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l’intervista

Buccinasco, la “Platì del Nord” che combatte la ‘ndrangheta. Pruiti: «Non siamo eroi, è il nostro dovere»

Simbolo e confine tra la legalità e il potere mafioso è l’immobile in parte confiscato alla famiglia del boss, Rocco Papalia. Il sindaco: «Due poteri sullo stesso territorio o si mettono d’accordo …

Pubblicato il: 11/07/2021 – 16:01
di Giorgio Curcio
Buccinasco, la “Platì del Nord” che combatte la ‘ndrangheta. Pruiti: «Non siamo eroi, è il nostro dovere»

LAMEZIA TERME Una contrapposizione di poteri. Da una parte quello legale, rappresentato da un sindaco eletto oltre quattro anni fa, dall’altro quello rappresentato dagli esponenti della criminalità organizzata. Il teatro di scontro è Buccinasco, centro della città metropolitana di Milano. Da tempo ribattezzata la “Platì del nord”, Buccinasco è soprattutto il simbolo di una città che resiste, di un’amministrazione comunale che espressamente ha deciso di non scendere a patti con le potenti famiglie della ‘ndrangheta calabrese che la popolano. Ma è anche il ritratto di una città ostaggio di quei clan che, negli anni, sono riusciti ad espandere il proprio potere, partendo dai centri dell’Aspromonte, fino a raggiungere territori “insospettabili”, ma solo fino a che le inchieste delle Dda riuscissero a svelarne i tratti e i contorni.

L’impegno in trincea del sindaco Pruiti

Ad imprimere una svolta decisiva e un netto cambio di passo rispetto al passato, con coraggio e impegno affatto scontati, ci ha pensato il sindaco Rino Pruiti, finito nel mirino del boss Rocco Papalia. Scarcerato 4 anni fa dopo 26 di carcere, Papalia è considerato uno degli esponenti più importanti dell’emanazione in Lombardia della cosca Barbaro-Papalia di Platì. In un passato non troppo remoto ha già attaccato giornalisti e negato l’esistenza della ‘ndrangheta, conduce una vita “normale”, ma in più di un’occasione ha invitato il sindaco Pruiti ad andarsene da Buccinasco. Già perché Papalia vive in una villetta che per metà è stata confiscata al genero, riassegnata al Comune, e che ora ospita una comunità per migranti minori. Buccinasco e il sindaco Pruiti sono, dunque, in trincea da oltre quattro anni. «Per noi non cambia mai niente – confessa al Corriere della Calabria Rino Pruiti – anzi peggiora la situazione dal punto di vista della cronaca. Loro non smettono, certo, ma noi andiamo avanti a continuiamo a combattere». «Anche se qui – spiega – ci sono delle punte grottesche come la causa civile che ci sta facendo il boss Papalia non so se ha precedenti nella storia italiana». Il riferimento del sindaco di Buccinasco è alla causa intentata proprio da Rocco Papalia contro il Comune per l’uso del cortile della palazzina in parte confiscata e che dà accesso ai box e alla taverna usati proprio dal Comune. «Fortunatamente – spiega Pruiti – e per una volta, i ritardi della giustizia danno una mano alle istituzioni con l’udienza fissata addirittura al settembre del 2022, ben oltre la fine del mio mandato».

Buccinasco manifestazione anti mafia
La manifestazione del 5 luglio 2021

La manifestazione

Una battaglia, però, la si deve combattere contando anche sul sostegno di alleati fidati, quelle amministrazioni e quelle espressioni dello Stato, fondamentali sul territorio. Esempio ne è la grande manifestazione organizzata lo scorso 5 luglio: un corteo di 41 sindaci e di 300 cittadini, tra associazioni, parrocchie e residenti.  «C’era molta gente, tanti sindaci e amministratori, cittadini, associazioni. Insomma, tutte le categorie. Queste manifestazioni però sono più partecipate da chi è più sensibile. I cittadini spesso non partecipano, ma comunque fanno arrivare messaggi, telefonate e-mail. Questa volta c’erano diverse centinaia di persone, quindi è andata benissimo».

La Platì del Nord

La comunità di Buccinasco è marchiata a fuoco con un titolo, la “Platì del Nord” che se all’inizio ha rappresentato un limite, negli anni si è trasformato in una sfida. «In realtà – spiega al Corriere della Calabria Rino Pruiti – la vera Platì siamo noi perché ci sono più cittadini qui a Buccinasco che nel Comune in Calabria, quindi, è una etichetta meritata dal punto di vista numerico. Qui, infatti, ci vivono oltre 2.200 famiglie provenienti da Platì, San Luca e dall’Aspromonte ma c’è da dire che a noi come amministrazione l’etichetta non pesa, non la consideriamo un’offesa ma un qualcosa di cui tenere in conto, di reale, da gestire e farla diventare qualcosa di positivo. Non ci offendiamo, insomma, anche perché a Platì ci sono un sacco di persone e di famiglie che lavorano e vivono onestamente e non hanno nulla a che fare con la ‘ndrangheta».

