È da poco cessato il clima elettorale regionale ed evaporati i fumi della felicità ovvero della delusione, rispettivamente, vissuti dagli eletti e dai bocciati.
Ai premiati dalle urne tocca, quindi, arrotolarsi le maniche e lavorare.
Il presidente Roberto Occhiuto lo farà individuando la sua migliore giunta; il consiglio regionale dovrà cominciare a scaldare i muscoli per cambiare la sua corsa legislativa, sino ad oggi e da sempre affrontata con le stampelle della incapacità e della rinuncia ad esercitare i compiti istituzionali.
I calabresi non vedono l’ora di esigere i servizi fondamentali e le prestazioni essenziali che non hanno mai avuto, sanità in primis. Lo vuole la Costituzione!
Per realizzarlo necessita abbandonare da parte di tutti i vecchi e reciproci vizi: la politica deve realizzare l’indispensabile meglio, prescindendo dal facile consenso; la società civile deve rivendicare nella sua totalità, sfuggendo a quelle corse in avanti che appartengono al peggiore privato, inteso come conquista della soluzione al proprio singolo interesse spesso a discapito di quello pubblico.
L’esito elettorale ha offerto, al di là delle contorsioni interpretative che si registrano in questi giorni, la chiara visione che in Calabria si è andato ben oltre l’abbandono delle ideologie. Si è privilegiato il pragmatismo, che ha fatto sì che fossero messi da parte – fatta eccezione per Oliverio testimone di un coraggioso masochistico tentativo – i leader non avvezzi a frequentare l’arena della politica governativa, ove strappare quel consenso centralista senza il quale la Calabria non potrà mai uscire dalle sabbie mobili ove l’ha ricondotta quella nostrana.
Il primo dei risultati da concretizzare – lo predico da anni – è l’exit-strategy dal commissariamento ad acta. Ciò può avvenire ricorrendo ad un decreto legge che metta tempestivamente la parola fine al decreto Speranza (D.L. 150/2020) ovvero ad un provvedimento di revoca dell’attuale commissario Longo e la contemporanea nomina del presidente Roberto Occhiuto, con conseguente riorganizzazione del sistema della salute aziendale.
Insomma, è necessario riprendere a correre per approvare in Consiglio regionale una riforma strutturale della sanità calabrese, ampiamente condivisa con tutti gli attori protagonisti dell’assistenza e ben discussa nella sua sede legislativa, intesa a ridisegnare da capo la organizzazione della salute.
Non solo. Che la stessa sia realmente tale, privilegiando in maniera assoluta il territorio, abbandonato da 30 anni a se stesso, con tante vittime al seguito, e la rivisitazione della rete ospedaliera secondo necessità, fabbisogno epidemiologico, anche post Covid, e perché no gusto estetico e comodità sociale. Insomma, alla istanza di tutti di salvare la propria pellaccia dal coronavirus-Delta necessita sostituire quella di costruire un sistema degno di questo nome che riempia le case di assistenza domiciliare, le periferie di quella primaria e di presidi intermedi, che soddisfi infine la domanda di ricovero che l’assistenza di prima fascia dovrà prescrivere con scienza e tanta coscienza, mettendo da parte ogni effetto liberatorio.
Tutto questo dovrà essere assistito ovviamente da una sensibile rivisitazione del vecchio organico secondo i dettami scientifici che il Covid ha insegnato, ma soprattutto sulla base di una assistenza che privilegi la persona umana che vive il suo territorio rispetto alla spedalità, spesso evitabile. Dunque, un nuovo fabbisogno di personale con attività concorsuali da mettere in essere subitissimo, previa sospensione di quella in corsa, a soluzione della migliore tutela della salute e compensazione di quel grave danno subìto dal blocco del turnover che ha fatto sì che al Servizio sanitario calabrese venissero a mancare all’appello oltre 4 milia operatori sanitari.
Pronti via, per il Presidente Occhiuto e un Governo nazionale che finalmente decida di riconoscere l’esistenza della Calabria della non salute, cui assicurare quanto prescritto dalla Costituzione, ovvero che i livelli essenziali di assistenza che «devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» vengano resi esigibili da subito ai calabresi.
Ai Sindaci e ai consigli comunali calabresi un vecchio ruolo da riscoprire di rivendicare compiti e impegno istituzionale per ispirare un progetto di erogazione della salute che soddisfi le loro collettività, soprattutto quelle periferiche (che sono tantissime, il 32% del totale). Un esercito del quale non si potrà fare a meno per cambiare radicalmente rotta.
*Unical
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