alla diocesi di Mileto e uno era intestato direttamente a Graziano Maccarone.
«Secondo le affermazioni del padre Roberto, il signor Graziano Maccarone aveva forzato la restituzione del debito in quanto aveva ricevuto un diniego a sue pretese di natura extra economica nei confronti di Danila Mazzocca, figlia invalida di Roberto Mazzocca», ha detto il teste che ha definito lo scambio di messaggi «un po’ scabrosi tra Graziano Maccarone e Danila Mazzocca, che risulta invalida al 100% dalla documentazione acquisita dall’Inps».
«Dal Tribunale di Vibo Valentia è stata acquisita copia del fascicolo di esecuzione civile di espropriazione immobiliare promossa da Sergio Politi nei confronti di Francesca Mazzocca (altra figlia di Roberto Mazzocca proprietaria del locale a Parghelia, ndr). Allo stesso tempo la polizia ha accertato che non vi erano procedure per il recupero da parte di Graziano Maccarone nei confronti di Roberto Mazzocca», ha affermato il sostituto commissario. «Sono stati acquisiti i tabulati in uso a don Graziano ed è emerso un corposo scambio di messaggi con Danila Mazzocca, circa 3000 messaggi tra l’11 ottobre 2012 e il 30 gennaio 2013». Il pm chiede se gli scambi fossero reciproci, in sostanza chi prendeva l’iniziativa nello scrivere? «Questo non l’ho accertato – ha affermato Antonio Condoleo –, il primo era in partenza da don Graziano verso l’utenza di Danila Mazzocca». Dall’otto novembre 2012 al 27 novembre successivo si rilevano 10 messaggi da Danila a don Graziano.
Ne corso delle indagini, ha raccontato il teste, «sono emersi dei contatti tra Maccarone e il signor Antonio Giuseppe Tomeo, soggetto noto alle forze di polizia con il soprannome di “Lello” in quanto assiduo frequentatore di Pantaleone Mancuso classe ’61, come emerso nel procedimento “Costa Pulita”. Era emerso che Tomeo era interlocutore di Pantaleone Mancuso nel bar Tony. In particolare vi sono state 3-4 conversazioni di interesse investigativo». Tomeo, imprenditore di Nicotera Marina, non è stato indagati nell’ambito di “Costa Pulita” ma è imputato nel processo “Rinascita-Scott” con l’accusa di associazione mafiosa in quanto considerato legato alla cosca Mancuso col ruolo di «latore d’imbasciate nonché collaborando nella soluzione di questioni relative a vicende economico/commerciali interessanti imprenditori vicini alla consorteria».
«Abbiamo accertato una parentela acquisita Graziano Maccarone che è cugino acquisito di Tomeo. Non risultano, dai controlli su strada, frequentazioni tra Maccarone e Antonio Giuseppe Tomeo ma risultano dei contatti telefonici propedeutici agli incontri tra il Tomeo e Graziano». Tra l’altro il dato forte che emerge dall’inchiesta e che aggrava la tentata estorsione del metodo mafioso, è che don Maccarone “vantava” una parentela con i Mancuso. «Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio il capo dei capi», dice nel corso di una intercettazione. Nel corso di un incontro tra i due sacerdoti e la vittima, a febbraio 2013, don Maccarone mette subito avanti la carta della sua parentela con i Mancuso, dicendo che i soldi che aveva prestato gli erano stati consegnati «dai cugini di Nicotera Marina… non vi dico il cognome… già lo avete capito… sono cugini miei». A testimonianza della propria parentela chiama De Luca: «Digli tu chi sono i miei cugini… così capisce… adesso ci capiamo tutti e due… diglielo». E don De Luca pronto: «I Mancuso». E dato che i Mancuso sono tanti e ognuno appartiene a un capostipite, don Graziano Maccarone diventa più chiaro: «Parenti di Luigi… Eh… siamo nella combriccola… Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio il capo dei capi… no Luni… Luni ormai è quello che era… ma Luigi…».
Dopo l’interrogatorio del pm hanno preso la parola gli avvocati Michele Gigliotti e Daniela Scarfone che rappresentano la famiglia Mazzocca, parte civile nel processo. Hanno chiesto quali fossero le condizioni economiche della famiglia Mazzocca. Il sostituto commissario ha affermato che le condizioni economiche erano precarie tanto che in alcune circostanze Mazzocca aveva fatto ricorso a sussidi.