Rocco Papalia
Il boss Rocco Papalia

Sindaco “antimafia”

Nonostante la sua fermezza, lo scontro aperto con la criminalità e l’impegno civile quotidiano, Rino Pruiti non si sente un eroe e soprattutto non un “sindaco antimafia”. «Lo dico sempre, a volte deludendo la platea: non ci sono eroi, non ci sono persone particolarmente capaci, ma solo chi fa una cosa banale svolgendo il proprio dovere. Ed è forse già questo rivoluzionario laddove chi ci ha preceduto non lo ha fatto, voltandosi dall’altra parte e non si è interessato di piccole grandi cose che poi inevitabilmente si pongono in contrasto con la criminalità organizzata. Far rispettare il codice degli appalti, il commercio, controllare le attività che aprono e chiudere quelle che non si comportano in modalità corretta, fa sì che poi inevitabilmente si vada a toccare quelli che sono gli interessi della criminalità organizzata. Distributori di benzina, bar e molto altro, anche con le interdittive antimafia, abbiamo fatto sì che noi, semplicemente facendo il nostro lavoro, contrastassimo gli interessi della ‘ndrangheta sul nostro territorio, facendo anche cultura antimafia». «Inevitabilmente – spiega Pruiti – si diventa “sindaci antimafia” ma dovrebbe essere una cosa scontata. Due poteri sullo stesso territorio o si mettono d’accordo o si fanno la guerra. Evidentemente noi vogliamo fare la guerra. Sembra un discorso semplice, ma è un po’ la chiave di tutto. Non abbassare la testa e dire “io ci sono e ci metto la faccia” anche da singolo cittadino che segnala alcune cose “sospette” alla polizia locale, ai carabinieri e al sindaco, fa la sua azione antimafia. È un po’ una sinergia fra tutti».

L’immobile – in parte – confiscato (foto La Repubblica)

L’immobile simbolo

Quella porzione di villetta confiscata e assegnata al Comune di Buccinasco, e la coabitazione con il boss Papalia è forse il simbolo più lampante della lotta di potere tra il Comune e la ‘ndrangheta. «Lo abbiamo considerato un po’ il nostro confine – spiega Pruiti – e che cercheremo di difendere al massimo del nostro sacrificio. Tutto però nasce da un errore grossolano perché in sentenza non sono state confiscate le parti comuni che altrimenti rendono impossibile l’accesso alla parte dell’immobile. Noi entriamo dal cancello carraio che porta ai box, alla taverna e alla porzione di casa confiscata ma non aver confiscato le parti comuni è stato un errore». «Se dovessimo perdere la causa e l’uso esclusivo delle parti comuni, tutto il bene sarebbe a rischio. In quel caso Papalia potrebbe metterci la macchina, potrebbe sedersi con una sedia, fare una grigliata e occuparlo, metterci i rifiuti. È un caso di una coabitazione che rischia di diventare drammaticamente importante non tanto per il bene (ne abbiamo uno ogni mille abitanti) soprattutto confiscato alla famiglia Barbaro-Papalia-Sergi, ma per il simbolo che rappresenta». «È in quel cortile – spiega – che organizziamo le nostre iniziative antimafia, ci siamo passati davanti nel corso della manifestazione. Spero che a Roma qualcuno possa fare una legge di una riga che consenta di inserire nella confisca anche le parti comuni. Ma nessuno in realtà se ne sta interessando».

«Manca un po’ lo Stato, quello che fa le leggi»

E quando chiediamo al sindaco Rino Pruiti se si senta solo in questa battaglia quotidiana, la risposta lascia un po’ l’amaro in bocca: «Come persona non mi sono mai sentito solo. Come Comune sì, molto spesso. Quando devo andare a chiudere un’attività e ho alcuni elementi per poterlo fare, e chiedo alla Prefettura se questa è un’attività mafiosa, al 99% non ci viene risposto nulla. È il silenzio che ci porta comunque a non essere omertosi facendo il nostro dovere, ma lo facciamo un po’ da soli. Laddove abbiamo le associazioni, le parrocchie, i sindacati, la Prefettura e molti amministratori locali, manca un po’ lo Stato, quello che fa le leggi e sana determinate situazioni. Speriamo che qualcuno un po’ ci pensi». «Ma il dipendente comunale che con la schiena dritta agisce facendo il suo dovere a Buccinasco, ha dietro le spalle un team composto dalla giunta e dalla maggioranza che amministra il Comune, ma poco altro. I nostri migliori amici sono i carabinieri e in qualche caso i parroci. E quando incontro gli amministratori del Sud abbiamo più o meno lo stesso feeling, le stesse sensazioni». (redazione@corrierecal.it)

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