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Il genero di Grande Aracri: «Tallini e Talarico a nostra disposizione»

Giovanni Abramo racconta l’affare dei farmaci e la presunta raccolta dei voti per il politico. «Lo conoscevo di fama, non di persona»

Pubblicato il: 09/11/2021 – 19:00
di Alessia Truzzolillo
Il genero di Grande Aracri: «Tallini e Talarico a nostra disposizione»

CATANZARO «Nel 2014 Pino Colacino detto “Shampoo” e tale Salvatore Chiarella vennero da me alla presenza di Giuseppe Liperoti. Mi dissero che servivano voti per la candidatura di Tallini alle elezioni regionali, su Cutro e Catanzaro». Il 6 settembre scorso Giovanni Abramo, genero del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, ha deciso di raccontare la sua su quanto sa riguardo all’affaire “Farmabusiness” che coinvolge anche l’ex presidente del consiglio regionale Domenico Tallini accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso. Sia Colacino che Chiarella non sono imputati nè indagati nel procedimento della Dda di Catanzaro.
Abramo specifica che «Tallini lo conoscevo di fama, ma non di persona» e che «di lui seppi che poteva assicurarci appoggi di ogni tipo. Questo me lo disse Pino Colacino, dicendo che il Tallini era a nostra disposizione con noi dopo che gli assicurammo il voto».
Il genero di Nicolino Grande Aracri racconta, inoltre, che l’incontro per la richiesta dei voti avvenne tra dicembre e gennaio. «Ricordo che il Chiarella ci diede i bigliettini elettorali relativi al Tallini. In quella occasione non ci fu esplicitato il tornaconto che la mia famiglia avrebbe ritratto da questo nostro intervento elettorale». In quel periodo i vertici della famiglia di Cutro si trovavano in prigione e Abramo era «il rappresentante in quel momento».
I magistrati presenti all’interrogatorio di Abramo – l’aggiunto Vincenzo Capomolla e i sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio – chiedono a Giovanni Abramo se tale Chiarella (un ingegnere di Catanzaro), conoscesse la caratura mafiosa della famiglia Grande Aracri. «Lui era pienamente consapevole della caratura della nostra famiglia e si rivolse a noi perché sapeva quali potevano essere le nostre potenzialità sul territorio», afferma Abramo.
La famiglia rispose positivamente alla richiesta dei voti: «L’organizzazione della attività fu assicurata da Pino Colacino che era “l’intelligenza” della nostra famiglia. Il Colacino concretamente andò a procacciare i voti richiesti. So che prese parecchi voti. Questo ce lo disse lui». 

Non solo Tallini

«Posso dire che un altro politico che sapevo essere a nostra disposizione era Francesco Talarico. Questo me lo disse Antonio Gallo, imprenditore nel settore dell’antiinfortunistica che era nostro amico», racconta il genero di Grande Aracri. Francesco Talarico, ex assessore al Bilancio della Regione Calabria, è stato di recente condannato a cinque anni di reclusione per voto di scambio politico-mafioso nell’ambito del processo, con rito abbreviato denominato “Basso Profilo”.

La vicenda dei farmaci

Abramo ricorda che «la vicenda dei farmaci», ovvero l’investimento della famiglia Grande Aracri nell’affare proposto da Domenico Scozzafava di vendita all’ingrosso di medicinali «avvenne prima rispetto a quella per i voti che fu fatta dal Chiarella». Sull’affare Abramo specifica che sui farmaci «io feci un investimento, e quindi avevo necessità di sapere l’evoluzione dell’affare. Rispondo sul punto dicendo che sicuramente il commercialista De Sole era pienamente consapevole dei termini dell’affare» ma che dopo il suo arresto non ne seppe più nulla e nulla dice a proposito del coinvolgimento del fratello del boss, Domenico Grande Aracri. Nella costituzione delle società per il commercio dei medicinali venne coinvolto, secondo l’accusa, anche il figlio di Domenico Tallini. Abramo afferma che gli fu «data assicurazione del fatto che con l’onorevole Tallini avremmo avuto tutte le autorizzazioni. Quindi avallai l’assunzione del figlio del politico».
Secondo Abramo un ruolo importante nell’affare lo ebbe l’imprenditore Domenico Scozzafava, tanto che «con Scozzafava parlai almeno due volte dell’affare; in una delle due circostanze gli diedi i soldi», racconta Abramo secondo il quale «Scozzafava era una persona vicino a Gennaro Mellea (non indagato né imputato in questo procedimento, ndr) che ce lo presentò». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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