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20.20 | Bombardieri: «La lotta alla ‘ndrangheta riguarda tutti». E sul voto: «Attenti ai boom dei politici sconosciuti»

Il procuratore della Repubblica di Reggio ospite de L’altro Corriere tv ha commentato l’operazione “Inter nos”: «I commissariamenti non sono sufficienti». E sulla riforma Cartabia: «Adeguare le str…

Pubblicato il: 05/08/2021 – 7:00
20.20 | Bombardieri: «La lotta alla ‘ndrangheta riguarda tutti». E sul voto: «Attenti ai boom dei politici sconosciuti»

LAMEZIA TERME In riva allo Stretto a fare ancora rumore è la recente operazione “Inter nos” che ha coinvolto esponenti politici, dirigenti dell’azienda sanitaria ma rivelando essenzialmente uno spaccato inquietante ma certamente non inedito. Una indagine coordinata dal procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ospite dell’ultima puntata di “20.20”, il talk de L’altro Corriere Tv condotto da Danilo Monteleone e Ugo Floro, andato in onda ieri sera. 

“Inter nos”

Per il procuratore di Reggio si tratta, dunque, di «un’operazione importante, soprattutto per l’ambito che interessa ovvero la sanità che, come abbiamo già visto con i commissariamenti delle Asp di Catanzaro e proprio di Reggio, oltre ai disordini amministrativi vede l’infiltrazione mafiosa sempre più presente. Certo, siamo ancora nella fase di indagine ma già siamo ad un punto cruciale e in cui siamo riusciti a ricostruire in maniera puntuale quello che già era emerso negli anni passati e in altre indagini, a cominciare già dal 1996 quando il gip parlava di una “cupola che esercitava pressioni sul sistema delle pulizia negli ospedali”. E poi nel 2008 le indagini avevano puntato l’attenzione su soggetti che sono stati interessati dall’ultima operazione. Abbiamo ricostruito un contesto ambientale operativo di soggetti che da anni si occupano delle pulizie negli ospedali, con proroghe degli appalti in continuo e senza che venissero bandite gare, fino al 2016 con la nuova gara aggiudicata». «Grazie alla GdF – precisa Bombardieri – siamo riusciti a concretizzare una serie di elementi documentali e investigativi che arrivano direttamente dagli indagati stessi che commentano le richieste di pagamento, che ricostruiscono l’ambito in cui l’aggiudicazione del 2016 è avvenuta. Siamo riusciti a concretizzare quello che già emergeva da tempo in quest’ambito ovvero la proroga dei servizi di pulizia nei distretti centro e jonico reggini, avvenuta su due livelli, uno dell’infiltrazione ‘ndranghetista, l’altro attraverso la corruzione». Quello che è emerso, dunque, è uno spaccato che va oltre il singolo fatto e che investe proprio l’elemento culturale quando si parla, ad esempio di soldi “benedetti” e si discute di corruzione. «La cosa che lascia basiti – ha detto Bombardieri – è che oggi noi ritroviamo la realizzazione di quello di cui si parlava già nel 2008, quando alcuni rappresentanti di queste aziende pensavano di “mettersi insieme”, di “sposarsi” come dicono loro stessi, prevedendo la necessità di creare fondi neri in cui tutti mettevano soldi per poi utilizzarli per la corruttela». Soldi “benedetti” proprio perché tutto nasce dalle forme di corruzione nei confronti di funzionari ancora di rilievo nonostante fossero un pensione da anni. «Erano capaci comunque di intervenire in un sistema in cui hanno fatto parte per anni. Grazie a loro avevano la possibilità di indicare i ribassi, risparmiando milioni di euro. Episodi che vanno oltre e che si innestano in un panorama operativo su vari livelli ma che è desolante».

Il mercimonio delle “cosa pubblica”

C’è però una dinamica che si potrebbe ricomprendere in quello che è il mercimonio della cosa pubblica. A fronte della mole investigativa e delle inchieste comunque condotte negli ultimi anni, un fenomeno però che non si arresta. Serve forse un intervento legislativo sul sistema burocratico complesso come quello sanitario e sulla trasparenza degli appalti. Per il procuratore Bombardieri «il problema che si pone è che tutto quello che è avvenuto, è avvenuto in un’Asp commissariata da tempo. Bisogna capire, dunque, che il commissariamento non è sufficiente perché al di sotto del profilo dirigenziale dei commissari è accaduto tutto quello che è emerso dalle indagini. Dalle nomine alle proroghe e la corruttela che neanche i commissari sono stati in grado di arginare, anche in periodo di pandemia». «Bisogna porsi il problema se prevedere la figura dei commissari, lasciando inalterata la struttura amministrativa e burocratica che è alla base di un’operatività complessa come quella di un’Asp, è sufficiente a garantirne la trasparenza». 

