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L’inchiesta

“Petrolmafie”, in nove chiedono di patteggiare

Presentate davanti al Gup di Catanzaro le richieste di alcuni degli imputati dell’inchiesta istruita dalla Dda. In 18 accedono al rito abbreviato

Pubblicato il: 16/10/2021 – 6:50
“Petrolmafie”, in nove chiedono di patteggiare

CATANZARO In nove hanno chiesto di patteggiare e in 18 di accedere al rito abbreviato. Le richieste sono state presentate venerdì nel corso dell’ultima udienza preliminare nell’aula bunker di Lamezia Terme nell’ambito dell’inchiesta denominata Petrolmafie. Si tratta dell’inchiesta istruita dalla Dda di Catanzaro contro presunti illeciti perpetrati dalle cosche del Vibonese e loro sodali nell’affare degli idrocarburi.
Nel corso dell’udienza, il gup Matteo Ferrante ha deciso di stralciare la posizione di Gabriele La Barbera per difetti di notifica.
Davanti al gup hanno deciso di patteggiare Alberto Pietro Agosta, di Catania; Enrico Agosta di Catania; Gennaro Basile di Napoli; Luigi Borriello di Torre del Greco; Raffaele Celotto di Napoli; Francesco Reugeri di Motta Sant’Anastasia; Antonino Signorello, di Belpasso; Ciro Sodano di San Giorgio a Cremano e Giuseppe Terranova di Vibo Valentia.

Al rito abbreviato

Mentre secondo la decisione adottata dal Tribunale di Catanzaro accederanno al rito abbreviato diciotto indagati della maxi operazione che ha interessato complessivamente 85 gli imputati.
Si tratta, in particolare, di: Francescantonio Anello di Filadelfia, Giuseppe Barbieri di Sant’Onofrio; Armando Carvelli di Crotone, Giovanni Carvelli di Petilia Policastro; Gerardo Caparrotta; Salvatore Giorgio di Catanzaro; Vincenzo Zera Falduto di Reggio Calabria; Giocchino Falsaperla di Catania; Filippo Fiarè di San Gregorio d’Ippona; Pasquale Gallone di Nicotera; Marco Lione di Terzigno; Giuseppe Mercadante di Casal di Principe; Antonio Ricci di Montecorvino Pugliano; Alessandro Primo Tirendi di Gravina di Catania; Francesco Mancuso di Limbadi; Daniele Prestanicola di Maierato; Domenico Rigillo di San Vito sullo Ionio; Orazio Romeo di Acireale.

Le accuse

Secondo quanto emerso dell’indagine coordinata dalla Distrettuale di Catanzaro, tutti gli imputati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti di estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Da quanto emerso nel corso delle indagini tutte queste attività illecite sarebbero state inoltre compiute per agevolare le cosche.
L’inchiesta è incentrata sulle figure di taluni imprenditori vibonesi, i D’Amico, attivi nel settore del commercio di carburanti, ritenuti espressione della cosca Mancuso di Limbadi, nonché collegati alle articolazioni ‘ndranghetistiche sia della Provincia di Vibo Valentia (Bonavota di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, Anello di Filadelfia e Piscopisani) che del “reggino” (cosca Piromalli, cosca Italiano di Delianuova, cosca Pelle di San Luca).

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