CROTONE Chiuse le indagini dell’operazione “Erebo Lacinio”. I pubblici ministeri della Distrettuale di Catanzaro Paolo Sirleo e Domenico Guarascio, secondo quanto riportato dalla Gazzetta del Sud, hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini alle nove persone finite nell’inchiesta su un presunto traffico illegale di rifiuti e di truffa nel Crotonese. A finire nei guai la 55enne Antonella Stasi, titolare delle quote del “Gruppo Marrelli” e già presidente facente funzioni della Regione; Anna Crugliano (47 anni), legale rappresentante dell’azienda agricola “Le verdi praterie Srl” con sede a Isola Capo Rizzuto; i dipendenti della società, Francesco Carvelli (57), Salvatore Esposito (51) e Salvatore Succurro (42); gli operai dell’azienda, Antonio Muto (58) e Raffaele Rizzo (50), il tecnico Roberto Stasi (49); e “Le verdi praterie Srl”, alla quale vengono addebitati la violazione di norme ambientali.
Tutti e nove dovranno rispondere a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti; truffa ai danni del Gestore del servizio energetico nazionale; illeciti fiscali; indebita percezione di erogazioni pubbliche; e gestione abusiva dei rifiuti.
L’operazione scattata lo scorso 2 marzo su impulso della Distrettuale di Catanzaro, avrebbe ricostruito un sistema fraudolento tesi ad intercettare illecitamente fondi pubblici per 19.852.838,43 euro. Inoltre gli inquirenti contestano anche un traffico di rifiuti legato alla produzione di energia da Biogas.
Secondo quanto ricostruito dalle fiamme gialle, Antonella Stasi, assieme al marito Massimo Marrelli (l’imprenditore della sanità privata deceduto il 27 novembre 2018) e ad altri 6 indagati, avrebbero promosso un’organizzazione mirata a mettere in piedi l’ipotizzato raggiro attraverso “Le verdi praterie”.
Al centro dell’operazione, appunto la società di Isola Capo Rizzuto nata nel 2005 come azienda agricola e di produzione e trasformazione dei prodotti caseari. Secondo quanto riportato dall’inchiesta, tra il 2010 e il 2011 “Le verdi prateria” avrebbe realizzato «un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile costituito dal biogas derivante dalla digestione anaerobica di biomasse animali e vegetali». Secondo i magistrati Sirleo e Guarascio, l’impianto avrebbe iniziato ad operare prima di avere tutte le autorizzazioni utilizzando per l’alimentazione prodotti non tracciati e non comunicati. In questo modo l’azienda avrebbe percepito illecitamente dal Gestore del servizio energetico nazionale fondi pubblici per oltre 19 milioni di euro.
Nello specifico, osservano i due pm, Stasi avrebbe impartito ai vertici e al personale de “Le verdi praterie” le direttive operative per assicurate il costante approvvigionamento di materiale di origine animale e vegetale da immettere nell’impianto di biogas. Allo stesso modo Stasi avrebbe pure dettato la linea alla società sia per lo sversamento del rifiuto organico che per la separazione illecita del nocciolino dalla sansa in corso di lavorazione per alienare il rifiuto a terzi, Mentre in merito allo smaltimento illecito del “digestato” (il materiale che resta dalla produzione del biogas), il fertilizzante sarebbe stato sversato sui terreni di Isola Capo Rizzuto come un semplice rifiuto.
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