«Il commissariamento, da solo, è insufficiente»

«Non dico che ci sia un abuso del commissariamento ma è chiaro, così come nei Comuni, è uno strumento che da solo non è sufficiente. Il problema è che non è possibile che l’amministrazione di un Comune eletta democraticamente e che dovrebbe svolgere il proprio lavoro negli interessi della comunità,   venga sostituita da un funzionario che magari non è contatto con la comunità o i cittadini e che lavori magari tre giorni a settimana e che magari deve dare risposte a più realtà amministrative. Il commissariamento deve funzionare in modo diverso, con l’impiego di forze pari a quelle che si sostituiscono». 

«La lotta alla ‘ndrangheta riguarda tutti»

La provincia di Reggio è oggettivamente permeata dalla massiccia presenza delle ‘ndrine e l’elenco delle operazioni e degli arresti è decisamente lungo. I magistrati e le Procure, dunque, hanno fatto la loro parte. Resta di capire se, a fronte di questo massiccio impegno degli organi di polizia, si percepisca nella comunità almeno la crescita della consapevolezza. «La lotta alla ‘ndrangheta – ha detto Bombardieri – non si può fare solo con la repressione ma è la lotta di ciascun cittadino, della società civile, della politica e dell’economia. Noi possiamo arrestare quante persone vogliamo, ma la magistratura interviene quando il reato è stato già commesso. Il problema è creare quelle condizioni di sviluppo che consentano di sostituire ciò che si reprime con una cultura di legalità e di crescita culturale. La lotta alla ‘ndrangheta non riguarda solo la magistratura ma riguarda tutti, non è un’opzione da delegare alle forze di polizia e se ancora oggi siamo ancora impegnati in questo contrasto, allora qualcosa va cambiato e va rivisto. Dal ’90 ad oggi è stato fatto un grosso passo avanti nella società civile e nello sviluppo della coscienza anti-ndrangheta, anche grazie ai mezzi di comunicazione e le organizzazioni sane che si definiscono anti-ndrangheta perché bisogna schierarsi con chi effettivamente si è esposto contro la ndrangheta. Nessuno chiede nuovi eroi, è ovvio. Molti si espongono, denunciano e sappiamo che non è facile ma devono farlo tutti o almeno bisogna stare vicini a chi invece l’ha fatto e si è assunto la responsabilità anche nell’interesse degli altri che preferiscono non farlo». «Cento che denunciano diventano un martello ma uno che denuncia e viene lasciato solo, diventa un bersaglio. Non ci si può più girare dall’altra parte, la società civile e le forze dell’ordine hanno creato le condizioni che consentono a tutti di non girarsi dall’altra parte. Il problema che spaventa è che oggi sentiamo ancora vittime di estorsioni e di intimidazioni che dicono “tutto sommato non è un problema mio, se ne devono occupare le forze dell’ordine” ma questo non è vero». E, in merito al nuovo fascicolo aperto nei confronti del distretto giudiziario del Catanzarese, Bombardieri ha le idee chiare: «Le operazioni di bonifica devono dare fiducia alle persone perché dimostra come la magistratura sia capace di fare pulizia anche al proprio interno. Non deve essere banalizzato o ridotto ad un contrasto o ad una lotta territoriale. Non si tratta di un conflitto ma un accertamento doveroso di possibili fatti di reato». 

La discussa riforma della giustizia

Sulla riforma Cartabia, Bombardieri finora aveva deciso di astenersi ma, ha detto a 20.20, «applicheremo ovviamente qualunque norma, sebbene non si possa sfuggire alle critiche e alle obiezioni sollevate in questi giorni da altri colleghi, Cafiero de Raho e Gratteri su tutti. Bisogna però ricordare alcuni numeri importanti e che non rappresentano dunque opinioni personali ma fatti oggettivi: a Reggio in Corte d’appello pendono ancora 120/130 procedimenti della Dda. L’organico della Corte d’appello presenta una scopertura di circa il 40%. Si capisce bene che da questi dati che imporre dei termini capestro per le decisioni di questi procedimenti non vuol dire accelerare i processi ma fissare una “dead line” agli accertamenti di quei fatti di reato. E parliamo solo della criminalità organizzata lasciando da parte tutto il resto. Intanto gli accorgimenti apportati sono importanti perché posporre l’entrata in vigore di determinanti termini dà al governo la possibilità di apportare gli accorgimenti necessari e creare quelle strutture indispensabili anche perché molti sono processi lunghi e articolati ma non per colpa della magistratura o degli avvocati». «Ci sono poi tante altre cose che bisognerebbe cambiare ma soprattutto capire con quali risorse. È difficile andare a regime con questa situazione. Pensare che il termine possa decorrere dalla presentazione dell’appello o dal ricorso è una bella affermazione di principio, ma contrasta con quella che è la realtà dove mancano perfino i cancellieri, ci sono fascicoli che arrivano in Corte dopo un anno». «Bisogna adeguare le strutture per far fronte alle riforme che si vogliono mettere in campo». 

