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la riflessione

«La Calabria saprà per chi votare. Ma non saprà per cosa»

Comuni, al voto il 3 ottobre, tra i quali quindici capoluoghi di provincia (tra le quali la mia Cosenza) e sei regionali. Tra questi, la Capitale d’Italia. E’ quanto sembra essere stato deciso d…

Pubblicato il: 31/07/2021 – 7:15
di Ettore Jorio*
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«La Calabria saprà per chi votare. Ma non saprà per cosa»

Comuni, al voto il 3 ottobre, tra i quali quindici capoluoghi di provincia (tra le quali la mia Cosenza) e sei regionali. Tra questi, la Capitale d’Italia. E’ quanto sembra essere stato deciso dal Consiglio dei ministri nella seduta del 29 luglio scorso.  
Di conseguenza, la Regione Calabria dovrebbe – a meno di sconvolgenti follie che di questi tempi e con quest’afa si renderebbero anche possibili – decidere altrettanto, con decreto del facente funzioni mortis causa dell’eletta Jole Santelli. Consentendo così ai calabresi di scegliere (finalmente) il/la suo/sua Presidente e il proprio Consiglio. Quest’ultimo verosimilmente tinto di rosa, considerata l’introduzione del voto doppio. Dovrebbe essere così non fosse altro per risparmiare tanti quattrini (che in Calabria mancano più che altrove) che si butterebbero al vento evitando la celebrazione del voto nell’election day.
A prescindere dallo sparo che avvia la competizione fisica dei cittadini (che ci augura essere numerosi e protetti da mascherine!) nell’imbuco delle schede nelle apposite urne, si registra a tutt’oggi una anomalia di fondo. Si saprà di qui a poco per chi votare, alternativamente, ma non si saprà per cosa. 
Nei Comuni, anche tra quelli Città Metropolitane, tante le promozioni, numerosi e difficili gli accordi di coalizione, assenti i programmi che dovrebbero caratterizzare il futuro di realtà urbane dalle quali dipende una considerevole produzione del Pil nazionale e una buona vivibilità, sino ad oggi trascurata.
Nella regione Calabria nessuna idea in circolazione dimostrativa della concreta volontà dei candidati (e, ove ci sono, dei partiti che li sostengono) di volere realizzare la rivoluzione che, a chiacchiere, sembrano volere. E dire che ivi si disputerà un confronto che assumerà un valore assoluto in termini di credibilità dei rispettivi sostenitori. Quindi assumerà un significato importante misurativo di un consenso politico da spendere a livello nazionale. 
Ebbene, nonostante ciò, nessuna delle proposte in circolazione reca il progetto, meglio il come concepire e materializzare il cambiamento funzionale a che la regione non sia, come sempre, l’ultima omnia, nel godimento dei diritti civili e sociali
Prescindendo dall’idea politica di uscire dal ultradecennale commissariamento ad acta della sanità, necessita dire con chiarezza l’ipotesi realizzativa, che si spera si distingua da quelle in circolazione che fanno, spesso, mucchio di stupidaggini e banalità. Non solo. Occorre lavorare da subito all’integrazione con il sociale. Ciò allo scopo di assicurare l’esigibilità ovunque dei vigenti Lea, onnicomprensivi dei Liveas, che in pochi considerano assorbiti dal 2017 nei primi.
La sfida più importante sarà comunque quella di realizzare una Regione leggera, che programmi bene, legiferi meglio e controlli rigorosamente ma che disdegni la gestione amministrativa, spesso rubandola indebitamente alla dirigenza, disponibile ad essere «rapinata» delle sue funzioni come segno del servilismo. Lo strumento perché ciò si realizzi e la delega ai poteri locali, ai comuni, magari da incentivare alla formazione di aree vaste strumentali a favorire crescite attraverso una collaborazione attiva nel dare concretezza alla ZES, che sino ad ora ha fatto scena muta.
E ancora. Avrà il compito di investire immediatamente in formazione del personale del sistema autonomistico territoriale, tutto. Questa è una esigenza non più trascurabile, indispensabile per dare certezza erogativa ai fondi resi disponibili dal PNRR, altrimenti destinati a rimanere nelle casse dell’UE. 

*Unical

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