Le somme richieste erano sempre le medesime o variavano nel tempo?
«Il signor Maccarone chiedeva la restituzione di 6.700 euro, se non erro. Mazzocca sosteneva, invece, che avrebbe dovuto restituire una somma minore».
Nonostante questo Mazzocca «da sempre si è mostrato disponibile a restituire i soldi, come risulta dalle intercettazioni, cercando di avere più tempo possibile poiché vincolava la restituzione alla disponibilità». «Te li restituisco quando ce li ho», avrebbe riferito al Maccarone.
«Politi non era stato pagato per una fornitura di materiale per il valore di 9.983 euro. Don Maccarone ha prestato, per l’estinzione del debito, 6.700 euro che il sacerdote aveva versato non a Mazzocca ma direttamente al signor Politi il quale continuava a chiedere somme a Mazzocca. Circa 2000 euro che corrispondevano all’onorario dell’avvocato, come emerge dalle intercettazioni. Mentre la somma che chiedeva indietro don Graziano Maccarone era corrispondente a 6000 euro», ha affermato il poliziotto.
«Il 15 marzo 2012 vi è una telefonata tra Sergio Politi e don Graziano nel corso della quale il primo chiamava il sacerdote per raccontargli di essersi incontrato con Mazzocca che aveva lamentato di dovere pagare ancora 2000 euro e che non erano conteggiati i soldi che erano stati dati da Maccarone a Politi. Dalle intercettazioni emergeva che Politi avrebbe restituito i soldi al signor Graziano e quindi Politi riteneva di dover avere di nuovo tutta la somma perché il prete si era ripreso i soldi. In realtà dalle intercettazioni emergeva che probabilmente questa era solo una “versione” da fornire al signor Mazzocca», ha dichiarato il teste.
«Nel corso delle indagini – ha raccontato – Mazzocca viene chiamato per pagare l’onorario dell’avvocato, incorso d’opera viene imbastita questa che loro chiamano “versione” della restituzione dei soldi da Politi al signor Maccarone. E Politi reclama l’intera somma (ovvero 9000 euro, ndr). Quindi nello stesso tempo, uno (Politi, ndr) cercava i soldi da una parte e uno (Maccarone, ndr) cercava dall’altra. C’è una conversazione in cui si dice che poi magari li avrebbero divisi. Però allo stesso tempo uno premeva da una parte e un’altro premeva dall’altra».
Nel corso delle indagini, ha riferito il poliziotto, «Mazzocca chiamava don Nicola dicendo che alla luce delle ulteriori “minacce” di don Graziano non intendeva più recarsi all’incontro con don Graziano. Gaziano premeva per avere un incontro alla presenza di Danila per far vedere il contenuto di una pennetta usb ma Mazzocca prende questo come una minaccia e presumo che l’incontro poi salti». Secondo l’accusa tutto lo scambio di messaggi avvenuto in quei mesi era stato archiviato da don Maccarone in una pennetta usb, e lui vuole che anche il padre sappia. Ma il teste Condoleo afferma che la pennetta non è stata acquisita. Ma questa Pennetta l’avete acquisita? «No, solo menzionata – risponde il teste –. Graziano preme per un incontro per chiarire il contenuto dei messaggi e lui voleva far vedere il contenuto di questa pennetta».
L’avvocato difensore di don Graziano Maccarone, Fortunata Iannello, ha chiesto al teste se è vero che nel 2009 Roberto Mazzocca abbia chiesto un prestito alla Regione Calabria.
«Ne ha fatto menzione il signor Mazzocca – ha risposto Condoleo –, ma non l’abbiamo accertato. Diceva che aspettava questo prestito, che poi ha ritardato».
L’ultimo contatto avuto con don Graziano è stato una telefonata il 15 marzo 2013 in cui in qualche modo il signor Maccarone interrompe i contatti con il signor Mazzocca demandandoli a Nicola De Luca dicendo che era il suo delegato. Mazzocca e don Graziano si sarebbero conosciuti perché – ha raccontato Mazzocca – il debitore era andato alla Caritas «per avere questo famoso prestito. La Caritas come ente avrebbe potuto aiutarlo ma con tempi lunghi, quindi da qualcuno della Caritas viene indirizzato verso Graziano», ha spiegato il teste. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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