Nuove norme di comunicazione

Il ministero di Grazia e Giustizia ha approntato un testo legislativo nel quale vengono fissati alcuni criteri per uniformarsi alla direttiva europea del 2016 e che riguarda in particolare la conferenza stampa. Viene stabilito che a parlare siano solo i Procuratori della Repubblica, che i sostituti vengono “silenziati”, e che rimanga in capo al Procuratore decidere quando convocare la conferenza stampa che deve essere di rilevanza pubblica. «In questo momento – ha detto Bombardieri – la magistratura è in un momento di debolezza. Ma si tratta, in questo caso, di norme che già il consiglio superiore aveva previsto. Regolamentare la comunicazione non mi spaventa, le conferenze stampa sono già organizzate così, e molto spesso ci limitiamo ai comunicati della polizia giudiziaria, valutando quelli che sono gli interessi della collettività. Non lo vedo come un attacco, dunque, e al di là delle false affermazioni, spesso le conferenze stampa sono organizzate per rassicurare i cittadini e parlare direttamente con loro. Anche nel caso dell’ultima operazione, dare conto dell’attività svolta è un dovere oltre che una necessità di conoscenza della popolazione. dando informazioni corrette nonostante si tratti di una fase preliminare. Okay dunque alle regole, ma non alle limitazioni».

Il voto

Calabria al voto tra due mesi circa. E la grande speranza è che la raccolta dei consensi e la qualità vada oltre le logiche del bisogno, del malaffare e della commistione politica-criminalità. «Sono sicuro che i cittadini abbiano la capacità e la maturità giusta per capire oltre i meccanismi dell’illegalità. Abbiamo visto però soggetti sconosciuti alla politica che da una fase all’altra raccolgono moltissimi voti che gli vengono indotti dai manovratori che poi però passano all’incasso. Nell’ultima ordinanza è stata riportata una conversazione in cui i soggetti indagati avevano previsto di investire in un soggetto che non deve alcun voto in modo da rendersi conto che verrà eletto solo grazie a loro, questo deve preoccupare». «Sono contrario alle generalizzazioni, non si tratta di politica in senso assoluto ma di soggetti singoli, individuali e che cercano scorciatoie rimanendo vittime loro stessi di pretese successive». «Reggio Calabria – da detto Bombardieri – non ha solo problemi di ‘ndrangheta. Il cittadino ha bisogno di giustizia per le sue istanze, e la giustizia deve essere assicurata a tutti». 

Le nuove tecnologie

Le recenti inchieste della Procura di Reggio hanno messo in evidenza quanto la nuova tecnologia a disposizione degli inquirenti, alla fine, non funzioni come deterrente. Eppure per Bombardieri bisogna partire dal concetto che «delle nuove tecnologie si avvalgono anche le organizzazioni criminali e anzi, dobbiamo essere sempre pronti e in qualunque ambito, dobbiamo star dietro alle tecnologie che le organizzazioni utilizzano come ad esempio nei traffici internazionali di droga». «Ci sono figure criminose che necessitano della vittima, come ad esempio l’usura e le estorsioni. Se la vittima non denuncia è impossibile venirne a conoscenza e spesso noi veniamo a conoscenza di questi fenomeni criminali nell’ambito di altre indagini». «La tecnologia è importantissima. Recentemente abbiamo ricostruito una vicenda omicidiaria risalente agli anni ’80 grazie alle nuove frontiere scientifiche, facendo degli accertamenti sui reperti del Dna all’epoca raccolti dai carabinieri e che con le tecnologie di oggi ci hanno permesso di chiudere il cerchio e dare riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori e le ricostruzioni tecniche effettuate dalle forze dell’ordine». 

La cooperazione internazionale

Giovanni Bombardieri coordina dalla Procura che dirige quello che è il contrasto alla criminalità organizzata in una provincia, quella di Reggio, che ha da tempo visto le diramazioni anche a livello nazionale e soprattutto internazionale, spesso superando anche le fantasie cinematografiche. Vale per le utenze, ad esempio, utilizzate per parlare direttamente con i sudamericani o il porto di Gioia Tauro all’interno del quale mensilmente avvengono ingenti sequestri di droga. Secondo il Procuratore però «c’è la consapevolezza della pericolosità nelle proiezioni internazionali come in Canada, Australia o Stati Uniti. Per non parlare dell’Europa con la Germania, l’Olanda e il Belgio. Ma c’è una maggiore consapevolezza anche grazie ai nuovi strumenti che ci consentono di comunicare con le forze di polizia estere. La collaborazione è il meccanismo da sviluppare maggiormente di fronte ad una ‘ndrangheta che si muove freneticamente in tutto il mondo. L’esigenza attuale è quella di comunicare in tempo reale, con strutture investigative comuni anche perché la ‘ndrangheta in Europa si è trasformata, delocalizzando le proprie attività. Noi possiamo trasferire il nostro “know how” all’estero e i colleghi chiedono sempre di più il nostro appoggio. Come forza di polizia giudiziaria noi siamo ai vertici e siamo da esempio».

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