Il prossimo 3 e 4 ottobre andranno al voto venti comuni capoluogo di provincia, di cui sei sono capoluogo di regione e cinque città metropolitane. In quanto tali le consistenti cittadinanze impegnate nell’esprimere il voto meritano una particolare cura informativa dei candidati a sindaco (e non solo). Avranno l’onere, tra l’altro, di rappresentare gli impegni assunti in materia di miglioramento del sistema erogativo delle prestazioni sociosanitarie. Lo dovranno fare attraverso una accurata programmazione che tenga anche conto di quella del governo regionale e di quella statale emergenziale. Non solo di quelli aspiranti alle anzidette poltrone di sindaco delle grandi città bensì di tutti i 1.349 comuni al voto, ivi compresi quelli ricadenti nelle regioni a statuto speciale.
Questo è un dovere impellente, divenuto nella contingenza epidemica assoluto e inderogabile. Ciò in quanto, ad eccezione di qualche primo cittadino (sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, su tutti) dimostratosi più sensibile, perché più colpito dai danni umani registrati nella propria città, gli altri hanno esercitato, nella lotta al Covid-19, un ruolo nettamente al di sotto del potenziale esercizio di potere che la norma assegna loro in via istituzionale. I più sono sembrati, infatti, più certificatori passivi del disastro piuttosto che rendersi protagonisti iperattivi, così come preteso da parte di chi è chiamato ad essere ritenuto dalla normativa una concreta espressione della massima autorità sanitaria locale, della quale gli stessi si fregiano da decenni.
Un loro compito irrinunciabile sarà pertanto quello di partecipare attivamente alla ricostruzione dell’assistenza territoriale, non solo attraverso un corretto esercizio della Conferenza dei sindaci collaborativa delle aziende sanitarie territoriali bensì proponendo la migliore individuazione (finalmente) di aree vaste sulla quali agire con puntualità e spessore scientifico. Il territorio, che dovrà passare da autentico trascurato esempio dell’abbandono a sistema dell’assistenza reale garantita, ha bisogno del loro intervento sia di ricerca che propositivo. Una attività, questa, che dovrà essere svolta con la attenzione necessaria, direttamente nel garantire l’assistenza sociale quale funzione fondamentale dei comuni e soprattutto nell’individuare le condizioni obiettive che costituiscono i presupposti essenziali e indefettibili per determinare una corretta ristrutturazione dell’assistenza territoriale sanitaria di nuova specie, che vedrà nelle case di prossimità uno strumento fondamentale.
I sindaci dovranno, di conseguenza, rendersi parte attiva di ciò che nel sistema sociosanitario nella sua interezza è sempre stato trascurato, nonostante la sua primaria essenzialità. Dovrà farlo attraverso la profusione di un improbo impegno istituzionale, costituendosi quanto più possibile in filiera volontaria attiva in tale senso, a rilevare i bisogni epidemiologici della popolazione e a verificare gli indici di deprivazione socio-economica prevalenti finanziariamente ostativi a ricorrere ad una assistenza alternativa a quella accreditata e contrattualizzata dal rispettivo Servizio sanitario regionale.
*Unical
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