«Pace a questa casa ed a chi la abita»
«Da lontano già si sentiva la campanella e, piccolino, mi affacciavo alla finestra per vedere cosa di bello stesse accadendo nella vita monotona del quartiere. In speciali occasioni avevo visto passa…

«Da lontano già si sentiva la campanella e, piccolino, mi affacciavo alla finestra per vedere cosa di bello stesse accadendo nella vita monotona del quartiere.
In speciali occasioni avevo visto passare la banda e le imposte delle case aprirsi alla letizia recata da un qualche evento straordinario.
Ma, quella campanella, semplice ed al contempo così solenne, mi attraeva di più: l’udivo pian piano avvicinarsi a casa mia ma non la vedevo, la cercavo…ma niente!
Alcuni anni dopo, crescendo nella fede, ne intesi il significato.
Dio ci cerca e si fa sentire ma spesso non Lo vediamo fino a quando non arriva, in profondità e decisamente dentro la nostra vita!
Ecco, oggi voglio parlare di una cosa che non c’è più una che ricordo con tanta nostalgia e dirò perché. D’un tratto quella campanella si faceva ancora più prossima ed appariva il parroco, accompagnato da due chierichetti, vestito, il primo, con una cotta ricca di merletti, molto raffinata, che si vedeva fosse stata realizzata da mani sapienti e con Amore per il ministro di Dio; i due ragazzini, con camici più semplici, bianchi con strisce purpuree. Insomma, una piccola processione che arrivava fino a casa mia!
Che emozione, quando il sacerdote entrava in casa: indossava la stola e pronunziava le parole insegnate da Gesù ai discepoli, di cui parla il Vangelo di oggi: Pace a questa casa!
Quindi, intingeva l’aspersorio nel secchiello con l’acqua benedetta, retto diligentemente da uno dei suoi piccoli “assistenti” (i quali facevano a gara per dividersi l’incombente…) e cominciava a girare per le stanze cospargendole di acqua santa.
In tante case – ed anche a casa mia – c’era qualche ammalato e quell’ingresso del Signore fin dentro le piaghe della famiglia, era come un raggio di sole, per loro e per i familiari che vivevamo anch’essi immersi nella sofferenza, umile e dignitosa. Terminato il giro, tutta la famiglia si raccoglieva in preghiera attorno al sacerdote. Era un momento bellissimo perché sentivi che la pace era scesa su quella casa, sulla tua casa. Il parroco consegnava, quindi, delle immaginette a ricordo della visita che mia mamma conservava gelosamente vicino all’altarino ai piedi della Mamma di Gesù. Già adulto, ero sposato ed erano già venuti i miei due bambini, erano piccoli. Venne a casa il parroco e lo accogliemmo con entusiasmo. Come sempre la gioia era grande, soprattutto nel nostro primogenito, nel quale rivedevo la felicità di quando io ero piccolino, per quella visita speciale. In quella occasione accadde un fatto particolare. Mio figlio aveva appena cinque anni e,per vedere se avesse compreso la solennità del momento, mi spinsi, davanti al parroco,a chiedere se riconoscesse quell’uomo vestito di bianco. Il bimbo, attese qualche istante e,nella sorpresa generale (il parroco ancora oggi lo ricorda),esordì’: papà, questo è il nostro pastore! Attraverso la Parola di quella creatura innocente il Signore volle dirci che davvero aveva fatto discendere la Sua pace sulla nostra casa. Pastore buono!
Non so perché questa visita, da alcuni anni è stata abolita, ma posso dire che l’ingresso di Gesù nella “carne viva” delle mura domestiche, con le Sua mitezza e la Sua tenerezza, valeva a lenire le sofferenze ed a vincere le asperità, a superare le ruvidezze e le difficoltà, sciogliendo i silenzi dell’incomunicabilità. Ed il sacerdote conosceva da vicino la storia di ciascuna delle anime affidate alle sue cure e, spesso, dopo quella visita, cercava di non lasciare da sole le famiglie bisognose. Insomma, con un’espressione cara al Santo Padre Francesco, direi una “Chiesa in uscita” che c’era un tempo e che oggi non c’è più».